Carige, tutte le tappe con tanto di rischi cause legali e i troppi dubbi su Ccb
Ed ecco tutti i numeri e le tappe, ma anche tutti i nuovi dubbi a cui prestare attenzione nel caso Carige, la banca ligure salvata lo scorso 20 settembre con il via libera dei soci al piano presentato dai Commissari straordinari.
L’ok all’operazione di maxi rafforzamento patrimoniale da 900 milioni di euro – che include un aumento di capitale da 700 milioni – non sarebbe stato possibile senza il dietrofront dei Malacalza Investimenti, azionista di maggioranza con il 27,5% del capitale.
Vittorio Malacalza si è presentato, per lasciare la scena prima della votazione (ma comunque ha votato attraverso un delegato, e avrebbe votato contro), mentre i figli Davide e Mattia non si sono proprio visti. Un eventuale voto contrario o un’astensione della cassaforte di famiglia – Vittorio Malacalza si è presentato come semplice azionista – avrebbe molto probabilmente sancito la fine dei giochi per l’istituto.
Ma ora? Quali sono le prossime tappe che attendono Carige, necessarie per decretare ufficialmente la fine del pericolo?
Le prossime tappe per mettere in sicurezza Carige
Le tappe principali, riportate dal Sole 24 Ore, sono le seguenti. Alle tappe si affiancano alcuni numeri cruciali che definiranno il nuovo assetto azionario.
- La Bce deve autorizzare in modo specifico sia il Fondo interbancario che lo Schema volontario a salire oltre la quota qualificata del 10%. La banca centrale può riservarsi un periodo di 90 giorni per esprimersi, ma da ogni dove si sottolinea come si tratti, a questo punto, solo di una formalità.
- L’operazione di aumento di capitale potrà partire solo dopo l’ok della Bce. E l’operazione dovrebbe realizzarsi entro la fine di quest’anno.
- Cambiamento nella governance, si parla di un board composto da 7 membri.
C’è da dire che gli effetti dell’operazione di aumento di capitale sono iper-diluitivi, visto che il valore di mercato della banca è di appena 55 milioni, mentre l’aumento è di 700 milioni, 12-13 volte il valore, come si dice, pre-money.
Ciò significa che la perdita a carico degli attuali soci di Carige sarà notevole. Il Sole ha fatto un po’ di conti:
“Se, come appare probabile, non aderissero all’aumento, i Malacalza registrerebbero una riduzione della loro quota dall’attuale 27,5% al 2 per cento. Stesso discorso per gli altri grandi e piccoli soci. Oggi tutto il mercato (escluso Malacalza) vale circa il 72,4% di Carige: senza adesione all’aumento, questa quota si attesterebbe al 6,4 per cento. La quota di controllo della banca andrebbe al Fondo interbancario e allo Schema Volontario, che si troverebbero in mano l’80,7% della banca. Ad assumere un ruolo di peso sarà Cassa Centrale Banca, che con un investimento di 63 milioni deterrà l’8,1% di Carige, ma con la prospettiva poi di comprare nel giro di due anni la quota del Fitd-Sv, e assumere così il controllo dell’istituto. Se invece gli attuali soci decidessero di aderire all’aumento per la quota di competenza, la riduzione sarebbe lievemente più contenuta. Con un esborso di 23 milioni, i Malacalza si ridurrebbero al 5,7%, mentre il resto del mercato scenderebbe al 16,4%, con il Fitd al 69,8 per cento”.
Le tappe per Carige: i tanti dubbi sul nuovo socio Ccb
In tutto questo, StarMagazine mette in evidenza i diversi dubbi sul ruolo che nella nuova compagine azionaria sarà esercitato da Cassa Centrale Banca. Il polo trentino, che deterrà all’inizio l’8% circa, salirà davvero nel capitale dell’istituto, assorbendo le quote del Fondo interbancario? Soprattutto, potrà farlo, visto la sua natura di polo di banche di credito cooperativo, piuttosto diverso rispetto a quello dui lucro degli istituti di credito?
L’articolo di StarMagazine riporta a tal proposito quanto ha detto Fabio Innocenzi, uno dei tre commissari di Carige: “Se Cassa centrale non sale (se non esercita l’opzione di acquisto per arrivare a detenere la maggioranza del capitale di Carige) si va a vedere quale partnership riusciremo a trovare”, ha detto. Una osservazione non sufficiente a smorzare i dubbi del mercato.
Si dovrà anche capire se chi non ha votato la delibera dell’assemblea straordinaria o ha votato contro deciderà di agire in sede legale: si tratta di una percentuale piuttosto corposa, visto che in assemblea era presente il 47,66% del capitale e che ha votato favorevolmente il 91% dei presenti, ossia il 43,3% del capitale sociale di Carige, “mentre il restante 56,7% (incluso Malacalza Investimenti, che non ha votato) – fa notare StarMagazine – si è lasciato “le mani libere” di agire contro la delibera”.
Il nuovo azionista Ccb dovrà dunque accollarsi quest’altra patata bollente, così come dovrà fare i conti con l’assetto che avrà la Banca, la cui natura lucrativa è del tutto differente da quella mutualistica delle casse di credito cooperativo, dunque “dell’attuale compagine di Ccb e delle Bcc affiliate”.
Ancora, il polo trentino dovrà “tenere in seria considerazione anche le valutazioni che nel frattempo saranno state espresse dalle società di rating (Moody’s ha già paventato il possibile downgrade per effetto dell’acquisizione Carige) e gli umori delle Bcc affiliate, le quali, questa volta, non potranno non essere consultate attraverso un’assemblea qualora Ccb decidesse l’esercizio dell’opzione di acquisto della maggioranza che dovrà condurre alla successiva fusione (L’Adige del 21 settembre 2019 parla addirittura di una possibile fusione inversa per consentire alla capogruppo trentina di quotarsi celermente in borsa)”.
Ma poi, è vero ‘nessun costo per i contribuenti?’
E in tutto questo non manca chi mette in evidenza come non sia proprio vero che l’intera operazione, come ha detto il neo-ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, sia avvenuta senza ripercussioni sulle tasche dei contribuenti. Lo fa notare con un post su Twitter Carlotta Scozzari, di Business Insider:
Non proprio così, per almeno 2 motivi: 1) coinvolgimento di Sga (100% Tesoro) nell’acquisizione di oltre 3 miliardi di crediti deteriorati; 2) coinvolgimento di banche del Fitd che verosimilmente, come accaduto in passato, a fronte delle spese aumenteranno i costi per i clienti. https://t.co/aWTFFILfND
— Carlotta Scozzari (@scarlots) September 21, 2019
Così aveva commentato il ministro la notizia dell’ok dell’assemblea straordinaria all’operazione di rafforzamento patrimoniale:
“La soluzione di mercato che è stata messa a punto e perfezionata non ha costi per i contribuenti e mostra la capacità di coesione e reazione del sistema bancario italiano e del fondo interbancario di tutela dei depositi, rispetto a situazioni di difficoltà. L’operazione segna il rilancio di un intermediario di rilievo, specialmente nel territorio ligure e genovese, per il credito a famiglie e imprese e per il sostegno all’economia reale. L’ampia partecipazione e il senso di responsabilità degli azionisti mostrano quanto questo ruolo sia riconosciuto dalla comunità locale. Il sistema bancario e il Paese ne escono rafforzati“.