Capitali in fuga dalle banche più piccole dopo turbolenze nel settore. Ecco dove vanno
Marzo è stato uno dei mesi più difficili per le banche dalla crisi finanziaria del 2008. Il crollo delle americane Silicon Valley Bank, Signature Bank e della Silvergate Capital, oltre che le preoccupazioni in Europa su Credit Suisse e Deutsche Bank, hanno messo a più riprese in allerta i risparmiatori, che sono sempre più in cerca di alternative migliori e più sicure per i propri risparmi.
Salgono i tassi ma non i depositi
Le banche commerciali, nonostante l’aumento dei tassi di interesse principali da parte dei principali istituti bancari (5% per la Fed e 3,5% per la Bce), si continuano a dimostrare restie ad alzare i tassi sui depositi, che sono rimasti bassi e sostanzialmente invariati, non riuscendo così a tenere il passo con l’aumento generale dei costi.
Questa situazione sta diventando sempre più insostenibile, con i risparmiatori che stanno lentamente ripensando al ruolo che hanno le banche nel sistema finanziario e nell’economia, cercando di trovare altri posti dove parcheggiare i loro risparmi in modo da ottenere un tasso di interesse migliore di quello offerto sui tradizionali conti deposito.
La fuga dalle banche più piccole
Se fino a qualche mese fa stavamo già osservano una lenta fuga dai conti deposito, le recenti turbolenze sul comparto bancario hanno accelerato questo processo. Nelle ultime tre settimane, infatti, abbiamo avuto uno sprint in questa direzione, con i risparmiatori che spostano sempre più soldi verso alternative più redditizie.
Come è facile immaginare, questa situazione penalizza maggiormente le banche regionali, nettamente di più piccole dimensioni e quindi più sensibili rispetto alle loro controparti di maggiori dimensioni.
In tal senso, secondo i dati registrati dalla Federal Reserve, nella settimana che si è conclusa il 15 marzo, i depositi presso gli istituti di credito più piccoli sono crollati di $ 120 miliardi.
Questo a beneficio dei depositi verso le 25 maggiori banche che nello stesso periodo sono aumentati di quasi $ 67 miliardi.
Come si è arrivati a questa situazione?
Subito dopo la crisi finanziaria del 2008, la Fed ha tagliato i tassi di interesse inaugurando così un’era di tassi di interessi bassi. Questo ha permesso alle banche di prendere denaro in prestito a buon mercato e guadagnare dai prestiti pagando al tempo stesso tassi di interesse bassissimi ai depositanti. Ma adesso le cose stanno cambiano.
Nell’ultimo anno, sia la Fed che la Bce hanno alzato rapidamente i tassi di interesse nel tentativo di contenere il livello di inflazione, ma le banche sono ancora troppo lente ad alzare i tassi che offrono ai propri clienti e questo perchè hanno timore dell’impatto sui loro margini di profitto che verrebbero inevitabilmente ridotti.
“I depositi sono stati dati per scontati per molto, molto tempo a causa del contesto di tassi di interesse zero, ma ora lo scenario è completamente cambiato“, ha commentato Joseph Plevelich, analista presso Pekin Hardy Strauss Wealth Management.
Soldi verso i Fondi Comuni Monetari
In questo contesto, investimenti e prestiti a basso rendimento stanno lentamente trascinando verso il basso la redditività delle banche, nonostante diventi sempre più costoso prendere in prestito denaro per finanziare ulteriori prestiti. D’altra parte, i fondi del mercato monetario sono stati molto più agili nel trasmettere gli aumenti dei tassi delle banche centrali.
Proprio per questo motivo adesso, secondo quanto riporta Bloomberg, nell’ultimo mese si è registrato un record di $ 5,2 trilioni accumulati nei fondi comuni monetari (FCM) e alcuni analisti stimano che il flusso di denaro dalle banche ai fondi possa andare anche oltre raggiungendo un altro record.
In quest’ottica, ricordiamo che i fondi comuni monetari parcheggiano liquidità in strumenti a breve termine, come buoni del Tesoro e trasferiscono ciò che guadagnano agli investitori. Nonostante nell’ultima settimana sembra che siano rientrate le preoccupazioni per un effetto contagio tra le banche, gli investitori hanno continuato imperterriti a trasferire il proprio denaro nei fondi monetari, trasferendo nella settimana terminata il 29 marzo, circa 66 miliardi di dollari nei fondi monetari statunitensi, secondo l’Investment Company Institute.
Tutto questo non fa altro che alimentare i timori che una carenza di depositi lascerà gli Stati Uniti con un numero minore di banche comunitarie e regionali che hanno meno denaro da prestare e questo a sua volta potrebbe frenare la crescita e peggiorare la disuguaglianza.
In definitiva, le banche non vogliono ancora alzare i tassi sui depositi poiché soffrono ancora delle perdite dovute agli investimenti effettuati in attività a basso rendimento in un contesto in cui la Fed non aveva ancora iniziato a rivedere la propria politica monetaria alzando i tassi di interesse.
L’importanza delle banche regionali
Tuttavia, anche le banche più piccole svolgono un ruolo importante nell’economia. Da questo punto di vista, un rapporto della Federal Deposit Insurance indicava come sul finire del 2020, le banche più piccole detenevano il 36% dei prestiti alle piccole imprese, anche se rappresentavano solo il 15% dei prestiti totali all’interno del settore.
In tal senso, i prestiti bancari sono una fonte di finanziamento cruciale per le piccole imprese, che impiegano circa il 46% degli americani che lavorano nel settore privato e dal 1995 ad oggi hanno generato quasi i due terzi dei posti di lavoro, secondo la US Small Business Administration.
Ma “fino a quando le autorità di regolamentazione o il governo non diranno che tutti i depositi sono assicurati, l’assicurazione implicita non conta davvero“, ha affermato Joseph Mevorah, amministratore delegato di Empire Valuation Consultants, “nel corso dei prossimi mesi, assisteremo ad un costante deflusso dalle banche più piccole.”