Ford, GM, Stellantis e il “peso” degli scioperi. I livelli da monitorare
Proseguono le tensioni nel comparto automobilistico, con i colossi statunitensi del settore impegnati da oltre un mese in un duro e storico sciopero dei propri lavoratori. Questi scioperi hanno sconvolto l’intera produzione auto statunitense e sono costati miliardi di dollari alle big dell’auto.
Anche se nell’ultima settimana le tensioni tra sindacati e vertici delle società sembrerebbero essersi allentate, in Borsa le pressioni sui titoli coinvolti non si placano. Vediamo cosa sta succedendo e quali sono i livelli tecnici da monitorare su Ford, Stellantis e GM.
Gli scioperi bloccano la produzione auto
Gli scioperi negli stabilimenti di produzione di Ford, Stellantis e General Motors, negli Stati Uniti, sono partiti il 15 settembre e si sono via via intensificati fino ad arrivare a coinvolgere al culmine oltre 46.000 lavoratori. Si tratta dei lavoratori facenti parte dell’United Auto Workers (UAW), sindacato che riunisce i lavoratori del settore automobilistico e tra i maggiori negli Stati Uniti, con circa 400mila iscritti.
La particolarità e l’unicità dello sciopero non è solo per via dell’entità (sciopero più lungo degli ultimi 25 anni), ma soprattutto perché è la prima volta nella storia che protestano contemporaneamente i lavoratori delle tre maggiori industrie automobilistiche del Paese.
Stiamo parlando di Ford, GM e Stellantis, le cosiddette “Bigh Three”, colossi che hanno una capitalizzazione complessiva di oltre 132 miliardi di dollari e da sole rappresentano quasi la metà (40%) delle auto circolanti nel Nord America.
Le richieste dell’UAW
Lo storico sindacato di Detroit chiede per i lavoratori una revisione dei contratti di lavoro che rispecchi l’utile dei gruppi. “A profitti record devono corrispondere contratti record”, ha dichiarato hawn Fain, il presidente dell’Uaw.
“I profitti delle case automobilistiche non sono stati condivisi equamente e i lavoratori meritano la loro giusta parte”, afferma Fain.
Durante la crisi industriale del 2008, sindacati e lavoratori avevano “rinunciato ad alcune concessioni per permettere alle fabbriche di restare in piedi“. Oggi, secondo Fain “il contesto è cambiato ma i contratti non si sono più adeguati” né all’inflazione, né tanto meno agli utili delle società.
“Lavoriamo 60, 70, 80 ore a settimana solo per sbarcare il lunario. Questa non è vita. È ora di cambiare”. Questo è ciò che si legge nel manifesto delle rivendicazioni sindacali presentato dai sindacati.
In questo contesto, i sindacati tra le altre cose chiedono:
- Aumenti degli stipendi del 40% da raggiungersi in 4 anni,
- Adeguamento automatico dei salari all’inflazione.
- Miglioramento delle pensioni.
Ford sblocca la situazione
Dopo un lunga fase di stallo con i sindacati, Ford è stato il primo colosso auto ad ottenere un accordo provvisorio con i sindacati, per porre finalmente fine al più grande sciopero nella storia dell’automotive, dopo oltre 6 settimane. In particolare, mercoledì scorso (25 ottobre), il sindacato Uaw e Ford si sono accordati per un per un aumento salariale generale del 25% nell’arco di 4 anni e mezzo (dureranno fino al 30 aprile 2028), più ulteriori aumenti per i lavoratori a tempo determinato e bonus annuali per i pensionati.
“Si tratta di una svolta storica”, ha commentato il presidente Uaw Shawn Fain, “abbiamo vinto cose che nessuno credeva possibili”.
L’accordo Ford-Uaw ha alimenta le pressioni sui competitor GM e Stellantis per concludere velocemente le trattative con i sindacati e tornare al più presto al normale regime produttivo.
“Insieme, stiamo cambiando la situazione per la classe operaia in questo paese”, commenta Fain.
Stellantis e GM seguono Ford
Dopo l’accordo siglato da Ford, negli ultimi giorni anche gli altri due colossi hanno deciso di sbloccare la situazione con i sindacati, raggiungendo a loro volta accordi con il Uaw. Gli accordi raggiunti con Stellantis e General Motors sono sostanzialmente simili a quanto pattuito con Ford e vedrà i salari della maggior parte dei lavoratori aumentare del 25% nei prossimi quattro anni e mezzo.
A livello pratico, grazie all’accordo i lavoratori negli stabilimenti di assemblaggio di Stellantis guadagneranno più di 42 dollari l’ora, mentre al momento la paga è di circa circa 31 dollari l’ora.
Ma non solo, con Stellantis il sindacato ha ottenuto anche la promessa da parte dei vertici della società di mantenere aperto l’impianto di motori a Trenton, (Michigan), e di produrre una nuova vettura nello stabilimenti in Illinois.
Inoltre, la Uaw ha affermato che la casa automobilistica ha accettato anche di costruire un nuovo impianto di batterie accanto allo stabilimento esistente di Belvidere. Teniamo presente che “solo otto mesi fa, Stellantis aveva fermato lo stabilimento di assemblaggio di Belvidere, mettendo in strada 1.200 dei nostri membri“, ha commentato il vicepresidente della Uaw Rich Boyer.
Con lo sblocco degli scioperi, oltre 16.600 dipendenti della Ford, più di 14.000 della Stellantis e 18.000 circa dipendenti della GM tornano così al lavoro nei diversi stabilimenti di produzione.
I costi di questi scioperi sono immensi per le società. Proprio la settimana scorsa GM ha comunicato che i costi delle interruzioni dei lavori hanno raggiunto gli 800 milioni di dollari, e sarebbero costati circa 200 milioni di dollari per ogni settimana di sciopero.
Quello stipulato con l’Uaw però è “solo” un accordo provvisorio e affinché entri in vigore, dovrà essere approvato nelle prossime settimane dal comitato dell’Uaw e successivamente ratificato dagli iscritti al sindacato.
Tuttavia, gli scioperi non sono totalmente finiti, infatti, quelli organizzati dalla Uaw contro le tre case automobilistiche non sono gli unici. Unifor, il sindacato che rappresenta i lavoratori dell’auto in Canada, negli ultimi giorni ha organizzato due scioperi negli stabilimenti GM e Stellantis del paese.
Gli elementi di preoccupazione del settore auto
Oltre agli scioperi, ci sono anche altri fattori che spaventavano gli investitori. Ad esempio, nella trimestrale presentata settimana scorsa, Ford ha deluso le stime degli analisti, mancando di molto le aspettative sugli utili del terzo trimestre.
Ma non solo, sia Ford che GM di recente hanno ridimensionato i propri piani di investimento nei veicoli elettrici. In tal senso, anche se i colossi auto non hanno abbandonato i loro piani di transizione verso l’elettrico, entrambi i colossi dell’auto sono ben consapevoli che il ramo delle vetture elettriche e quindi l’impiego delle batterie è ancora una tecnologia che, almeno per il prossimo futuro, è ancora in perdita. In tal senso, l’alto costo delle batterie e le spese per la produzione dei componenti chiave per i veicoli elettrici, rendono complesso portare redditività in questo comparto.
Analisi tecnica
Ford buca l’area supportiva degli $11
Gli scioperi stanno mettendo a dura prova le casse di Ford, che settimana scorsa ha dichiarato che le interruzioni della produzione sono costate al momento all’azienda circa 1,3 miliardi di dollari. Nelle ultime sedute è peggiorato anche il quadro grafico del titolo, con Ford che ha violato al ribasso l’importante area supportiva tra 11 e 12 dollari ad azione.
Come vediamo dal grafico qui sotto, l’area degli 11 dollari, nell’ultimo anno è stata ritestata più volte dai prezzi, facendo rimbalzare le quotazioni. Tuttavia, nella seduta di venerdì, Ford ha bucato al ribasso quest’area di supporto e adesso i prezzi potranno trovare supporto a quota 8,3 dollari, prezzi di gennaio 2021. Al rialzo, solo un ritorno delle quotazioni nuovamente sopra gli $11 potrà cambiare il sentiment sul titolo.
In ogni caso, Ford da inizio anno ha perso circa il 18%, perdendo così il 60% circa dai massimi di gennaio 2022. A conferma della debolezza in corso, i prezzi si trovano al di sotto delle principali medie mobili a 50 (linea blu) e 200 periodi (linea arancione) e al di sotto della trendline ribassista costruita dai massimi dello scorso anno.
GM rompe il supporto e torna sui livelli del 2020
Stesso quadro tecnico in via di peggioramento anche per l’altro gigante di Detroit, General Motors, che da inizio anno mostra un calo del 20%, -60% dai massimi di periodo del 2022. In questo caso, l’area supportiva principale che è stata violata al ribasso è quota psicologica dei 30 dollari.
Al ribasso, i prezzi potranno ora trovare sostegno a quota 24,2 dollari, livelli di giugno del 2020.
Stellantis al test dei conti
Situazione tecnica migliore invece per Stellantis, che a Milano da inizio anno mostra un progresso di oltre il 20%. In ogni caso, anche su Stellantis il quadro grafico di breve periodo è in via di indebolimento, con i prezzi che hanno bucato al ribasso il supporto a 17,7 euro ad azione. Prossima area supportiva a quota 16 euro.
In ogni caso, a Piazza Affari così come a Wall Street, Stellantis si mantiene al di sopra della media a 200 periodi.
Intanto, Stellantis ha presentato i suoi risultati del terzo trimestre, periodo chiuso con ricavi netti per 45,1 miliardi di euro, il 7% in più rispetto al medesimo periodo del 2022, una crescita dovuta soprattutto “ai maggiori volumi con prezzi stabili, in parte compensati dall’impatto dei cambi”.