Notizie Notizie Italia Elezioni Emilia Romagna, fattore Borgonzoni davvero capace di mandare a casa il governo?

Elezioni Emilia Romagna, fattore Borgonzoni davvero capace di mandare a casa il governo?

20 Gennaio 2020 15:43

Lo tsunami Lucia Borgonzoni ci sarà davvero? Davvero una eventuale vittoria della candidata della Lega di Matteo Salvini potrebbe innescare una crisi di governo? Gli analisti di Barclays presentano due scenari su ciò che potrebbe accadere con il voto in Emilia Romagna, in calendario domenica prossima, 26 gennaio.

La roccaforte rossa sarà conquistata dall’esercito verde di Borgonzoni & Co?. E’ la stessa divisione di ricerca di Barclays a ricordare come, “stando agli ultimi sondaggi, le elezioni di domenica prossima confermeranno il testa a testa tra Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni, dato che il candidato del centro sinistra gode di un vantaggio davvero molto risicato, pari ad appena 2 punti percentuali, rispetto alla candidata del Carroccio”.

“Considerando che l’Emilia Romagna è storicamente la principale fortezza della sinistra, una vittoria della destra segnalerebbe la possibilità, per Salvini, di vincere ovunque. E ciò minerebbe sicuramente le credenziali della maggioranza di governo, fornendo alla Lega una scusa per spingere per le elezioni anticipate in primavera“.

A tal proposito, vale la pena menzionare quel gennaio horror per il governo M5S-PD di cui ha parlato, a inizio anno, un articolo pubblicato su Bloomberg, che faceva riferimento anch’esso alla minaccia Lucia Borgonzoni.

Scenario 1: Lucia Borgonzoni perde regionali

Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra, vince le elezioni. In questo scenario, probabilmente il PD vedrà la vittoria come il punto di partenza di una collaborazione ancora più stretta con il M5S. Fattori chiave saranno due appuntamenti (e le loro ramificazioni): il Congresso nazionale del PD e gli Stati generali del M5S. E’ probabile che al Congresso nazionale del PD, che è stato posticipato al dopo elezioni in Emilia Romagna (data ancora da confermare), i leader del PD aprano il partito a un’alleanza politica più forte con il M5S (così come indicato, di recente, dal segretario del PD Nicola Zingaretti, stando a quanto riporta La Repubblica, data 10 gennaio), basata su una piattaforma politica e di più lungo termine”.

“Questo messaggio – si legge ancora nel report di Barclays – risuonerebbe forse in modo forte nella Conferenza sugli stati generali del M5S, che si svolgerà dal 12 al 15 marzo, così come ha lasciato intendere Beppe Grillo (Corriere della Sera, 11 gennaio), il padre ideologico del movimento; tuttavia (questa posizione) si scontra con quella di Di Maio, che vorrebbe che il M5S fosse la terza via tra la destra e la sinistra. Una tale divergenza ideologica sul futuro del partito (e, di conseguenza, della coalizione), potrebbe aprire la porta a un cambiamento di leadership, fattore che potrebbe rendere più profonde le fratture esistenti nel M5S, visto che una parte del movimento è fedele a Di Maio”.

Scenario 2: Borgonzoni vince

Lucia Borgonzoni, candidata della Lega, vince le elezioni. “A livello governativo, una sconfitta (di Bonaccini) nelle elezioni dell’Emilia Romagna ha il potenziale di esarcerbare le tensioni all’interno della coalizione di governo e alimentare l’esodo dei parlamentari a destra (particolarmente preoccupante nel caso del Senato)”.

Barclays continua:

Le “fratture interne alla maggioranza potrebbero tradursi in migrazioni verso altri partiti (secondo OpenPolis, ce ne sono state 116, soltanto nel Senato, nella legislatura precedente), creando rischi non trascurabili alla maggioranza del governo in Senato (più debole). Questo fenomeno si è già materializzato nel caso del M5S, con cinque senatori che hanno abbandonato il gruppo (tre di loro hanno scelto di andare all’opposizione), in poco più di un mese”.

Gli analisti di Barclays fanno il punto della situazione per capire se una eventuale “ulteriore emorragia, nel Senato“, potrebbe essere tollerata, e fino a che punto. La risposta è che sì, “potrebbe essere tollerata, ma non per molto”. Intanto, vale la pena ricordare i numeri, per capire come potrebbero cambiare dopo il voto in Emilia Romagna.

La view di Barclays è che, nella Camera, i numeri rimarrebbero favorevoli alla maggioranza, che potrebbe contare su più di 340 seggi, ben al di sopra della soglia necessaria, pari a 315 parlamentari. Il problema si presenterebbe, per l’appunto, al Senato, in cui “la maggioranza è più vulnerabile”.

Esattamente, al Senato, “il M5S e il PD controllano 135 seggi. A questo numero aggiungiamo 22 seggi che fanno capo ai partiti di coalizione più piccoli, come Italia Viva di Matteo Renzi e Leu, e altri 14 seggi occupati da esponenti di gruppi parlamentari autonomi e misti che al momento sostengono il governo, per un totale di 171 seggi su 320. Il numero è superiore di appena 11 unità rispetto alla soglia di 160 parlamentari necessaria in Senato per avere la maggioranza”.

Gli analisti ritengono che “una vittoria di destra in Emilia Romagna farebbe sicuramente molto rumore a livello politico, ma non intaccherebbe la maggioranza (in base alle stime di cui sopra). Certo, “1/10 dei membri di ciascuna Camera (63 della Camera e 32 del Senato) potrebbe decidere di presentare (contro il governo) una mozione di sfiducia ma, affinché si concretizzasse una crisi dell’esecutivo, sarebbe comunque necessaria la maggioranza dei voti dei parlamentari presenti. E questa è, per il centro destra, una soglia elevata da raggiungere in base all’attuale distribuzione dei seggi, anche in Senato”.

Barclays snocciola le sue previsioni per le elezioni regionali in Calabria: in questo caso, fa notare, il “candidato di estrema destra è stimato vincere con ampio margine”. Il riferimento è a “Jole Santelli, candidata per la coalizione di destra, che dovrebbe aggiudicarsi tra il 50% e il 54% del voto (secondo i sondaggi di Noto, 9 gennaoo), rispetto al candidato di centro-sinistra Filippo Callipo, al momento appena al 34% (sondaggio Noto, 9 gennaio)”. In generale, “i risultati di questa elezione non avrebbero un significato particolare, visto che, per tradizione, la Calabria vota a destra”.