Fed snobbata dai mercati. COVID-19 scatena fuga toro da Dow Jones più veloce da Grande Depressione
La fase di panico COVID-19 esplosa sull’azionario è riuscita alla fine a far scappare a gambe levate il toro e a certificare l’ingresso più veloce del mercato orso dal 1931. Sono bastati, di fatto, appena 19 giorni per capovolgere il quadro di Wall Street, nel caso specifico dell’indice Dow Jones.
Il listino è entrato ufficialmente nella fase di mercato orso ieri, mercoledì 11 marzo, affondando a un valore inferiore di oltre -20% dal record assoluto che aveva appena testato un mese fa. Il capitombolo più veloce dal novembre del 1931, per l’appunto, quando, nel bel mezzo della Grande Depressione che aveva colpito gli Stati Uniti, il Dow Jones scivolò nella fase del mercato orso in appena 15 giorni.
Tra le curiosità, c’è quella che attiene alla data: il mercato orso si è ripresentato a Wall Street due giorni dopo le 11 candeline spente dal mercato toro, lunedì 9 marzo.
Quel giorno è stato infatti l’11esimo anniversario dell’entrata nel mercato toro del listino, avvenuta il 9 marzo del 2009, quando il mondo era alle prese con la crisi finanziaria.
L’apparizione dell’orso non cambia il dato di fatto incontrovertibile: Wall Street ha vissuto la fase del mercato toro più lunga della sua storia.
Gli indici azionari Usa erano già in fase di correzione, oscillando a valori inferiori del 10% rispetto ai massimi delle ultime 52 settimane testati poco tempo prima. E la correzione non era stata neanche la più forte di questo mercato toro, visto che nel 2011 e alla fine del 2018 lo S&P era crollato di oltre il 19% rispetto ai massimi precedenti, a un soffio dal precipitare in un mercato orso. In quelle occasioni il pericolo fu, tuttavia, sventato, con gli indici che tornarono a volare verso nuovi record.
Intervistato dalla Cnbc Scott Wren, senior global market strategist presso Wells Fargo Investment Institute, ha spiegato che ciò che preoccupa più di tutto gli investitori è il fatto che il coronavirus stia portando “i consumatori a richiudersi in casa e a non spendere soldi, per timore di essere contagiati”. Una quarantena, questa, che mette a rischio l’intera economia Usa, visto che “sono stati i consumi degli americani a sostenere la ripresa durante questa lunga fase di espansione”.
Stando agli ultimi numeri ufficiali, il COVID-19 ha colpito più di 124.000 persone in tutto il mondo, uccidendone almeno 4.589.
Ritirata toro può far parlare già di mercato orso?
A confermare lo stato di allerta che sta caratterizzando l’azionario globale è anche il trend del cosiddetto indice della paura, il CBOE Volatility Index, o VIX, che è salito oltre la soglia dei 50 punti su base intraday negli ultimi quattro giorni di contrattazioni, fattore piuttosto raro.
Da segnalare come l’indice rimase sopra la soglia dei 50 punti per quasi due mesi, tra l’ottobre e il dicembre del 2008, durante la crisi finanziaria.
Detto questo, a chi si fa prendere dal panico del mercato orso Matt Maley, responsabile strategist di mercato presso Miller Tabak, spiega che tutto questo parlare di “mercato orso” non ha senso:
“Il mercato orso è quando si scende molto, e poi si rimane giù”, ha sottolineato, aggiungendo che il 1987 – quando il mercato scese del 22% in una sola sessione di ottobre – non può essere definito un anno in cui l’orso fece la sua comparsa, visto che “il calo durò un giorno, e poi il mercato tornò subito a salire“.
Ha senso invece, nel giorno in cui i mercati pendono tutti dalle labbra della Bce, porsi ulteriori interrogativi sull’efficacia dei bazooka anti-COVID-19 lanciati dalle banche centrali e dalla Fed in primis, visto che il taglio dei tassi di emergenza varato dalla Federal Reserve all’inizio di marzo non è riuscito a frenare il panic selling che ha investito il mondo intero.