Draghi: pacchetto di misure per smuovere economia e sostenere inflazione. Tagliate stime su Pil e prezzi

Una pacchetto di misure volto a “stimolare il credito, smuovere l’economia e sostenere l’inflazione verso il target del 2%”. Questo l’obiettivo della politica ultra-accomodante messa a punto dalla Banca centrale europea e illustrata in conferenza stampa dal governatore Mario Draghi. Una politica ultra-accomodante che viene associata all’ennesima revisione al ribasso delle stime di crescita e inflazione nella zona euro, lasciando il dubbio circa la reale efficacia di queste misure.
Le tre mosse della Bce, tassi bassi ancora a lungo
La Bce ha deciso di tagliare tutti i tassi di riferimento ai nuovi minimi storici, di ampliare il quantitative easing di 20 miliardi di euro mensili a 80 miliardi al mese e allargare il paniere acquistabile includendo anche i bond emessi dalle aziende (non finanziarie) che abbiano un giudizio investment grade, portando al 50% dal 33% il limite acquistabile di ciascuna singola emissione di bond. A questo si è aggiunto il lancio di quattro Targeted longer-term refinancing operations (TLtro), vale a dire prestiti agevolati alle banche affinché lo impieghino per sostenere il credito. Rispetto al passato, le novità stanno nella durata di questi prestiti, salita da tre a quattro anni, e nelle condizioni di finanziamento, con un tasso che potrà arrivare fino al nuovo tasso sui depositi (-0,40%). Le nuove aste, ribattezzate TLtro 2, avverranno una ogni trimestre fino a marzo 2017.
“Vogliamo sfruttare le sinergie tra diversi strumenti”, ha spiegato Draghi, assicurando che “i tassi di interesse rimarranno a questi livelli o più bassi per un lungo periodo di tempo, ben oltre l’orizzonte degli acquisti“. Ma allo stesso tempo ha aggiunto: “non ci aspettiamo di ridurre ulteriormente i tassi” e “l’enfasi sarà messa su altri strumenti” per eventuali nuove misure in futuro.
Le nuove stime di crescita e inflazione. Taglio soprattutto per il 2016
Le nuove misure della Bce sono state prese alla luce di un aggiornamento delle stime macroeconomiche. Il Pil dell’Eurozona è visto ora crescere di un +1,4% nel 2016 (quella precedente era di un +1,7%), poi di un +1,7% nel 2017 e un +1,8% nel 2018. “La ripresa è appesantita dal rallentamento dei Paesi emergenti – ha indicato Draghi – dalla volatilità dei mercati finanziari e dalle mancate riforme da parte dei governi”.
Anche per quanto riguarda l’inflazione, le stime sono state riviste al ribasso. La Bce prevede ora una inflazione allo 0,1% nel 2016 (contro l’1% stimato in precedenza). Per il 2017 le proiezioni sono scese da +1,6% a +1,3% e per il 2018 a +1,6%. “La ripresa dell’inflazione si vedrà nel tardo 2016 e da lì si attende una ulteriore risalita”, ha precisato Draghi.
La politica monetaria da sola non basta più
Sebbene Draghi abbia sottolineato come la Bce non sia a corto di munizioni (“ECB is not short of ammunition”) ed esistano ancora altre misure non convenzionali da utilizzare, i suoi commenti sui tassi di interesse (che ormai hanno raggiunto valori minimi) e sull’aumento del numero di falchi all’interno del Consiglio Direttivo della Bce preoccupa i mercati finanziari e rende difficile credere che ci saranno margini ulteriori di manovra. In altre parole, si insinua l’idea che la politica monetaria abbia perso la propria forza di influenzare le economie reali, così come successo negli Stati Uniti e in Giappone. Lo stesso Draghi ha ricordato per l’ennesima volta che servono riforme strutturali, azioni per aumentare la produttività e per creare posti di lavoro. “Oggi ancora di più rispetto al passato dobbiamo renderci conto che l’effetto delle strategie monetarie non ha più il potere di controllare l’economia – commenta Filippo Diodovich, market strategist di IG – Riteniamo che sia necessario intervenire da subito con politiche fiscali e riforme strutturali mirate alla ripresa economica. In una Zona Euro ancora frammentata la sfida diventa sempre più difficile e solamente un Draghi ultra-propositivo non sembra essere sufficiente”.