Crisi Moby: si cerca accordo con banche creditrici per non portare i libri in tribunale. La posizione dei detentori del bond Onorato Armatori 2023
Moby naviga verso la ristrutturazione del debito. La compagnia di navigazione, di proprietà dell’armatore napoletano Vincenzo Onorato, che con i suoi traghetti collega la penisola con le isole, rischia il crac finanziario. Oberato da oltre 700 milioni di debiti e con una disponibilità di cassa in rapida erosione, Moby si è recentemente vista bloccare dalle banche la vendita di due navi, la Aki e la Wonder, sulle quali gravava ipoteca a garanzia dei presti bancari e del bond senior da 300 milioni di euro quotato alla borsa del Lussemburgo. Operazione che avrebbe permesso al gruppo di migliorare i covenants e rimborsare una tranche da 66 milioni di prestiti bancari (principalmente Unicredit) in scadenza a febbraio 2020.
La crisi aziendale
Così ora, in assenza degli introiti necessari per onorare i debiti (a febbraio è previsto anche il pagamento degli interessi semestrali sul bond per 11,6 milioni di euro), Moby ha chiesto alle banche creditrici una moratoria sui debiti (e sui covenants) fino al 31 gennaio 2020 (ex art. 67 codice civile) nel tentativo di trovare un accordo privato di rinegoziazione coi creditori. Non è l’ultima spiaggia, ma Moby intende perseguire ciò che il Tribunale di Milano aveva suggerito lo scorso ottobre, respingendo la richiesta di fallimento prospettico avanzata dal fondo offshore Sound Point detentore di quote del bond da 300 milioni, e cioè il ricorso a “misure fallimentari minori”. Lo scenario peggiore, però, per la famiglia Onorato sarebbe quello di portare i libri in tribunale con una richiesta di concordato (ex art. 182 bis L.F.) per tutelarsi dalle richieste dei creditori, cosa che gli farebbe perdere il controllo di Moby. Ragion per cui Onorato sta tentando di raggiungere un accordo coi creditori su base volontaria.
La posizione degli obbligazionisti
Da questo punto di vista gli obbligazionisti sarebbero pronti a discutere. Molti detentori del bond Onorato Armatori 7,75% 2023 (Isin XS1361301457) riunitisi in comitato sarebbero disposti a trattare per salvaguardare il loro investimento e al contempo assicurare la continuità aziendale auspicando che Moby possa rimanere la primaria compagnia di navigazione italiana. In una nota il comitato ha peraltro reso noto al management e agli advisors di Moby la disponibilità degli obbligazionisti rappresentati a sostenere un’adeguata ristrutturazione dei debiti del gruppo (anche a costo di rinunciare a parte dei propri crediti nel contesto dell’operazione) per riportare così l’indebitamento a livelli sostenibili per l’azienda. Uguale disponibilità è stata rappresentata quanto all’apporto di nuova finanza, nel contesto dell’auspicata ristrutturazione, che possa permettere alla compagnia di operare con serenità e con l’obiettivo industriale di acquisire nuove quote di mercato nel medio periodo.
La ristrutturazione dei debiti
E’ quindi del tutto evidente che il consenso delle banche a riscadenzare il proprio debito (170 milioni in tutto) rimane subordinato a un accordo con gli obbligazionisti per il quale è previsto il prossimo 15 febbraio lo stacco delle cedole il cui mancato pagamento costituirebbe evento di default. Entrambe le categorie di creditori sono garantite dalla flotta il cui valore teoricamente copre l’ammontare dei prestiti. Ma né le banche, né i bondholders sono interessati a improvvisarsi armatori o a diventare proprietari delle navi di Moby, per cui si cercherà una soluzione che vada bene a tutti. L’ipotesi più accreditata e al momento allo studio – secondo fonti vicine al dossier – consisterebbe in una offerta di scambio degli attuali bond con nuove obbligazioni a scadenza più lunga con tasso d’interesse minore, più altri strumenti finanziari ibridi. Del resto, le quotazioni del bond a 35 alla borsa del Lussmburgo con rendimento superiore al 65%, non lasciano adito a dubbio sulle difficoltà di Moby a onorare, non solo le scadenze del debito ma anche il pagamento degli interessi.
Il giudizio degli analisti
Che i conti del gruppo siano in precario equilibrio, nonostante l’incremento dei ricavi e dell’Ebitda al 30 giugno scorso, lo dice anche Moody’s in una recente revisione del rating. Gli analisti hanno infatti confermato il giudizio della società a “Caa3” confermando le obbligazioni 2023 spazzatura (junk). Il giudizio riflette principalmente i problemi di liquidità in considerazione dei debiti in scadenza e il potenziale outflow della gestione ordinaria della flotta. Moody’s pone l’accento anche sull’incremento dei costi di carburante dal 2020 che dovranno contenere minori quantità di zolfo, come previsto dalla normativa europea, e quindi sulla capacità di Moby di reggere l’impatto dei costi del bunker. Vi sono poi ancora le pendenze economiche con l’Antitrust che ha rimandato al 2020 il ricalcolo delle sanzioni inflitte a Tirrenia CIN (29,2 milioni) per abuso di posizione dominante sulle rotte marittime da e per la Sardegna. E, infine, l’incertezza sul rinnovo/aggiudicazione della convenzione fra Tirrenia CIN (stipulata il 18 luglio 2012 tra il Ministero dei Trasporti e la Compagnia Italiana di Navigazione) in scadenza a luglio 2020 e per la quale lo Stato corrisponde al gruppo 72 milioni di euro all’anno per assicurare i collegamenti marittimi con le isole. Insomma, tutti fattori che non possono che pesare sui conti di Moby dal prossimo anno.