Notizie Notizie Mondo Fed: nell’era Janet Yellen S&P balzato +61%. Ma nella sua ultima riunione arriva alert Greenspan su “due bolle”

Fed: nell’era Janet Yellen S&P balzato +61%. Ma nella sua ultima riunione arriva alert Greenspan su “due bolle”

1 Febbraio 2018 08:46

La prima riunione della Federal Reserve del 2018 ha decretato la fine dell’era di Janet Yellen, numero uno della Banca centrale americana, che rimarrà nella storia per aver traghettato la politica monetaria Usa da una fase di stimoli straordinari con tanto di Quantitative easing e  costo del denaro vicino allo zero a un percorso di normalizzazione dei tassi. Tassi che sono stati alzati per tre volte nel 2017 fino a salire al range attuale, compreso tra l’1,25% e l’1,5%.

Nel meeting di ieri, invece, i tassi sono stati lasciati invariati. A questo punto, si apre l’era di Jerome Powell. Il nuovo timoniere della Banca centrale americana prenderà effettivamente il potere il 3 febbraio, dopo essere stato nominato dal presidente americano Donald Trump e confermato dal Senato Usa.

La Fed ha reso noto che il Fomc ha votato all’unanimità a favore di Powell.

I mercati non prevedono grandi cambiamenti di politica monetaria con il nuovo presidente della Federal Reserve che, da governatore che ha lavorato a stretto contatto con Yellen, è improbabile che apporti considerevoli modifiche all’approccio finora utilizzato da Yellen.

Si potrebbe dire “Missione compiuta per Janet”, considerando che, da quando Yellen ha preso le redini della Fed, ovvero dal 3 febbraio del 2014, lo S&P è balzato del 61%, l’oro e il dollaro sono saliti del 7% circa, e i bond sono scesi del 4%.

Eppure, l’addio di Janet Yellen arriva in contemporanea con l’allarme di un altro ex presidente della Fed: Alan Greenspan.

Greenspan lancia l’alert bolle, dicendo chiaro e tondo che ci sono “due bolle”.

Una è la “bolla presente sul mercato azionario e l’altra è la bolla del mercato dei bond”.

Secondo l’ex governatore della Fed, alla fine, il vero “grande problema sarà rappresentato dalla bolla dei bond”. E il punto è che “tale situazione non è ancora scontata dai mercati”.

Interessante la reazione di Wall Street che, come indicato da questo grafico, reagisce più alle dichiarazioni di Greenspan che non a quanto emerso dal comunicato del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, alla fine della riunione durata due giorni.


Greenspan ha anche sottolineato che il “nostro problema non è la recessione, che è un problema economico di breve periodo”.

Piuttosto,  ha continuato, “noi abbiamo di fronte a noi un problema molto profondo di crescita economica di lungo termine, in un contesto in cui il mondo occidentale sta assistendo a un fenomeno di transizione da una società di un lavoratori a una di beneficiari di aiuti welfare”. Tutto questo, in un contesto in cui l’outlook di lungo termine è fiscalmente instabile“, e in cui “dobbiamo affrontare la questione del deficit di budget”.

Tornando alla presunta “Missione Compiuta di Janet Yellen”, c’è da dire che la sua uscita di scena corrisponde a un fenomeno che contrasta non poco con la politica di strette monetarie che la Fed sta portando avanti: l’allentamento delle condizioni finanziarie, che stanno diventando paradossalmente più accomodanti nonostante i rialzi dei tassi.

Tornando alla questione tassi, dopo averli alzati tre volte nel 2017 e aver previsto a dicembre tre nuove strette monetarie per quest’anno, la Banca centrale Usa ha reso noto nel comunicato relativo alla riunione che si è conclusa ieri che “ulteriori aumenti graduali” sono giustificati.

Tale dichiarazione ha portato Michael Gapen, responsabile economista presso Barclays, a prevedere “quattro strette monetarie” nel corso di quest’anno.

Il Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, ha scritto inoltre nel comunicato che “l’inflazione a 12 mesi dovrebbe salire quest’anno e stabilizzarsi” attorno al target della Fed nel medio termine, pari al 2%. Fiducia, dunque, nel trend delle pressioni inflazionistiche che, secondo i funzionari dell’istituzione, saranno interessati da un’accelerazione nel corso della primavera.

La stessa Fed ha fatto notare che i parametri dell’inflazione basati sui mercati sono saliti negli ultimi mesi.

A questo punto, gli analisti prevedono che la prossima stretta monetaria della Fed avverrà nella riunione di marzo, e i futures sui fed funds scommettono su un rialzo dei tassi in quell’occasione con una probabilità pari al 99,1%.

Nessun riferimento è stato fatto all’impatto che la riforma fiscale di Donald Trump avrà sull’economia Usa, con tagli alle tasse a $1,5 trilioni a favore di aziende e famiglie.

La Fed ha fatto riferimento ai continui miglioramenti dell’occupazione e delle spese per consumi, indicando che anche gli investimenti sono solidi.

Tornando alla relazione Fed-mercati, da segnalare che dall’ultimo rialzo dei tassi della Fed avvenuto a dicembre, l’oro è salito del 7,6%, facendo meglio dell’indice Dow Jones, mentre i prezzi dei Treasuries Usa e il dollaro sono precipitati.