Notizie Notizie Mondo Cina, per S&P le mosse sui cambi non rappresentano l’inizio di una guerra valutaria

Cina, per S&P le mosse sui cambi non rappresentano l’inizio di una guerra valutaria

17 Agosto 2015 12:25

Standard & Poor’s ha annunciato che la mossa a sorpresa
della Cina di consentire una maggiore flessibilità del tasso di cambio non è
l’inizio di una guerra valutaria o di un tentativo di far ripartire la crescita
nazionale
, bensì è stato dettato semplicemente da ragioni di  “buon senso economico“.

In particolare nel suo rapporto dal titolo “Cina, nuovo
regime dei tassi di cambio
“, S&P si dichiara persuasa che la decisione
delle Autorità cinesi sia nata dall’esigenza di realizzare un programma diriforme strutturali e che Pechino non ha certamente voluto procedere a una
semplice svalutazione competitiva. “La decisione – è scritto nel report –
è probabilmente finalizzata a migliorare il funzionamento del mercato, ed è
anche uno sforzo teso a rispettare le condizioni del Fondo monetario
internazionale per ottenere che lo yuan venga incluso nel paniere di valute forti e concorra a determinare il valore del
Diritti Speciali di Prelievo (DPS), cioè la valuta internazionale emessa dallo
stesso Fondo”.  L’idea di molti analisti che la svalutazione dello yuan, che oggi 
si muove in una “fascia” di oscillazioni del 2% contro il
dollaro Usa, sia stata una mossa delle autorità per arginare la crescita del
Paese alle prese con un rallentamento della produzione industriale e deiconsumi non convince affatto il team di S&P. “La lettura più
comune tra gli analisti, e cioè che la Cina stia cercando di stimolare la
crescita, indebolendo la sua moneta per rilanciare le esportazioni, non ci
affatto convincente – conferma Paul Gruenwald, capo economista per
l’Asia-Pacifico di S&P – Il volume delle esportazioni è infatti determinato
principalmente dalla domanda estera, mentre il tasso di cambio gioca un ruolo
secondario”.

Anche l’ipotesi che la decisione cinese sia stata dettata
dalla debolezza dei dati commerciali riferiti al mese di luglio viene scartata
da Standard & Poor’s, “dal momento che questi non sono stati così negativi
da provocare reazioni di tale portata, soprattutto considerando che il surplus
commerciale cinese continua a viaggiare su un trend decisamente elevato
“.

Standard&Poor’s considera comunque positiva e opportuna
la decisione presa la scorsa settimana dalle Autorità cinesi: “A questo sarà  il mercato
a decidere il tasso di cambio della valuta cinese proprio come
chiedevano da tempo il Fondo monetario internazionale e gli Stati Uniti Tesoro.I vantaggi per Pechino saranno molti, in primo luogo poter avviare una politica
monetaria indipendente dal resto del mondo
“, ha concluso Gruenwald.