Notizie Notizie Italia Carige, di nuovo l’altra Mps italiana? Tra Fitd e Ccb è quasi rottura, banca tornerà preda in risiko banche? C’è chi fa nome UniCredit ma c’è anche opzione Bper

Carige, di nuovo l’altra Mps italiana? Tra Fitd e Ccb è quasi rottura, banca tornerà preda in risiko banche? C’è chi fa nome UniCredit ma c’è anche opzione Bper

15 Marzo 2021 12:26

Secondo le fonti più vicine al dossier Carige, la possibilità di un accordo tra i due principali azionisti per definire il futuro della banca genovesse sembra essere naugrafata del tutto.

Carige tornerà ben presto nell'arena M&A banche come preda? Si fa il nome di UniCredit ma rischio che offerta sia al ribasso
The logo of Italian bank Carige Italia is pictured atop a bank’s branch in downtown Rome on January 2, 2019. – The European Central Bank (ECB) on January 2, 219 appointed three temporary administrators and a three-member surveillance committee to take charge of Banca Carige and replace its Board of Directors. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP) (Photo by ALBERTO PIZZOLI/AFP via Getty Images)

Il primo azionista Fitd (Fondo interbancario di tutela dei depositi) non sarebbe infatti per nulla disposto ad accettare l’offerta del secondo azionista Cassa Centrale Banca di acquisire la sua partecipazione dell’80% al prezzo di 1 euro, rivendicando anche una dote da 500 milioni di euro (e replicando così il modello dell’acquisizione delle banche venete da parte di Intesa SanPaolo, che avvenne per l’appunto alla cifra simbolica di 1 euro).

Quella di oggi è una giornata cruciale per il destino dell’istituto ligure. Secondo rumors di mercato raccolti da Radiocor, proprio oggi lunedì 15 marzo si riunirà il consiglio di amministrazione di Cassa Centrale Banca, “che dovrebbe tirare le fila sull’esercizio dell’opzione per arrivare al controllo di Banca Carige”.

“Fonti a conoscenza del dossier specificano che, nel caso in cui il Fondo respingesse formalmente una offerta di Cassa Centrale, questo farebbe decadere l’opzione a favore del gruppo con base a Trento lasciando mani libere al Fondo per trattare una eventuale aggregazione di Carige con altri istituti“.

Praticamente, un no del Fondo all’offerta di 1 euro (dato quasi per sicuro), porterebbe Cassa Centrale Banca a rinunciare all’esercizio dell’opzione di acquisto della quota in mano all’Fitd, chempotrebbe di conseguenza lanciare ufficialmente Carige nell’arena delle prede del risiko bancario, decidendo magari di detenere la quota di maggioranza per “altri 6-8 mesi, in attesa di aggregarlo a uno dei nuovi poli attesi, come Agricole-CreVal o le fusioni che avranno quali protagonisti UniCredit, Mps, Banco BPM, Bper“.

“La trattativa fra i due azionisti il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e Ccb sembra naufragare- ha riportato anche il quotidiano La Repubblica in un articolo di ieri domenica 14 marzo -. Decisivi saranno i due cda convocati per domani – (oggi per chi legge, quello per l’appunto di Ccb) – e mercoledì (Fondo)”.

Carige si affianca a patata bollente Mps. UniCredit salvatrice di tutte?

Carige un grattacapo in stile Mps? Sicuramente, per il sistema bancario italiano, si tratta dell’ennesima patata bollente.

La Repubblica ha ricordato d’altronde nello stesso titolo dell’articolo che, dal 2013 a oggi, Carige è stata interessata da quattro aumenti di capitale, tre cambi di proprietà, 5 amministratori delegati, tre commissari.

L’ultimo bilancio ha messo inoltre in evidenza un bilancio con “una perdita maggiore di quanto previsto dal piano dei commissari (251 contro 85) imputabili però ad extracosti per la pandemia“.

Il Secolo XIX, sempre nel fine settimana, ha citato una fonte finanziaria secondo cui “la situazione in cui versa Carige ha dato argomentazioni valide a chi, dentro la holding trentina (Cassa centrale banca per l’appunto), ritiene che farsi carico della banca ligure non sarebbe un buon affare, oltre a snaturare l’approccio cooperativo del gruppo».

A sostegno della posizione di chi non vuole le nozze con Genova ci sarebbe «il contenzioso legale con l’ex azionista di maggioranza Malacalza, il cui costo cadrebbe interamente sulle spalle di Ccb visto che la banca non ha accantonato fondi a copertura; poi la perdita 2020 di 251 milioni maggiore del previsto e poi il Covid, che ha impattato su tutte le banche ma che in Carige rischia di tradursi nel fabbisogno di un nuovo aumento di capitale nel 2022″.

Sempre il quotidiano ligure riporta che “c’è chi dice che la politica e le autorità bancarie siano in pressing per convincere Cassa Centrale Banca ad assumersi gli impegni sottoscritti a suo tempo, ma tutti sanno che l’esercizio dell’opzione di acquisto non è obbligatorio, né allo sconto pattuito a suo tempo (47%) né a sconto maggiore”.

Di conseguenza, se Ccb dovesse decidere di non esercitare l’opzione, Banca Carige avrebbe biuogno di nuovo di un piano B, “che ad oggi non esiste – riflette una fonte interpellata sempre dal Secolo XIX- il solo gruppo che potrebbe avere un qualche interesse su Carige sarebbe Unicredit, ma il valore dell’offerta non cambierebbe molto”.

In tutto questo viene da chiederse se Piazza Gae Aulenti, vista dal Mef e sembrerebbe anche dal premier Mario Draghi come sposa di Mps, sia diventata una sorta di salva-banche.

Vale la pena di riflettere sulla nota firmata dagli analisti di Mediobanca Securities, che aveva riportato indiscrezioni secondo cui Bper, oltre a Banco BPM, avrebbero avuto due opzioni: Popolare di Sondrio o anche Carige, nel caso in cui, in quest’ultimo caso, recitava la nota, Cassa Centrale avesse deciso di non esercitare l’opzione call.