Notizie Notizie Mondo Gas, prezzo in impennata. La crisi non è finita? Paura per le parole di Birnbaum (E.On)

Gas, prezzo in impennata. La crisi non è finita? Paura per le parole di Birnbaum (E.On)

10 Agosto 2023 15:23

Torna a salire il prezzo del gas, dopo mesi contraddistinti da una flessione. Sul mercato di Amsterdam – di riferimento per gli scambi europei – il gas ha registrato una vera a propria fiammata dopo le parole di Leonhard Birnbaum, amministratore delegato del colosso energetico tedesco Eon, che ha spiegato che la crisi non è finita. E che, soprattutto, ci si aspetta criticità per il prossimo inverno.

Sono state sufficienti le parole di Birnbaum, rilasciate nel corso di un’intervista Bloomberg Television, a far schizzare, nel corso della giornata di ieri, il prezzo del gas a 40 euro a megawattora: un rialzo del 31% rispetto al giorno precedente. Nella giornata di oggi, intorno alle 14.30, la quotazione del gas è leggermente scesa, attestandosi sui 36,00 euro.

Le parole dell’amministratore delegato di Eon aprono la porta ad uno scenario preoccupante, in vista del prossimo inverno: con l’abbassarsi delle temperature la richiesta del gas, ovviamente, è destinata ad aumentare. Per il momento, comunque, i prezzi sono molto lontani rispetto ai picchi registrati la scorsa estate – si girava intorno ai 300 euro a megawattora – ma comunque continuano ad essere il doppio rispetto a quelli di due anni fa.

Gas: cosa potrebbe succedere in inverno

“La crisi non è finita”: Leonhard Birnbaum ne è convinto. Ma, soprattutto, sostiene di guardare il prossimo inverno con preoccupazione. La possibilità che si possa ripetere una crisi come quella dell’inverno 2022 è diminuita in maniera drastica. Di certo, però, non si può stare del tutto tranquilli. È necessario, infatti, prendere in considerazione il cambiamento strutturale che è stato avviato a seguito dell’abbandono del gas russo da parte dell’Europa subito dopo lo scoppio della guerra con l’Ucraina.

In Europa, oggi come oggi, gli stoccaggi di gas hanno raggiunto dei livelli tranquilli. In Europa la media è dell’87%, che sale addirittura all’89% in Italia. Gli equilibri sono, però, molto delicati e ci vuole davvero poco perché saltino. Parte del gas che arrivava dalla Russia è stato rimpiazzato da quello in arrivo da Qatar e Stati Uniti. Non essendoci dei gasdotti, quest’ultimo arriva in maniera diversa: vengono utilizzate delle navi che possono scegliere liberamente in quale porto attraccare, scegliendo la nazione che paga di più.

Insomma, manca una certezza di approvvigionamento. Per risolvere il problema sarebbe necessario trovare altri paesi esportatori di gas, in modo da evitare qualsiasi rischio in vista del prossimo inverno.

A pesare sicuramente sui prezzi del gas saranno i mesi invernali, quando arriverà il picco dei consumi. Lo scorso anno il clima è stato relativamente mite, ma il prossimo inverno non sappiamo come possa essere: i consumi potrebbero aumentare e mandare il sistema in difficoltà. Birnbaum ritiene che se i prezzi dovessero aumentare, dovranno essere le singole nazioni a decidere se aiutare o meno i consumatori a pagare le bollette.

A preoccupare è anche l’Australia

Si guarda con attenzione anche all’Australia, una delle nazioni esportatrici di GNL (acronimo di Gas Naturale Liquefatto). I lavoratori di Chevron Corp. e Woodside Energy Group Ltd. hanno minacciato lo sciopero che potrebbe avere ripercussioni sulle esportazioni di gas naturale liquefatto. I tempi dell’azione sindacale non sono stati chiariti. Ricordiamo che lo scorso anno l’Australia è diventato uno dei principali esportatori mondiali di GNL, spedendo 82,0 milioni di tonnellate (Mt) di GNL2 per un valore di 63 miliardi di dollari, un nuovo record mondiale.

Gas: condizionato solo dalle parole di Birnbaum?

Ma perché il prezzo del gas si è di nuovo impennato? Sono state sufficienti le parole di Birnbaum e le preoccupazioni di quanto sta accadendo in Australia. Alcuni analisti delle materie prime ritengono che l’improvviso balzo sia dovuto, con ogni probabilità, ad alcuni trader che si sono affrettati a chiudere le loro posizioni corte alla notizia della riduzione delle forniture.

Una decisione dettata dal fatto che l’Europa non sarebbe riuscita a garantire sufficienti contratti di GNL a lungo termine, per riuscire a compensare lo stop dalle importazioni di gas russo.