La crisi all’ombra delle Piramidi fa tremare Bruxelles; il mercato aspetta al varco Trichet
E’ caldo il vento che accarezza l’inflazione in Eurolandia. A gennaio, secondo la stima flash di Eurostat, l’indice dei prezzi al consumo si dovrebbe attestare al 2,4%. A dicembre c’erano già state le prime avvisaglie quando l’inflazione era salita del 2,2%, superando la fatidica soglia del 2% per la prima volta dal novembre 2008. Il dato definitivo sarà pubblicato il 28 febbraio prossimo. Fino ad allora si dovrà navigare a vista? Sul mercato c’è chi aspetta giovedì in vista delle osservazioni che arriveranno da parte del presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, dopo la riunione di politica monetaria dell’istituto.
Trichet continuerà a ribadire ai Governi europei che la Bce non farà finta di niente di fronte a un aumento dell’inflazione o delle attese di inflazione e agirà, se necessario, è la tesi che va per la maggiore tra gli esperti di mercato. E così le speculazioni di un aumento dei tassi previsti sono ripartite. L’aumento dei tassi è, infatti, uno dei principali strumenti a disposizione delle banche centrali per la lotta contro l’inflazione. Secondo la maggior parte degli economisti contattati da Finanza.com la stretta dovrebbe partire a fine 2011, mentre le condizioni straordinarie di liquidità dovrebbero continuare oltre questa data per sostenere il fragile settore bancario nei Paesi periferici dell’Eurozona.
Thomas Mayer, capo-economista di Deutsche Bank, è dell’idea che mantenere i tassi a minimi storici non sia più adeguato. A partire dalla seconda metà del 2011, la Bce inizierà ad aumentare i tassi di interesse: sarà l’inizio di una cauta normalizzazione. Se il trend dei prezzi dovesse continuare, la Bce sarà costretta a rivedere al rialzo la stima d’inflazione per il 2012, ora all’1,5%, quando diffonderà le previsioni aggiornate a inizio marzo. “Il dato odierno non è più di tanto sorprendente: ci si attendeva una maggior inflazione headline. Anche se non sappiamo ancora quali sono le componenti che hanno spinto questo rialzo si può verosimilmente pensare che abbia contribuito la corsa dei prezzi degli alimentari”, osserva Paolo Pizzoli, economista di Ing.
“Per quanto riguarda le prospettive l’idea che ulteriori aumenti dell’inflazione siano possibili è verosimile, ma non pensiamo che tutto questo porterà ad un’accelerazione dei tempi per azioni di politica monetaria della Bce. Riteniamo probabile che il momento in cui la Bce possa avere le condizioni di alzare i tassi non avverrà prima del quarto trimestre del 2011”, segnala l’esperto. Anche Silvio Peruzzo di Royal Bank of Scotland è dell’idea che il dato dell’inflazione odierno non scompagini le carte sul tavolo, convinto che “il mese di febbraio sarà all’insegna del wait and see”.
Eppure sarebbero stati proprio i prezzi dell’energia ad aver riportato l’inflazione nella zona euro ai livelli di due anni fa. L’ammissione è arrivata direttamente dalla Commissione Ue. “Siamo di fronte a un fenomeno globale”, ha detto il portavoce del commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, sottolineando che “la ripresa a livello mondiale è ben consolidata, a partire dalle economie emergenti, e questo fa aumentare la domanda di energia i cui prezzi vengono spinti verso l’alto”. Nessuno lo dice apertamente, ma a Bruxelles sono preoccupati dalla situazione geopolitica cha sta agitando il Nord Africa. C’è paura che le tensioni in Paesi come la Tunisia e l’Egitto si possano estendere ad altri Stati. Un contagio che potrebbe mettere a rischio la produzione e il trasporto di petrolio, provocando inevitabili conseguenze sui prezzi energetici. Nuove fiammate sul prezzo del greggio potrebbero infatti surriscaldare ancora di più la febbre dei prezzi.
Non è certamente un caso se oggi il prezzo del barile è oscillato al limite dei 100 dollari a barile in un mercato in apprensione per la crescita delle tensioni nel Paese delle Piramidi. Il barile di greggio del Brent del Mare del Nord per consegna marzo è ora scambiato a 98,82 dollari sui circuiti dell’Ice di Londra, in calo di 60 cents dalla chiusura del venerdì, dopo una partenza in forte aumento, che l’aveva visto salire fino a 99,97 dollari, ossia alla soglia dei 100 dollari, mai più attraversata dal primo ottobre 2008. Sul New York Mercantile Exchange (Nymex), un barile di light sweet crude (Wti) per la stessa scadenza è invece salito di 7 cents a 89,41 dollari. I prezzi sono saliti amplificati dalla crescente preoccupazione degli operatori per la continua instabilità politica in Egitto, ha detto David Hart, analista di Securities Westhouse.
“Temiamo la possibilità che la situazione possa diffondersi ad altre regioni, ma anche potenziali interruzioni sul lato dell’offerta di greggio in caso di blocchi sulle rotte strategiche del petrolio”, è l’idea dell’analista. Il Canale di Suez, controllato dall’Egitto, attraverso il quale passa circa un milione di barili al giorno, è uno dei passaggi principali per il trasporto di petrolio dal Medio Oriente in Europa. “C’è un reale rischio di penuria per il mercato globale per l’aggravarsi della crisi in Egitto, ha detto a Londra Abdallah Salem El-Badri, segretario generale dell’Opec.”Se vedessimo una vera scarsità saremmo costretti ad agire per porre rimedio alla situazione aumentando la produzione dei paesi membri dell’organizzazione”, ha spiegato. “Tuttavia il mercato è rimasto per il moment, ben fornito e la situazione in Egitto non è fuori controllo”.
“Nessuna interruzione nel traffico da Suez è stata riportata fino ad ora e questo canale non ha la stessa importanza che può avere lo Stretto di Hormuz nel sud del Golfo per il quale passa il 40% del petrolio mondiale”, tranquilla anche Andrey Kryuchenkov, analista di Vtb Capital. Ma nessuno oggi si sogna di dormire sonni tranquilli nell’attuale scenario di mercato. “È possibile – conclude Yoichi Itoh, capo analista di Stb Research Institute – che siamo testimoni di una trasformazione delle strutture sociali nei Paesi islamici, e visto che è un fenomeno mai visto prima, nessuno sa che cosa succederà”.