Sale l’incertezza, crolla la fiducia. Le stime di S&P su Pil e disoccupazione

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Incertezza politica, fiducia al minimo e previsioni di crescita del Pil in calo. Queste le coordinate principali che caratterizzano il nuovo outlook economico globale di S&P Global Ratings (“S&P”) per il secondo trimestre 2025 che prenderà ufficialmente il via domani.
Ecco tutte le principali previsioni.
Sempre più incertezza politica
Negli ultimi mesi, le mosse politiche degli Stati Uniti stanno dominando la narrazione macro. La nuova amministrazione Trump infatti si è sin da subito espressa in modo aggressivo con la promessa di “muoversi velocemente e rompere le cose”. Anche e soprattutto sulla via dei dazi. Il “mix iperattivo” di misure restrittive alle esportazioni, ripensamenti e revisioni, ha portato enorme volatilità nel primo trimestre dell’anno: “I mercati azionari statunitensi sono in calo, i rendimenti obbligazionari sono calati, il dollaro si è indebolito”, si legge nel report.
Divergenze tra banche centrali
Conseguenze anche sulla valuta americana. Il dollaro si è leggermente indebolito nel 2025, perdendo gran parte dei guadagni post-elettorali, ma il divario valutario post-pandemia resta ampio. Il calo riflette attese di crescita negli Stati Uniti più debole e un differenziale dei tassi d’interesse ridotto con i partner commerciali.
Le principali banche centrali proseguono i tagli dei tassi, con approcci divergenti: la Bce e la Banca del Canada tagliano aggressivamente da metà 2024 per domanda e inflazione basse, ma il Canada anche per pressioni dei dazi minacciati dagli Stati Uniti. Australia e Regno Unito, con inflazione persistente, sono più cauti. La Federal Reserve si pone a metà strada, con un approccio attendista, “mentre si manifestano gli effetti dell’accresciuta incertezza politica statunitense su crescita, inflazione e occupazione”. Secondo S&P i tagli, quasi sempre di 25 punti base, proseguiranno finché domanda e prezzi resteranno moderati.
Focus sui dazi
Le previsioni tariffarie di S&P per il 2025 comprendono: dazi Usa del 10% su Canada e Messico fino a un nuovo accordo USMCA (vale a dire l’accordo di libero scambio firmato tra Canada, Messico e Stati Uniti); dazi extra del 20% sull’export cinese a tempo indeterminato; misure del 25% su acciaio e alluminio da tutti i partner commerciali, e infine un 10% su auto, farmaci e semiconduttori globali provenienti dai paesi esteri. Inoltre, sostiene il report,i dazi reciproci degli Usa saranno annunciati ad aprile.
La crescita degli States rallenterà, scendendo dal 2,5% all’1,5% verso la fine del 2025, per poi -grazie a tagli fiscali e riforme- risalire al 2% dopo il 2025. In Europa, la crescita migliorerà: tariffe e incertezze freneranno il 2025, ma investimenti e spesa per la difesa la spingeranno nel 2026-27, riequilibrando l’eurozona verso la Germania.
La situazione statunitense e il Pil europeo
Le politiche di Trump stanno accelerando il calo della crescita Usa nel 2025. Per il S&P, il tasso di crescita annuale dell’1,9% (grazie a una forte fine 2024) scenderà fino a 1,6% entro il quarto trimestre.
La disoccupazione invece salirà al 4,6% entro metà 2026, con il settore pubblico che frenerà le buste paga, a differenza degli ultimi due anni. A causa dei dazi, l’inflazione arriverà a toccare il 3%, portando a un solo taglio dei tassi Fed di 25 punti base, chiudendo il 2025 al 4,00%-4,25%.
Nell’eurozona, il Pil del 2025 scenderà allo 0,9% (da 1,2%), ma dal 2026 rimbalzerà all’1,4% grazie a stimoli fiscali in Germania e Ue su infrastrutture e difesa. La Bce potrebbe tagliare ulteriormente i tassi al 2,25% entro giugno 2025, per poi alzarli nella seconda metà del 2026, spinti da una crescita oltre il potenziale.
Asia-Pacifico, mercati emergenti e rischi globali (con l’intervento dell’IA)
I dazi Usa colpiranno la Cina, ma la crescita 2025 resterà al 4,1%, trainata da un forte 2024 e stimoli fiscali robusti. L’impatto diretto dei dazi sarà modesto nella maggior parte dei principali mercati emergenti al di fuori di Asia e Messico. Tuttavia, sottolinea il report, se i dazi porteranno a una crescita più lenta negli Stati Uniti, in altre principali economie avanzate e in Cina, “gli effetti a catena nei mercati emergenti potrebbero essere sostanziali”.
Il principale rischio al ribasso è l’incertezza politica negli Stati Uniti, che ha impattato significativamente sui dati di fiducia e sentiment. Non è però chiaro se questo avrà un riflesso concreto anche sull’economia. Dipenderà dalla resilienza degli investimenti e dei consumi, e dal legame con la domanda di lavoro, che si è rivelato stabile dopo la pandemia. Se questo legame cede, la crescita degli Stati Uniti rallenterà e colpirà anche le economie che dipendono dai consumi americani.
Anche i rischi geopolitici sono aumentati, con effetti contrastanti. Infatti se da un lato l’incertezza può portare a una maggiore cautela nei consumi e negli investimenti, dall’altro lato l’aumento della spesa per la difesa in risposta ai rischi geopolitici può stimolare la crescita, come sta già accadendo in Europa.
Le riforme sul lato dell’offerta, come quelle fiscali, potrebbero stimolare la crescita, ma richiedono tempo e potrebbero essere ostacolate dall’incertezza politica a breve termine. L’adozione dell’IA è ancora nelle fasi iniziali, ma il suo impatto sarà trasformativo, simile a quello dell’elettricità nei secoli XIX e XX. Le aziende (in particolare negli Stati Uniti e in Cina) sono già impegnate in una corsa all’IA, ma gli investimenti in questo settore richiederanno enormi quantità di elettricità e infrastrutture, con vantaggi chiari per la crescita economica, sebbene le stime siano variabili.