Hard Brexit, May verso disfatta totale. Europa prende controllo, concede grazia fino al 12 aprile
Ormai è chiaro: dopo gli ultimi sviluppi sulla Brexit, si può tranquillamente dire, come fa lo stesso quotidiano The Guardian, che il controllo della situazione è passato a Bruxelles, e che lo spettro di una Hard Brexit assume contorni sempre più reali.
Così come si può, anzi si deve dire, che l’immagine della premier britannica Theresa May appare sempre più appannata, come appannato si fa il suo potere contrattuale con Bruxelles.
Nel corso del Consiglio europeo che si è tenuto nella giornata di ieri, i leader europei hanno concesso al Regno Unito un periodo di grazia di appena due settimane, dalla data ufficiale del divorzio del paese dal blocco europeo, fissata al prossimo venerdì 29 marzo.
Dopo una maratona di trattative, sia il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che il numero uno della Commissione europea Jean-Claude Juncker, hanno annunciato che la data sulla Brexit è stata spostata dal 29 marzo al 12 aprile.
Ciò significa che il Regno Unito rimarrà membro del blocco Ue fino a quel giorno. Ma significa, anche, che l’Europa è pronta allo scenario di un no-deal Brexit.
Incubo Hard Brexit sta per diventare realtà
Se entro il 12 aprile la proposta di divorzio che la premier ha concordato con Bruxelles lo scorso novembre, sarà bocciata da Westminster per la terza volta (leggi le due sonore sconfitte, il 12 aprile sarà la data in cui si concretizzerà lo scenario peggiore: la Hard Brexit, o anche uscita disordinata del paese dall’Unione europea e, in sostanza, un no deal Brexit.
D’altronde sia Tusk che Juncker hanno confermato che l’Europa è pronta ad affrontare questa prospettiva, visto che diversi piani di emergenza sono stati già approntati.
Se nel corso dei prossimi giorni May riuscirà invece a strappare dal Parlamento UK il sì alla sua proposta, allora sarà accordata un’estensione della data ufficiale di divorzio fino al prossimo 22 maggio, per dare al paese il tempo materiale per far approvare e trasformare in legge dalla Camera dei Comuni il Withdrawal Agreement, ovvero l’accordo di ritiro con cui sono stati stabiliti i termini del divorzio dal blocco.
Insomma, per dirla con le parole di un funzionario europeo: “Il 12 aprile è il nuovo 29 marzo”.
Il risultato dell’incontro di ieri è riassunto anche nel tweet del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk:
EU27 responds to UK requests in a positive spirit and:
? agrees to Art. 50 extension until 22 May if Withdrawal Agreement approved next week
? if not agreed next week then extension until 12 April
? approves ‘Strasbourg Agreement’
? continues no-deal preparations— Donald Tusk (@eucopresident) March 21, 2019
Niente da fare, insomma, per May, che continua a perdere la sua battaglia sia all’interno del proprio paese che nelle trattative con l’Europa. Un’Europa che non nasconde di non poterne più della saga Brexit. Il Consiglio europeo ha rifiutato le richieste della premier, che aveva chiesto un’estensione dell’Articolo 50 di tre mesi, dalla scadenza imminente del prossimo 29 marzo ad almeno il 30 giugno.
Ora, la leader britannica si avvia a tornare a Londra: quello della prossima settimana, rischia di essere il suo ultimo appello a Westminster perché accetti la sua proposta, mentre lo spauracchio Hard Brexit assume contorni sempre più netti.
Parlando ai giornalisti dopo la riunione con i leader europei, May ha detto di credere ancora che il Regno Unito riuscirà a lasciare l’Ue:
“Si, lasceremo l’Unione europea e credo in modo assolutamente fervente che sia dovere del Parlamento rendere reale il risultato del referendum. Credo anche che sia meglio per il Regno Unito uscire in modo fluido e ordinato, dunque con un accordo (approvato da Westminster). E questo è quanto la decisione di stanotte del Consiglio ci permette di fare”.
May ha enfatizzato la necessità che arrivi un sì del Parlamento.
“C’è stato un risultato chiaro, che ha indicato che dobbiamo lasciare l’Unione europea – ha aggiunto – Credo che sia dovere del Parlamento e dovere del governo rendere concreto l’esito di quel voto”.
Ma ormai a un uscita ordinata del Regno Unito dall’Unione europea non crede più nessuno.
Gli analisti di JP Morgan hanno per esempio diramato una nota da cui emerge che la probabilità che nel Regno Unito si torni alle elezioni è salita dal 15% al 30%.
Diminuisce invece dal 20% al 15% la probabilità di un secondo referendum. E sale dal 10% al 15% la probabilità di una no-deal Brexit. Ovvero, l’opzione Hard Brexit per gli analisti di JP Morgan si fa più probabile.
La sterlina intanto reagisce positivamente agli ultimi sviluppi sulla Brexit. Il mercato sembra accogliere con favore l’estensione della data del divorzio UK dall’Unione europea da quella fissata al 29 marzo al prossimo 12 aprile.
La valuta recupera posizionandosi sopra la soglia di $1,31, reduce dal forte sbandamento delle contrattazioni overnight, quando è capitolata fino a $1,3004. Leggi OUTLOOK STERLINA.