Germania: il disegno per difendersi dai takeover stranieri attraverso un fondo sovrano
Difendersi dalle Opa e takeovers stranieri, principalmente dalla Cina, con un fondo sovrano: è l’idea illustrata dal ministro dell’economia tedesco Peter Altmaier, nel rapporto “Strategia Nazionale Industriale 2030” pubblicato nella giornata di ieri.
Praticamente, stando a quanto emerge dal testo, la Germania di Angela Merkel ha promesso di proteggere tutte quelle società strategicamente importanti, attive nel settore industriale e tecnologico, dai takeovers stranieri.
Come? In parte nazionalizzandole, se necessario.
Il ministro Altamaier ha spiegato che un eventuale fondo sovrano, “in casi molto importanti”, potrebbe acquisire partecipazioni di alcune società tedesche, al fine di creare “campioni nazionali ed europei” capaci di competere con i rivali mondiali in settori come intelligenza artificiale e auto elettriche.
Le quote che il fondo sovrano acquisirebbe sarebbero a tempo, e Berlino si farebbe avanti soltanto nei casi in cui non si riuscisse a trovare un investitore privato.
Detto questo, come sottolinea il Financial Review, “si tratta comunque di un cambiamento significativo, che punta a ‘scegliere i vincitori’ in un approccio che è insolito per la Germania”.
Il nome “Cina” non è stato pronunciato dal ministro Altmaier che, però – stando ad alcune fonti – avrebbe confidato che una delle ragioni alla base della decisione del governo di puntare su un fondo sovrano sarebbe stata l’acquisizione della società bavarese di robotica Kuka da parte della cinese Midea, avvenuta nel 2016.
Altmaier ha insistito sul fatto che il settore privato tedesco, negli ultimi anni, non è stato capace di creare alcun colosso capace di dare filo da torcere ai campioni presenti a livello globale.
Anche in questo senso Berlino ha sostenuto la fusione tra la tedesca Siemens e la francese Alstom, che tuttavia sarebbe sul punto di essere bloccata proprio nelle ultime ore dalla Commissione europea, con una decisione attesa per la giornata di oggi.
Di certo, un no dell’Ue sarebbe un colpo basso anche per il presidente francese Emmanuel Macron, anche lui propenso alla creazione di “campioni nazionali”.
I settori strategici in cui viene ravvisata la necessità dello Stato attraverso un fondo sovrano ad hoc includono l’industria dei metalli, chimica, delle stampanti 3D, dell’ingegneria meccanica, delle apparecchiature mediche, aerospaziale, difesa e settore auto.
Un assist in tal senso è arrivato dalla stessa Bundesbank, banca centrale tedesca guidata da Jens Weidmann, che ha rilanciato sulla necessità del paese di sostenere la crescita delle sue infrastrutture, particolarmente nel campo dell’accesso a internet ad alta velocità e nell’istruzione, incoraggiando l’innovazione e tagliando le tasse sulle aziende.
Con l’idea del fondo sovrano e l’obiettivo di garantire la crescita dei settori strategici, la Germania dimostra di voler agire pragmaticamente per risollevare la propria economia, che non vive certo un momento di gloria.
Lo stesso Altmaier ha detto di prevedere, per il 2019, una crescita del Pil tedesco al minimo in sei anni, a causa delle tensioni commerciali globali. Il ministro prevede che quest’anno la crescita del prodotto interno lordo sarà di appena l’1%: un forte downgrade, rispetto al +1,8% stimato a ottobre.
La Germania torna al centro dei riflettori anche con il caso NordLB, tra le sue più grandi Landesbanken: 155 miliardi di attività totali, come ha ricordato di recente Il Sole 24 Ore, posseduta per il 59,13% dalla Bassa Sassonia, il 5,57% dallo Stato Sachsen-Anhalt e il rimanente 35,3% dalla casse di risparmio Sparkassen locali dei due lander.
Giorni fa il principale azionista, lo Stato-Regione della Bassa Sassonia, ha affermato che i problemi possono essere risolti. E così “la volontà di intervenire per rafforzare il capitale con un investimento pari a 1,2 miliardi da parte delle casse di risparmio azioniste apre la strada al Land, che a sua volta si dichiara disposto a una iniezione di capitale pari a 1,5 miliardi”.
Ovviamente, ci vuole l’ok della Commissione europea, in questo caso più probabile in quanto gli azionisti sono già tutti pubblici e, dunque, “non si tratta di un bail-out con intervento esterno dello Stato”, spiega il Sole.
Germania vuole un suo fondo sovrano. Italia che fa?
Ma mentre la Francia e la Germania tutelano le loro industrie, l’Italia cosa fa? La Cassa depositi e prestiti potrebbe essere considerata una sorta di fondo sovrano?
Illuminante un articolo del Linkiesta.it del 28 luglio scorso: “Cassa Depositi e Prestiti, ecco perché è l’unica arma in mano a Di Maio (e perché non può usarla)”.
Nell’articolo viene messo in evidenza che “l’idea di fondo (del vicepremier Luigi Di Maio e del M5S sulla Cassa depositi e prestiti) è farne una sorta di banca pubblica d’investimento o fondo sovrano, con lo scopo di riportare lo stato nel mercato, la mano pubblica nell’industria e nei servizi, avviando così una nuova ondata di nazionalizzazioni. Il vero progetto, anche in questo campo, è invertire il percorso degli anni Novanta, quello che ha agganciato l’Italia alla globalizzazione e all’euro”.
“Per usare la Cassa allo scopo di risolvere crisi industriali, il governo dovrebbe estromettere le fondazioni o convincerle obtorto collo ad accettare una modifica. Ma il loro gran capo Giuseppe Guzzetti, è stato chiarissimo: «Se si vogliono fare cose strane, come si è tentato per Alitalia, ci opporremo in tutti i modi. Il risparmio degli italiani non si può mettere a rischio. Ricordo che da statuto abbiamo il voto di blocco e, se non bastasse, lo strumento del recesso». Se le fondazioni mollano, la Cdp torna tutta di stato aumentando così il debito pubblico”.
“L’ostacolo – si chiede Linkiesta – può essere aggirato creando una banca d’investimento, una Mediobanca di stato? Bisognerebbe tirar fuori un bel pacco di miliardi e dotare il nuovo soggetto del patrimonio necessario a rispettare i requisiti stabiliti dalla Bce che a quel punto eserciterebbe la sua funzione di vigilanza anche sulla Cdp. Una circostanza che non piace certo né a Di Maio né a Salvini“.
Linkiesta ricorda che “la Cdp, in un anno, ha dato all’economia italiana tra interventi diretti e indiretti trenta miliardi che hanno attivato investimenti per altri venti. Niente male, ma una goccia nel mare dei sogni giallo-verdi. Può fare di più? Forse, però deve avere più capitale, ricorrendo non al Tesoro, ma all’odiato mercato”.