Notizie Notizie Italia Febbre tassi BTP e spread: ma la Bce? L’Italia che spaventa, tra sogno mutualizzazione debito e incubo ristrutturazione

Febbre tassi BTP e spread: ma la Bce? L’Italia che spaventa, tra sogno mutualizzazione debito e incubo ristrutturazione

6 Ottobre 2022 14:00

L’incubo spread BTP-Bund costringerà la Bce a tornare sui suoi passi e a sfornare uno strumento magari più convincente di quello che ha sfornato alla fine di luglio? E’ la domanda che si pone Bloomberg, nell’analizzare la possibilità che la banca centrale europea lanci un nuovo bazooka WhateverItTakes per far rientrare il rischio di una crisi dei debiti sovrani 2.0, scatenata dall’Italia.

A riaccendere la febbre dello spread e dei tassi dei BTP è stato il chiaro avvertimento che l’agenzia di rating Moody’s ha lanciato all’imminente governo di Giorgia Meloni.

La prospettiva di un’Italia junk ha messo KO i BTP, su cui hanno pesato anche le indiscrezioni sulla Bce.

I tassi dei BTP a 10 anni sono scattati così al ritmo più forte dall’inizio della pandemia Covid, ovvero dal marzo del 2020. La paura del downgrade ha fatto salire di fatto i tassi dei BTP a 10 anni di 30 punti base, al 4,48%.

Oggi lo spread BTP-Bund è poco mosso, ma l’attenzione rimane sulla zavorra che la sua impennata produrrà sul costo del finanziamento del debito pubblico italiano. E comunque, il differenziale oscilla attorno alla soglia pericolo che farebbe scattare la Bce.

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Risale febbre spread: timori PNRR con Meloni

La febbre spread non ha mai smesso, di fatto, di essere un argomento di attualità. A maggior ragione lo è ora che sta per insediarsi il governo Meloni: la leader di Fratelli d’Italia ha mantenuto finora un basso profilo, ma il timore di Moody’s è che il suo governo cambi il PNRR del governo Draghi, visto come una delle condizioni sine qua non per far rimanere l’Italia sulla retta via delle riforme.

Eventuali modifiche al PNRR provocherebbero un’alta tensione tra il governo Meloni e la Commissione europea, in una situazione in cui ci sono fin troppi dubbi sull’efficacia dello scudo salva-spread lanciato dalla Bce. Intanto, vale la pena di ricordarlo, quello scudo anti-spread non è uno strumento pensato ad hoc per l’Italia.

Non per niente il suo annuncio – arrivato alla fine di luglio – non è riuscito a tamponare l’ansia sui BTP, complice la crisi di governo, l’addio di Mario Draghi, l’incertezza per le elezioni politiche italiane del 25 settembre, i rialzi dei tassi di interesse delle diverse banche centrali, Bce inclusa, volti a raffreddare l’inflazione, la paura sempre più viva di una recessione nel mondo, la crisi energetica scatenata dalla guerra tra la Russia e l’Ucraina.

E’ vero che nell’arsenale della Bce c’è un’altra arma: quella dei reinvestimenti del PEPP – estesi  fino alla fine del 2024. Ma quest’arma viene considerata dagli esperti di Bloomberg Economics insufficiente: viene ricordato, di fatto che, nel periodo compreso tra giugno e settembre, i tassi sui BTP decennali sono balzati di ben 139 punti base, portando lo spread BTP-Bund ad allargarsi di 41 punti base.

Questo, nonostante la Bce, nell’apportare modifiche al portafoglio PEPP, abbia incrementato i BTP che ha in pancia di un valore di 8,5 miliardi di euro, riducendo contestualmente le partecipazioni in Bund tedeschi di ben 17,3 miliardi.

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Italia: ‘PEPP e scudo anti-spread Bce non bastano’

I reinvestimenti del PEPP, insomma, non bastano, e  lo strumento anti-frammentazione dell’area euro TPI (per l’appunto lo scudo salva-BTP) annunciato da Christine Lagarde lo scorso 21 luglio, non è di facile attivazione, così come non è di certo quella manna dal cielo che l’Italia e altri paesi con un elevato rapporto debito-Pil dell’Eurozona erano stati abituati a ricevere.

Tra l’altro Bloomberg mette in evidenza un altro aspetto: contrari a un’eventuale attivazione dello scudo salva-BTP potrebbero essere (di nuovo) i paesi falchi dell’area euro – vedi Germania e Olanda – che potrebbero ribattere alla Bce che l’eventuale adozione dello strumento TPI non sarebbe appropriata in questo momento.

E forse avrebbero ragione perchè, dai calcoli di Bloomberg, emerge che il 75% dell’impennata dello spread BTP-Bund non è legata al ritorno della paura per la fine dell’euro, ma per le aspettative più alte di nuove strette monetarie da parte della Bce, volte a frenare l’impennata dell’inflazione.

Sta di fatto che i tassi dei BTP e lo spread BTP-Bund continuano a salire, e che in gioco c’è la sostenibilità del debito pubblico italiano.

Ue chiederà a governo Meloni di tagliare la spesa?

Una via per sfuggire al worst case scenario potrebbe essere secondo gli economisti di Bloomberg un semplice annuncio da parte della Commissione europea sulla fiducia che ripone nella carta italiana. Bruxelles potrebbe rassicurare i mercati in merito alla sostenibilità del debito pubblico del paese: non, tuttavia, senza ricevere in cambio qualcosa. Questo qualcosa potrebbe essere il dikat al governo (governo Meloni) di sforbiciare la spesa pubblica. In questo caso, l’Italia farebbe la sua parte, e la Bce potrebbe essere convinta ad attivare a suo favore lo scudo anti-spread.

Un’altra opzione potrebbe essere quella di svalutare i BTP, ricorrendo praticamente alla ristrutturazione del debito pubblico italiano: ma certo si tratterebbe di una mossa shock per il sistema bancario italiano, assediato dal problema del doom loop: in tutto, riporta infattu Bloomberg, le banche italiane  hanno in pancia più di 400 miliardi di euro di debito pubblico, il 15% del totale : il che significa che eventuali svalutazioni-haircut dei BTP costringerebbero le banche stesse a lanciare nuove operazioni di ricapitalizzazione, ovvero di aumenti di capitale.

Mutualizzazione debito:  ‘paura più grande Nord’

L’articolo di Bloomberg parla anche della soluzione di un mix di svalutazioni modeste di BTP e di mutualizzazione del debito.

Ma basta sentire cosa ha detto il giornalista Tobias Piller, giornalista del Frankfurter Allgemeine Zeitung in un’intervista rilasciata a La 7.

Piller ha ricordato che “nei trattati europei non c’è accordo sulla mutualizzazione dei debiti”, ricordando senza tanti giri di parole che la mutualizzazione del debito era (è?) “la paura più grande dei paesi del nord”. Ponendo poi la seguente domanda: Perché il contribuente tedesco deve pagare le promesse politiche in Italia?” .

Nel concludere le sue riflessioni sul rischio Italia, Bloomberg presenta infine il worst case scenario: l’Italexit”.

“In assenza di un sostegno da parte delle istituzioni europee e a fronte del rifiuto eventuale di una svalutazione del debito, l’ultima opzione rimasta sarebbe quella di abbandonare l’euro: ciò comporterebbe la rinuncia da parte dell’Italia a utilizzare l’euro e la ridenominazione del debito pubblico italiano in un una propria valuta deprezzata”.

Ma Bloomberg precisa che “questo è un esito estremamente improbabile” (comunque menzionato).