Incubo Trumprecession, Wall Street in tilt dopo dazi e GdpNow. Warren Buffett al vetriolo vs il tycoon

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“Trumpcession” all’orizzonte. A Wall Street inizia a circolare questo nuovo termine e il Trump Trade appare ormai un lontano ricordo. Dall’economia statunitense arrivano preoccupanti segnali di rallentamento con il pil che potrebbe segnare la riduzione al ritmo più veloce dal blocco della pandemia. E nel frattempo il presidente Usa non perde giorno per annunciare ulteriori azioni sul fronte dazi, contribuendo ad acuire i timori tra gli investitori.
Ieri sera tra tensioni commerciali e deboli riscontri macro Wall Street ha arrancato con un violento dietrofront sul finale. Il Dow Jones ieri ha chiuso a -1,67%, il Nasdaq -2,62% (spicca il -8,7% di Nvidia tornata sotto i 3mila miliardi di market cap) e l’S&P500 ha chiuso a -1,89%. Dietrofront per le cripto (-10% il bitcoin) con l’effetto annuncio di Trump della creazione di una riserva strategica di cripto che è durato meno di 24 ore.
Ism delude e stime da brivido della Fed di Atlanta
Sta iniziando a prendere corpo a Wall Street il concreto timore che la politica di Trump porterà molto presto in dote una recessione o ancora peggio un periodo di stagflazione (zero crescita abbinata a boom dell’inflazione). La doccia gelata è arrivata ieri da un doppio riscontro molto deludente. L’ISM manifatturiero negli Stati Uniti a febbraio si è attestato a 50,3 punti, rispetto ai 50,9 punti del mese precedente, risultando inferiore alle attese degli analisti che stimavano una discesa fino a 50,6 punti. Un rallentamento più netto del previsto, con l’indice dei nuovi ordini che ha registrato il calo più netto da marzo 2022, mentre le pressioni sui prezzi sono aumentate.
A far tremare è però la stima GDPNow della Fed di Atlanta per la crescita annualizzata nel trimestre in corso è stata di un sorprendente -2,8% dal +2,3% della scorsa settimana. Un mese fa il modello mostrava che la crescita nel periodo gennaio-marzo si avvicinava al +4%. Si tratta di stime molto volatili in quanto man mano che vengono rilasciati nuovi dati economici vengono aggiornate. La stima della Fed di Atlanta è un’anomalia per ora; l’equivalente modello di monitoraggio in tempo reale Nowcast della Fed di New York è stato aggiornato venerdì a +2,9% di crescita annualizzata dal +3% precedente.
“Come noto vi sono delle distorsioni legate all’accumulo di importazioni da parte delle aziende Usa per evitare i dazi, ma resta un numero indicativo di debolezza, seppure magari non di contrazione”, commenta Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr.
“Dato a dir poco orrendo quello del GdpNow di ieri – argomenta David Pascucci, analista dei mercati per XTB – . Ci sono altre criticità da osservare rispetto a questi numeri del Pil come ad esempio la stima sulla richieste iniziali di sussidi di disoccupazione che per questa settimana dovrebbero passare a 340k unità dagli attuali 242k, un potenziale rialzo del dato che andrebbe a configurarsi come l’aumento maggiore dalla crisi del 2008, non un buon presagio per il tasso di disoccupazione previsto comunque stabile al 4%”. Da ricordare che venerdì sono in arrivo gli importanti dati dal mercato del lavoro Usa, una eventuale lettura debole potrebbe avallare il rischio recessione.
Trump avanti tutta sui dazi, al via quelli su Messico e Canada
Sempre nel pomeriggio di ieri Donald Trump ha dato un’altra scossa ai mercati decidendo di procedere con dazi del 25% su beni provenienti da Canada e Messico (in vigore da oggi), giustificando la misura con la mancanza di progressi nella lotta al traffico di droga e all’immigrazione clandestina. La guerra commerciale si fa più aspra con la Cina con dazi portati dal 10 al 20% e dure accuse a Pechino di non aver fatto abbastanza per combattere la crisi del fentanyl. Il Paese asiatico ha risposto come suo solito con una celerità record e il ministero delle Finanze cinese ha introdotto dazi del 15% su una serie di beni americani, tra cui pollame, soia, grano, cotone e mais.
Via Truth Trump ha anche anticipato che dal 2 aprile arriveranno dazi sull’import di tutti i prodotti agricoli. Il tycoon ha invitato gli agricoltori americani ad aumentare la produzione per il mercato interno. “Le tariffe saranno applicate ai prodotti esteri il 2 aprile. Divertitevi!”, si legge nel post.
Buffett: “I dazi non li paga la fatina dei denti”
L’ultimo survey mensile di Bofa tra i money manager evidenzia che i due maggiori “rischi estremi” sono ad oggi indentificati in “La guerra commerciale innesca una recessione globale” (39% degli intervistati) e “L’inflazione spinge la Fed ad aumentare i tassi” (31%). Il mese prima i due maggiori rischi estremi erano invertiti (“L’inflazione spinge la Fed ad alzare i tassi” al 41% degli intervistati e “La guerra commerciale innesca una recessione globale” al 28%).
I dazi rischiano di mandare in tilt in primis proprio l’economia statunitense. “Non credo che questo tipo di approccio generalizzato sia il modo giusto per farlo, e penso che Trump ci metterà in recessione, francamente”, ha avvisato l’ex direttore delle comunicazioni di Trump e fondatore di Skybridge Capital Anthony Scaramucci.
Ancora più esplicito è stato il guru degli investimenti, Warren Buffett. “Sui dazi abbiamo avuto molta esperienza. Sono un atto di guerra, in un certo senso. Sono una tassa sui beni. Voglio dire, la fatina dei denti non li paga”. ha detto Buffett ridendo in uno dei suoi rari interventi televisivi. Il 94enne numero uno di Berkshire Hathaway ha posto la domanda “E poi? In economia bisogna sempre porsi questa domanda. Bisogna sempre dire: “E poi?”.