Elezioni Usa: come reagiranno i mercati se l’esito non sarà subito chiaro?
Quando manca meno di una settimana alle elezioni presidenziali americane sembra molto probabile che nella notte del prossimo 5 novembre non sarà possibile dichiarare immediatamente un vincitore.
Osservando i sondaggi che spuntano con cadenza giornaliera ci si può convincere che la corsa tra la candidata Democratica Kamala Harris e il candidato Repubblicano Donald Trump sarà decisa da una manciata di voti nei sette “battleground states”, in cui una maggioranza sarà ottenuta in modo marginale.
Se il testa a testa sarà così ravvicinato come dicono i sondaggi, si dovrà contare fino all’ultimo voto per sapere chi ha vinto e questo, vista la peculiarità del sistema elettorale statunitense, in cui ai singoli stati è consentita grande discrezionalità sia nelle modalità di voto che di conteggio, potrebbe impiegare diversi giorni.
Questo scenario è sicuramente quello meno positivo per gli investitori, notoriamente avversi alle incertezze.
Lo scenario migliore: un vincitore chiaro fin da subito
Certo è possibile che i sondaggi sbaglino, come successe nel 2016, quando attribuirono a Hillary Clinton una probabilità di battere Donald Trump superiore al 90%, e che si abbia un chiaro vincitore in grado di salire su un podio e fare il suo “acceptance speech” già martedì prossimo. E’ già successo in passato, come nei due mandati della presidenza Obama, in cui l’esito fu dichiarato dagli organi di stampa già prima della mezzanotte a New York. Inutile sottolineare che questo sarebbe lo scenario preferito per i trader e gli investitori.
Il mese successivo alle elezioni “tende ad essere particolarmente buono per investire nel mercato”, ha detto a Barron’s Chris Brightman, ceo di Research Affiliates. “Lo attribuiamo al dissiparsi dell’incertezza.”
Tra i due candidati forse una vittoria di Trump darebbe il maggior ossigeno al mercato azionario. Tra i punti centrali della campagna di Trump c’è dopotutto il taglio delle corporate tax, che darebbe una grande spinta ai profitti, mentre Harris ha in programma l’esatto contrario. In ogni caso entrambi i candidati propongono politiche economiche di cui certi settori beneficeranno.
E il mercato dei bond ?
Gli operatori del mercato dei bond sembrano voler dare a Trump qualche chance in più, secondo Michael Medeiros, macro strategist di Wellington Management. I rendimenti su titoli di stato a 10 anni, benchmark del settore, sono cresciuti dello 0,7% nelle ultime sei settimane. Secondo Medeiros questo è dovuto in parte alle aspettative su futuri tagli ai tassi d’interesse della Fed ma anche ad un “effetto Trump”. Se l’ex presidente riuscisse a realizzare le sue politiche economiche, che includono oltre ai tagli di tasse anche una serie di dazi commerciali verso Cina e anche Europa, questo farebbe esplodere il deficit federale, secondo molti analisti, potenzialmente facendo schizzare verso l’alto i rendimenti sui bond.
Questo dipenderà comunque dalla performance elettorale non solo di Trump ma dei repubblicani in corsa per la rielezione al Congresso. Se riusciranno ad avere la maggioranza potranno passare leggi in grado di avere un forte impatto anche sui mercati.
Per contro, una vittoria di Harris potrebbe avere un effetto inverso, facendo scendere i rendimenti, perché i trader ritengono che un governo Harris potrebbe non avere i numeri al Congresso per introdurre politiche che peseranno notevolmente sul deficit.
La situazione nei “battleground states”
Tutte questo considerazioni fanno parte di uno scenario in cui ci sia certezza di un vincitore in tempi brevi. Se così non sarà, come è probabile, tutto può essere.
Il ripetersi di uno scenario simile a quello di quattro anni fa, in cui la vittoria di Joe Biden fu dichiarata soltanto il sabato delle settimana dell’Election Day, è in realtà molto probabile. Quel ritardo fu una conseguenza di un lento processo di conteggio negli stati in bilico, un evento che ha molta probabilità di avvenire anche quest’anno.
Gli “swing states” che segneranno il destino di questa elezione sono al momento sette: Arizona, Nevada, Michigan, Wisconsin, Pennsylvania, North Carolina e Georgia.
Da notare che in Pennsylvania e Wisconsin non è consentito iniziare il conteggio dei voti già pervenuti via posta se non il giorno delle elezioni stesse, già questo garantisce quasi certamente lo slittamento del risultato di qualche giorno, visto l’altissimo numero di voti postali. La Georgia, che nel 2020 fu in grado di diffondere un verdetto elettorale dopo oltre due settimane, ha introdotto dei cambiamenti al suo sistema di conteggio con cui è possibile ora iniziare a processare i voti arrivati per posta prima del martedì elettorale.
Tensioni in vista se ci sarà caos nei conteggi
La situazione appare potenzialmente caotica, come quattro anni fa, quando dal campo Trump e dei suoi sostenitori arrivarono accuse di frode, mai provate.
Tuttavia il modo in cui è concepito il sistema, almeno in certi stati, renderebbe quasi impossibile provarle, se anche queste avvenissero. In molti stati, come New York e Pennsylvania, non è richiesta nessuna prova di identità ad un elettore che si rechi ad un seggio per votare.
Recentemente la Corte Suprema del Nevada ha deciso che i voti pervenuti via posta fino a tre giorni dopo il martedì elettorale, in cui il timbro postale sia assente o illeggibile, dovranno essere comunque contati, rifiutando una petizione di repubblicani che avrebbero voluto fossero invalidati.
Questo e altri esempi, se il margine di vittoria dovesse essere molto ravvicinato, potrebbero dare adito a nuove accuse, procedimenti legali, riconteggi, aggiungendo incertezza a tensione.