G7, Merkel: “Non possiamo più fidarci degli Usa”. Da Trump crociata globale contro surplus tedesco?

L’Europa è sola. E la prova è arrivata con il G7 di Taormina.
“Il tempo in cui potevamo fare affidamento in modo totale sugli altri si è, in qualche modo, concluso, così come ho avuto modo di verificare negli ultimi giorni. Noi europei dobbiamo davvero prendere il nostro destino nelle nostre mani”.
E’ questa la conclusione a cui è arrivata Angela Merkel, dopo il meeting dei potenti della terra, che è stato anche il primo G7 di Donald Trump.
L’Europa è più sola, con un presidente americano che non perde l’occasione di ripetere lo slogan “America First”, l’America per prima. Ed è ancora più sola perchè, come ha fatto notare ancora la cancelliera tedesca in un evento che si è tenuto a Monaco, deve prepararsi a un futuro in cui il Regno Unito, una volta che il processo della Brexit sarà completato, non ci sarà più:
“Ovviamente dobbiamo avere rapporti amichevoli con gli Stati Uniti e il Regno Unito, e con altri vicini, inclusa la Russia”. Ma “dovremo lottare da soli per il nostro futuro”.
Il G7 di Taormina ha messo in evidenza le profonde spaccature tra i leader mondiali.
Trump si è anche rifiutato di dire se gli Usa si adegueranno agli accordi sul clima concordati a Parigi e al cui rispetto si era impegnato l’ex presidente americano Barack Obama, nel 2015. L’accordo è operativo dallo scorso novembre ma il presidente ha sempre manifestato nei mesi scorsi l’intenzione di ritirarsi dal patto.
Merkel non ha fatto nulla per nascondere la propria frustrazione, e ha definito le discussioni in seno ai meeting del G7 “molto insoddisfacenti”, aggiungendo anche che non c’è stata alcuna indicazione che possa portare a pensare che “gli Usa rimarranno nell’accordo di Parigi”.
Dal canto suo, Trump ha scritto su Twitter che deciderà se aderire o meno all’intesa di Parigi, la prossima settimana.
All’orizzonte, c’è chi teme inoltre un’escalation delle tensioni commerciali – e magari anche di una guerra valutaria – tra la Germania e gli Usa, con ripercussioni su tutti i paesi membri dell’Ue (in particolare dell’Eurozona).
Tra l’altro, qualche ora prima del via ufficiale ai lavori del G7 di Taormina, Der Spiegel riportava come Trump si fosse sfogato contro il surplus tedesco.
In un incontro con Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, rispettivamente presidente della Commissione Ue e numero uno del Consiglio europeo, avrebbe minacciato:
“Guardate quanti milioni di macchine (la Germania) vende negli Stati Uniti. E’ qualcosa di orribile. E noi lo fermeremo”.
Che poi lo stesso Gary Cohn, consulente economico della Casa Bianca, abbia cercato di sdrammatizzare, è un dettaglio che non smorza i timori di una guerra commerciale che gli Usa di Trump potrebbero decidere di combattere in qualsiasi momento. Questo, anche se Trump si è unito a Taormina agli altri membri del G7 nella condanna al protezionismo.
Mondo penalizzato dal surplus della Germania di Merkel
Un articolo di Politico.com afferma tra l’altro che diversi sono gli economisti che danno, nonostante tutto, ragione a Trump, ritenendo che “le politiche economiche della Germania abbiano davvero danneggiato la crescita economica globale, specialmente in Europa, la cui ripresa dalla crisi finanziaria del 2008 è stata molto lenta, molto più lenta di quella degli Stati Uniti”.
Gary Hufbauer, esperto di commercio che ha lavorato negli anni ’70 nel dipartimento del Tesoro Usa, ritiene che le critiche contro il surplus tedesco siano “valide”, come altrettanto valide siano le critiche “contro le politiche macroeconomiche della Germania” di Merkel.
Scrive Politico.com:
“In occasione del summit della Nato dello scorso giovedì, Trump si è concentrato sul deficit commerciale che gli Usa hanno verso Berlino, pari a $65 miliardi, il quinto maggiore che gli Usa abbiano con qualsiasi altro paese, e sui dazi tedeschi applicati sulle macchine e sui camion prodotti in America. Trump ha ragione quando critica il deficit commerciale degli Usa verso la Germania: le esportazioni tedesche sono davvero gonfiate in modo artificiale (…) In che modo? Attraverso la politica fiscale tedesca e attraverso l’euro”.
L’articolo continua:
“Per anni, le regole tedesche hanno depresso la crescita dei salari. Con la crescita della produttività che si conferma superiore alle paghe dei lavoratori, le aziende manifatturiere tedesche hanno creato un vantaggio competitivo contro le loro controparti internazionali. In più, una crescita così bassa dei salari, unita a una politica fiscale restrittiva, si è tradotta in una minore domanda dei consumatori tedeschi, e in un grande problema soprattutto per paesi come la Spagna, la Grecia e l’Italia, che hanno sofferto a causa della domanda inferiore da parte dei consumatori a partire dalla crisi finanziaria (verso i loro prodotti). In altre parole, i cittadini tedeschi potrebbero acquistare vini greci e pasta italiana, facendo entrare soldi in Grecia e in Italia. Ma le politiche economiche tedesche hanno strozzato la spesa per consumi, frenando sia la ripresa dei loro vicini più deboli sia quella dell’economia globale”.
Per non parlare della debolezza dell’euro, che permette a Berlino di continuare ad ammassare un surplus che sarebbe apparso nel più bello dei suoi sogni, se ci fosse stato ancora il marco.
Nel 2016, il surplus tedesco delle partite correnti denominato in dollaro è stato di ben $300 miliardi, il più grande al mondo. E a perderci, secondo gli economisti intervistati da Politico, è stato tutto il mondo.
Merkel non è proprio il politico tra i più amati in Europa. Cosa deciderebbero di fare gli altri membri dell’Ue, se Trump riuscisse a lanciare una crociata contro il surplus della Germania?