ESCLUSIVA – Tabacci: ora ci vuole un’agenzia di rating indipendente ed europea
In numero uno della Bce, in occasione delle dichiarazioni rilasciate di fronte alla commissione degli Affari Economici e Monetari del Parlamento europeo a Strasburgo in qualità di presidente dell’Autorità europea per i rischi sistemici, all’indomani del taglio di S&P sul merito creditizio di 9 Paesi dell’Eurozona ha dichiarato come gli investitori dovrebbero “imparare a vivere senza le agenzie di rating” o quantomeno “a fare meno affidamento si loro giudizi”. Il governatore dalla Banca centrale ha voluto affondare ulteriormente il colpo, ricordando come “in questo settore non c’è concorrenza” e “tutte le agenzie hanno patito un danno di immagine e di reputazione durante la recente crisi e in quella precedente”.
TABACCI, CI VUOLE UN’AGENZIA EUROPEA
Nella stessa direzione, ossia la presenza di elementi negativi quali la mancanza di concorrenza e la deficitaria reputazione delle agenzie di valutazione Usa, va il giudizio dell’attuale Assessore al Bilancio e ai Tributi di Milano, Bruno Tabacci. L’Onorevole, a margine della presentazione del libro “Le entrate pubbliche dello Stato Sabaudo” edito da Vitale & Associati, ha dichiarato in esclusiva a Finanza.com come “è importante costruire un’agenzia di rating indipendente di matrice europea”. Il modello proposto da Tabacci fa riferimento a quello utilizzato per l’ideazione della Banca centrale stessa. La specificità dell’agenzia e la sua indipendenza sono legate al fatto di “non avere intrecci con il mondo politico, in modo da acquistare credibilità anche verso i mercati e gli investitori stessi”. L’attuale scenario, caratterizzato dal predominio delle tre sorelle Usa, vede infetti degli elementi di criticità proprio nell’autonomia discrezionale. “Ora come ora si ha solo un commercio di rating”, incalza sempre a Finanza.com l’Onorevole”, secondo cui “il loro inadeguato modello di classificazione era già emerso chiaramente a cavallo tra il 2003 e il 2004”. “Lo stesso fatto che non si sia tenuto conto dei passi in avanti fatti in termini di tenuta del sistema Paese con la manovra Monti”, conclude il politico di lungo corso, “è un elemento emblematico, che potrebbe ritorcersi contro alle stesse agenzie di rating”. Se non altro perché allargando la visione all’intera Europa, non si può non notare come il dinamismo espresso dall’arrivo di Mario Draghi al vertice della Bce “ha permesso al Vecchio Continente di avere a disposizione una nuova via d’uscita dalla crisi”. Il riferimento è al maxi prestito triennale della Bce noto come Longer Term Refinancing Operations ( Ltro, Ndr) concesso al mondo bancario da parte dell’Eurotower a fronte di garanzie rappresentate da collaterali quali i titoli di Stato e strumenti cartolarizzati.
ANCHE L’ABI STA CON LA POLITICA, IL RISCHIO E’ QUELLO DI UNA NUOVA STRETTA AL CREDITO
Contro la scelta di Standard & Poor’s si è scagliata anche l’Abi, Associazione bancaria italiana, che ha definito “ingiustificata, incomprensibile e irresponsabile” la decisione degli analisti americani. Secondo l’Abi a questo punto è auspicabile che “sia completata ed approvata nel minor tempo possibile la disciplina europea sulle agenzie di rating e che la Banca Centrale Europea e le Autorità di vigilanza riconsiderino da subito l’utilizzo dei rating esterni nelle loro procedure e nei modelli di valutazione”. Per loro il rischio è che al taglio di rating dell’Italia faccia seguito nuovamente un nuovo taglio di merito creditizio delle banche italiane, con inevitabili riflessi negativi in termini di costo della raccolta e da possibili ritorni a difficoltà di accesso alla liquidità. Senza contare che se dopo S&P anche le altre agenzie di rating dovessero decretare un taglio al merito creditizio italiano, scatterebbero ulteriori limitazioni alla liquidità del sistema bancario dato da nuovi parametri patrimoniali per i prestiti interbancari e per altre attività legate all’operatività degli istituti di credito.
IL PROBLEMA NON DICHIARATO E’ IL CONTROLLO DELLE AGENZIE DI RATING
La presa di posizione del governatore Mario Draghi, così come l’invito dell’onorevole Bruno Tabacci, pongono nuovamente l’accento su uno dei risvolti più oscuri legato alle agenzie di rating: il loro controllo. Sia nel caso di Standard and Poor’s che di Moody’s gli azionisti di riferimento sono identificabili nei grandi fondi di investimento americani che poi, anche grazie alla potenza di fuoco data dall’enorme massa in gestione, traggono beneficio delle decisioni prese dagli analisti delle due agenzie di rating. A riguardo sintomatica è la visione del vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, che a margine della presentazione del libro ‘Le entrate pubbliche dello stato Sabaudo’ ha dichiarato a Finanza.com come “il declassamento di S&P’s è funzionale agli Stati Uniti e alla speculazione”, evidenziando come “negli ultimi mesi abbiamo ricevuto lezioni da coloro che la crisi l’hanno causata”.
IL TEMPO STRINGE, ANCHE MOODY’S E FITCH HANNO LA SCURE PRONTA
Il tempo per arrivare una soluzione definitiva della questione appaiono peraltro stretti. Il mercato già scommette che nelle prossime settimane venga replicato il modello che ha contraddistinto il declassamento del merito creditizio italiano nel corso del 2011. Dopo il taglio del 19 settembre deciso sempre da S&P, allora l’agenzia di rating valutò il rischio sovrano del Bel Paese A dal precedente A+, a cavallo tra il 4 e il 7 ottobre fu la volta rispettivamente di Moody’s e di Fitch di agitare la scure degli analisti e portare il rating ad A2 (da Aa2) e ad A+ (da AA-). Le ultime dichiarazioni degli stessi esperti delle due agenzie hanno sostanzialmente preannunciato che la nuova tornata di retrocessioni, così come indica l’attuale out look negativo, è in programma per il primo trimestre del 2012. Tra Moody’s e Fitch la prima a muoversi dovrebbe essere tuttavia la seconda, che si è data come obiettivo per una presa di decisione la fine di gennaio. In sostanza, entro due settimane da oggi. Sempre che le pressioni del presidente Sarkozy non portino a una salutare presa di tempo da parte degli esponenti dell’agenzia di rating avente come azionista di riferimento il francese Marc Eugène Charles Ladreit de Lacharrière, controllore tramite la holding Fimalac del 60% di Fitch.
di Riccardo Designori e Flavia Scarano