Coldiretti: il grano costa come nel 1985, il pane no…
Tra i tormentoni di questo autunno che si profila già rovente, forse molto di più di quanto non lo sia stata quest’estate pazzerella, c’è quello dei prezzi degli alimenti di prima necessità. Questi ultimi infatti, mettono in evidenza i consumatori e le associazioni in loro difesa, in un contesto generalizzato di rincari, sono tra le categorie di beni che hanno visto salire il proprio prezzo in misura maggiore al banco del supermercato o nel negozio al dettaglio. Tanto da indurre Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori a indire uno sciopero “della pasta” per il giorno 13 settembre. E proprio a proposito di questo sciopero Coldiretti sottolinea tramite una nota che “occorre raccogliere le giuste sollecitazioni dei consumatori per garantire maggiore trasparenza nella formazione dei prezzi e nell’informazione sull’origine dei prodotti per dare la possibilità ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli e per combattere le speculazioni in agguato”.
E ad opinione dell’organizzazione agricola italiana ci sarebbe proprio il problema della speculazione dietro l’impennata del prezzo di un bene di prima necessità come il pane. Basti pensare che nel 1985 il prezzo del grano si attestava a 23 centesimi al chilogrammo, mentre quello del pane stazionava a 52 centesimi. Oggi invece un chilo di grano è venduto al prezzo di circa 22 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini a valori variabili attorno ai 2,7 euro al chilo, arrivando tuttavia fino ai 5 euro e anche più per quelli più elaborati. Il divario tra il prezzo del pane e quello del grano è quindi passato dai 29 centesimi del 1985 agli almeno 2,48 euro attuali con un incremento del 750%. Secondo uno studio di Coldiretti per pane, pasta fresca e dolci il prezzo dal campo al consumo si moltiplica rispettivamente di 12, 20 e 70 volte.
“Un divario ampio – sottolinea Coldiretti – che dimostra che nella forbice dei prezzi alla produzione e quelli al consumo c’è abbastanza spazio per recuperare diseconomie e garantire una adeguata remunerazione agli agricoltori senza aggravare i bilanci delle famiglie. I rincari annunciati rischiano peraltro di avere effetti negativi sui consumi domestici che sono già pesantemente calati del 6,1% per il pane e del 5,6% per la pasta di semola nei primi cinque mesi del 2007, rispetto allo scorso anno, secondo i dati di Ismea – Ac Nielsen”. “ll rischio è che i rincari – prosegue l’organizzazione agricola italiana – oltre a incidere sui consumi, servano a coprire la volontà di aumentare le importazioni dall’estero di prodotti da spacciare come ‘made in Italy’ a fini speculativi in assenza di una adeguata informazione in etichetta. Secondo l’ultima rilevazione Ismea la produzione di frumento duro nel 2007 in Italia è aumentata rispetto allo scorso anno dello 0,9% per 4,13 milioni di tonnellate, mentre per il grano tenero l’aumento è dello 0,6% per una produzione di 3,23 milioni di tonnellate”.
Da segnalare che allo scipero indetto dalle categorie a tutela dei consumatori per giovedì 13 settembre contro il carovita per la prima volta prenderà parte anche Coldiretti.