Carige: per banche italiane irricevibile proposta Ccb, Fitd finanzierà tutta la parte equity?
Dovrebbe essere il cavaliere bianco di Carige, il soggetto pronto a salvarla dalle grinfie della liquidazione e dal bail-in: è il polo trentino Cassa Centrale Banche (Ccb), frutto della riforma delle Bcc, nato ufficialmente il 1° gennaio di quest’anno. Del gruppo si è detto di tutto e di più nelle ultime settimane, almeno da quando il suo nome è stato associato a quello del possibile partner industriale dell’istituto ligure.
E invece ora, a 24 ore dalla scadenza del termine fissato dalla Bce al 25 luglio (domani) per salvare Carige, il piano che include Ccb è a rischio. Ed è a rischio proprio perchè alcune richieste che sono state avanzate da Cassa Centrale hanno fatto storcere il naso all’Fitd, il regista della presunta operazione di salvataggio.
“Irricevibile la proposta di Ccb”, così avrebbero risposto le banche italiane all’offerta delle Casse di Trento.
Tutto dipende da come il dossier si evolverà nelle prossime ore, visto che proprio oggi è prevista la riunione del cda del potenziale cavaliere bianco. Cavaliere bianco che avrebbe ridotto il suo impegno di equity da 70 a 65 milioni, (quando nei giorni scorsi erano trapelate indiscrezioni su un suo presunto impegno fino a 90 milioni di euro), mostrando contestualmente interesse al “bond subordinato T2 di Carige che vorrebbe sottoscrivere per 100 milioni”.
“Tuttavia – scrive il quotidiano finanziario in un articolo pubblicato oggi – tra le richieste di Ccb allo Schema del Fondo c’è quella di una call con una finestra molto lunga (a quattro anni) per rilevare la quota di capitale Carige in mano allo Schema e un forte sconto (del 90%) al momento del passaggio”. La proposta si è scontrata con la contrarietà delle banche dell’Fitd e, a questo punto, riportano “fonti finanziarie, dovrà essere migliorata”.
Le indiscrezioni sullo stop al piano a causa delle richieste di Ccb sono state riportate anche da La Repubblica:
“Tra le condizioni poste da Ccb c’è la richiesta di uno sconto del 90% sull’opzione call per rilevare le quote del Fitd e la possibilità di esercitarla a 4 anni, un lasso di tempo troppo lungo per il Fondo che vorrebbe uscire da Carige entro un anno, massimo un anno e mezzo. Con l’aggiunta che il Fitd dovrebbe farsi carico, nel frattempo, dei fabbisogni di capitale. Il Fondo farà sapere al cda di Cassa Centrale Banca, che si riunirà oggi, che le condizioni poste — tra cui figurano anche prerogative sulla governance e la richiesta di accollarsi rischi fiscali — non sono accettabili. Nel caso in cui la holding della Bcc, che vuole anche la garanzia di un accordo con i sindacati, non dovesse rivedere le sue posizioni, il Fitd, viene riferito, potrebbe procedere al salvataggio di Carige da solo”.
E quindi torna sotto i riflettori l’ipotesi che il Fondo si accolli tutta la parte equity del fabbisogno complessivo della patata bollente Carige. Fabbisogno complessivo di 900 milioni, di cui 700 milioni in equity e 200 in bond. Altre fonti hanno riportato negli ultimi giorni che il Fondo interbancario di tutela dei depositi potrebbe alla fine decidere di giocare da solo, e di accettare anche un esborso definito shock, pari a 300 milioni.
La Repubblica parla di un esborso di 200 milioni:
“Il traguardo pare comunque alla portata degli attori in scena, tenuto conto che Fitd, questa volta attraverso il suo braccio obbligatorio, sarebbe disponibile ad aggiungere altri 200 milioni. Ne resterebbero però altri 120 a disposizione per gli attuali azionisti di Carige, a cominciare dalla Malacalza Investimenti, oggi titolare del 27,7% del capitale. In teoria, la holding potrebbe anche limitarsi ad attendere l’assemblea e pronunciarsi sul piano in quell’occasione”.
Ieri è arrivato l’ok delle banche che fanno parte dello Schema volontario dell’Fitd alla conversione in azioni dei bond da 320 milioni di euro.
Altre indiscrezioni riportate da La Stampa parlano di un pressing su Cassa Centrale Banca da parte di Bankitalia: “dovrebbe versare 70 milioni per acquistare una quota iniziale del 9,9%, da incrementare in una seconda fase comprando le quote del Fitd. Su prezzi e tempi, tuttavia, le parti hanno debuttato su posizioni distanti. Oggi i fari sono su Trento, mentre a Genova resta silente il primo azionista di Carige, Malacalza Investimenti (27,6%)”.
Ma perchè la famiglia Malacalza continua a trincerarsi dietro un silenzio apparentemente ingiustificabile, visto che la stessa operazione di rafforzamento patrimoniale avrebbe bisogno di un suo via libera? In realtà il silenzio non sarebbe poi così sorprendente:
“Un silenzio apparentemente coerente con l’approccio della famiglia, che di solito si pronuncia all’ultimo momento dopo aver visto le carte in tavola – commenta a La Stampa una fonte vicina al dossier -. È possibile che le trattative siano ancora in fase preliminare, anche perché l’operazione non è ancora delineata”.
Sulla questione, il Sole 24 Ore riporta altri rumor, secondo cui l’ipotesi di Cassa Centrale Banca nel capitale di Carige non piacerebbe ai Malacalza.
“La famiglia Malacalza ha seri dubbi sul coinvolgimento di Cassa Centrale Banca nel salvataggio di Carige. L’indiscrezione, non confermata dalle fonti ufficiali, emerge dal tavolo del negoziato con il Fitd e le Autorità che ormai resta aperto praticamente in modalità no-stop fino a giovedì, quando il piano dovrà essere presentato alla Vigilanza Bce. Tra l’altro, i Malacalza tuttora continuerebbero a “far presente al tavolo delle trattative di sentirsi ingiustamente estromessi dal cda della banca dopo il commissariamento deciso a gennaio dalla Bce”. Tra tensioni e malumori, il tempo scorre veloce: senza un piano che sia capace di metterla in sicurezza, Banca Carige è destinata a diventare il primo caso di bail-in in Italia.