Notizie Notizie Mondo ETF: Invesco si accoda alla price war, giù i costi per due fondi obbligazionari

ETF: Invesco si accoda alla price war, giù i costi per due fondi obbligazionari

Pubblicato 4 Novembre 2019 Aggiornato 5 Novembre 2019 09:07

Nuovo round della guerra dei costi sul fronte ETF. A sferrare l’attacco questa volta è Invesco che, a partire dallo scorso 31 ottobre, ha ridotto la commissione fissa annua di Invesco USD Corporate Bond UCITS ETF e Invesco Euro Corporate Bond UCITS ETF, da 0,16 a 0,10 punti base.

I due ETF coinvolti dalla sforbiciata

Il primo ETF si propone di replicare la performance dell’indice Bloomberg Barclays USD IG Corporate Liquidity Screened Bond, al netto di commissioni e spese. Il fondo investe in una serie di obbligazioni a tasso fisso denominate in USD ed emesse da società operanti nei settori industriale, finanziario e dei servizi di pubblica utilità. L’altro EFT punta a replicare, su base fisica, il Bloomberg Barclays Euro Corporate Index, al netto delle commissioni e spese. L’indice misura la performance del mercato delle obbligazioni societarie a tasso fisso, denominate in euro e appartenenti alla categoria investment grade.

Nell’ultimo anno, si legge nella nota dell’emittente, la domanda di ETF obbligazionari è cresciuta notevolmente, raggiungendo 1 trilione di dollari americani ad agosto 2019. Ragionando in percentuale, gli ETF fixed income sono ora pari al 19% degli AUM (assets under management) dell’intera industry. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da rendimenti bassi o addirittura negativi, gli investitori si trovano di fronte a un bivio per raggiungere i propri obiettivi di rendimento: assumersi un maggiore rischio duration oppure un rischio di credito più elevato.

Quando le curve dei rendimenti sono ripide, ad esempio quando il rendimento a 10 anni è significativamente superiore rispetto al rendimento a 2 anni, gli investitori vengono remunerati per l’assunzione del rischio duration con un rendimento aggiuntivo. Attualmente, però, le curve dei rendimenti dei titoli di Stato (misurate dalla differenza tra il rendimento a 2 e 10 anni) sono ai livelli più bassi dopo la crisi finanziaria.

Sulla scia di Vanguard 

La mossa di Invesco segue quella di Vanguard della scorsa settimana. Il secondo maggiore emittente di ETF al mondo ha infatti premuto sull’acceleratore per implementare la crescita delle proprie masse gestite nel Vecchio Continente riducendo le commissioni sui propri ETF disponibili agli investitori europei. Per l’Italia, nello specifico, Vanguard ha ridotto i costi di 11 ETF quotati a Piazza Affari. La riduzione delle commissioni è guidata dall’impegno di Vanguard nell’offrire agli investitori il miglior rapporto qualità-prezzo nell’ambito della gestione degli investimenti. Vanguard è la seconda società di gestione a livello globale, con un patrimonio pari a 5.200 miliardi di euro (dato al 30 settembre 2019). Il valore medio delle spese correnti (TER) degli 11 ETF oggetto dell’adeguamento sarà pari allo 0,12%.

“Per molto tempo, gli investitori hanno ricevuto un servizio di gestione complesso, pagando costi elevati – rimarca Sean Hagerty, Head of Vanguard Europe – . Dal 1975, Vanguard è stata sempre all’avanguardia nell’offrire agli investitori soluzioni eque, a valore aggiunto, semplici e di alta qualità. È tuttavia necessario andare oltre per far sì che gli investitori comprendano l’impatto dei costi sui rendimenti degli investimenti. Esiste ancora l’idea errata che quanto più si paga per un investimento, tanto più esso debba performare in termini di rendimento. In realtà, i costi hanno un impatto concreto sui ritorni e ogni euro pagato in commissioni è semplicemente un euro in meno di rendimento potenziale. Gli investitori non possono controllare i mercati finanziari, ma possono sicuramente controllare i costi che pagano”.

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