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Fed: a che ora parla Powell. Tassi: il dilemma

1 Febbraio 2023 12:19

Il primo atto del 2023 della Federal Reserve di Jerome Powell è in dirittura d’arrivo: oggi, mercoledì 1° febbraio 2023, al termine della riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed – ,negli Stati Uniti arriverà il grande annuncio sui tassi.

L’orario previsto è per le 14 ora di New York, 20 ora italiana.

Poco dopo, prenderà il via la conferenza stampa, attorno alle 14.30 ora locale (20.30 ora di New York), nel corso della quale il presidente della banca centrale Usa presenterà la sua view sulla crescita dell’economia Usa, sul trend dell’inflazione e, di conseguenza, su quello che, a suo avviso, sarà il trend dei tassi.

Vediamo cosa prevedono i mercati, sia nel breve termine, che nel medio lungo termine, in un momento in cui si spera nel dietrofront della banca centrale Usa sui tassi, e dunque su un loro taglio, già verso la fine dell’anno.

In quello che è stato l’ultimo atto del 2022, il Fomc ha alzato i tassi (nel mese di dicembre di 50 bp), portandoli al range compreso tra il 4,25% e il 4,5% e rallentando il passo degli aumenti dopo quattro strette consecutive da 75 bp.

Le ultime proiezioni dei responsabili di politica monetaria – contenute nel dot plot – indicano tassi in aumento oltre il 5% quest’anno, livello a cui dovrebbero rimanere fino al 2024.

Attesa al varco questa settimana non solo la Fed, che farà il grande annuncio tra qualche ora, ma anche la Bce di Christine Lagarde, che deciderà sui tassi, domani giovedì 2 febbraio.

Domani, giovedì 2 Febbraio, saremo live con “Speciale BCE” dalle 14:10 per commentare la decisione di politica monetaria dell’istituto di Francoforte e la reazione dei mercati. E dalle 14:45 seguiremo sempre in diretta la conferenza stampa di Christine Lagarde.

Speciale BCE

La buona e cattiva notizia sulla Fed di Powell

La buona notizia, per gli investitori e per i mercati, è che la Fed oggi dovrebbe annunciare una stretta monetaria di 25 punti base, dunque di un’entità decisamente inferiore a quei maxi rialzi di 75 punti base che hanno caratterizzato il 2022 (e che si erano già smorzati a dicembre, quando la stretta è stata di 50 pb).

Il costo del denaro Usa sarà portato così a un nuovo range compreso tra il 4,5% e il 4,75%, record dal settembre del 2007.

La cattiva notizia è che il primo atto del 2023 non sarà sicuramente l’ultimo atto dell’anno visto che, per combattere la piaga dell’inflazione, bollata da alcuni come la tassa più crudele, la Fed dovrà continuare a varare ulteriori strette monetarie.

E’ vero che, in questo contesto in cui i fondamentali economici degli Stati Uniti si stanno erodendo, niente è escluso.

Non per niente, qualche settimana fa il Wall Street Journal riportava indiscrezioni su una presunta pausa nel percorso delle strette monetarie.

Allo stesso tempo, ad alimentare i timori di una Fed niente affatto pronta a deporre le armi  contro l’inflazione, sono stati rumor di altro tipo, che hanno parlato di una scommessa short record lanciata dagli hedge fund : una scommessa tale che starebbe portando molti a mettere in dubbio tutto.

Guardando al futuro, perchè è a questo che l’azionario guarda, nel caso in cui i funzionari della Fed si attenessero a quanto emerso dal dot plot di dicembre, allora i tassi di interesse, oltre alla stretta attesa per la giornata di oggi, dovrebbero essere alzati altre due volte, ciascuna di 25 punti base.

Un’ipotesi non proprio assurda visto che, se è vero che le pressioni inflazionistiche hanno davvero rallentato il passo, e che i consumatori stanno spendendo meno, così come molte sono le aziende che hanno deciso di tagliare i costi, è pur vero che la crescita dei salari rimane alta e che il mercato del lavoro non si è indebolito in linea con i desiderata della Fed.

Allo stesso tempo, il team di strategie globali di credito di Algebris ha fatto notare che “la politica hawkish non può essere mantenuta ancora a lungo”.

Così nella nota dedicata alle prossime mosse delle banche centrali:

“Nonostante i recenti toni da falco dei funzionari della Fed sulla necessità di una serie di ulteriori rialzi dei tassi, ci aspettiamo che la Fed aumenti i tassi di interesse di 25 pb nella riunione di questa settimana. Il messaggio generale della Fed sarà quello di riconoscere l’indebolimento dell’economia, impegnandosi al contempo a ‘mantenere la rotta’ e a tenere una politica restrittiva fino a quando l’inflazione non sarà tornata in modo consistente verso l’obiettivo, orientandosi verso un tasso terminale del 5,25%. Tuttavia, i recenti dati macroeconomici, in particolare il raffreddamento dell’inflazione, suggeriscono che il ciclo di rialzo dei tassi si sta concludendo. A conferma di ciò, la scorsa settimana la Bank of Canada è stata la prima banca centrale del mondo a segnalare una pausa nel suo ciclo di rialzo dei tassi”.

Dunque?

Nel complesso, ci aspettiamo un tasso terminale più vicino al 5%. Attualmente, il mercato prevede un tasso terminale del 4,9% da raggiungere entro Giugno, segnalano gli strategist di Algebris.

Il dilemma tassi-inflazione che assilla la Fed

Soltanto le parole di Jerome Powell riusciranno a rispondere all’interrogativo che sta assillando i mercati e che rende questa riunione del Fomc ancora più cruciale:

alla luce del recente evidente dietrofront di diversi parametri che monitorano l’inflazione made in Usa, la Fed manderà un segnale che potrebbe magari anticipare anche la prospettiva di un taglio dei tassi?

Sui mercati, qualcuno ci scommette da un po’.

Eppure, la grande disillusione potrebbe essere dietro l’angolo e smontare quello che è stato un mese di guadagni, per la Borsa Usa, in diversi casi a livelli record.

I tassi dei rialzi aggressivi portati avanti nel 2022 si sono tradotti in segnali di decelerazione dell’inflazione, ma rispetto a livelli che rimangono alti in modo inaccettabile – ha commentato Ron Temple, responsabile strategist di mercato di LazardCon un rialzo dei tassi di 25 punti base già scontato dai mercati, il compito di Powell è quello di indicare in modo il più possibile chiaro l’impegno della Fed contro l’inflazione”. Che sarà pure scesa. Ma che rimane ancora troppo alta rispetto al target della Banca centrale Usa.

Dice la sua, secondo quanto riportato dalla Cnbc anche Jim Caron, responsabile delle strategie macro della divisione di reddito fisso globale di Morgan Stanley Investment Management, presentando il dilemma che starà assillando Powell:

“(Powell) cercherà di difendere la validità dell’outlook di un tasso terminale compreso tra il 5% e il 5,25%. Al tempo stesso anche lui assiste al calo dei prezzi delle case, all’inflazione misurata dai salari che sta scendendo, al fatto che il settore dell’auto non stia andando alla grande, così come non stanno andando alla grande neanche le vendite al dettaglio – ha detto Caron – Dall’altro lato, il mercato del lavoro sta facendo OK. L’inflazione sta scendendo ma è ancora al di sopra dei livelli comfort”.