Caos Tasi: ulteriore rinvio prima rata al 16 ottobre nei comuni ritardatari
Slitta ancora la scadenza della prima rata Tasi per i comuni ritardatari. Manca ancora l’ufficialità, ma l’Anci (associazione nazionale dei comuni italiani) ha fatto capire che c’è l’intesa di massima con il governo per uno slittamento della scadenza della prima rata al 16 ottobre, per i comuni ritardatari un mese in più rispetto a quanto annunciato lunedì. “Con il ministero dell’Economia si è convenuto che il pagamento della prima rata Tasi potrebbe slittare al 16 ottobre, solo per i cittadini di quei Comuni che non hanno deliberato le aliquote”. Lo ha annunciato il presidente dell’Anci e sindaco di Torino, Piero Fassino, intervistato da Radio24. Lunedì il governo aveva annunciato un primo rinvio al 16 settembre rispetto alla scadenza originale del 16 giugno per quei comuni che entro il 23 maggio non avranno deliberato circa l’aliquota da applicare. “Il 16 settembre – ha precisato Fassino – era troppo vicino e con le elezioni amministrative ed agosto di mezzo si sarebbe rischiata la confusione. Il 16 giugno, dunque, pagheranno i cittadini delle città che hanno fissato le aliquote, tra queste quasi tutti i grandi capoluoghi, ad ottobre sarà la volta degli altri Comuni“. Fassino ha ricordato che l’anticipo che lo Stato riconoscerà ai Comuni per il mancato introito dell’intero ammontare della Tasi non è una novità, è già accaduto in passato poiché “se un tributo previsto a norma di legge viene prorogato, si fa ricorso ad una anticipazione per evitare una crisi liquidità ai soggetti che questo tributo dovevano incassarlo”.
In merito alle polemiche sollevate dal Codacons che ha minacciato un ricorso per via del differimento dei pagamenti che sarebbe incostituzionale, il sindaco di Torino ha invitato al buonsenso: “Siamo un Paese ammalato di contenziosi e ricorsi, per una volta si faccia prevalere il buon senso”.
Tasi vs vecchia IMU
A preoccupare non poco gli italiani è il rischio che la Tasi si rilevi più onerosa della vecchia IMU prima casa. L’UIL ha calcolato che nei comuni che già hanno deliberato sulle aliquote da applicare emerge la chiara tendenza all’applicazione di aliquote ben al di sopra del minimo previsto, tra il 2,5 ed il 3,3 per mille; su 32 città capoluogo che hanno deliberato la Tasi, in ben 12 capoluoghi si verificherà un aggravio di imposta rispetto alla vecchia IMU sulla prima casa.
A preoccupare non poco gli italiani è il rischio che la Tasi si rilevi più onerosa della vecchia IMU prima casa. L’UIL ha calcolato che nei comuni che già hanno deliberato sulle aliquote da applicare emerge la chiara tendenza all’applicazione di aliquote ben al di sopra del minimo previsto, tra il 2,5 ed il 3,3 per mille; su 32 città capoluogo che hanno deliberato la Tasi, in ben 12 capoluoghi si verificherà un aggravio di imposta rispetto alla vecchia IMU sulla prima casa.
“Fanno testo le aliquote – ha rimarcato Fassino – quelle dell’Imu andavano da un minimo del 4 per mille per attestarsi in media intorno al 5/6. L’aliquota Tasi è del 2,5 per mille, aumentabile a discrezione del sindaco fino allo 0,8 per mille. Quindi la Tasi sarà massimo del 3,3 per mille”.
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Carico fiscale sulla casa schizza a 52 miliardi, Tasi costerà almeno 4 mld
Non solo Tasi. La giungla di imposte sul patrimonio immobiliare italiano è decisamente folta e quest’anno il carico fiscale sulla casa raggiungerà i 52,3 miliardi di euro secondo i calcoli dell’Ufficio studi della CGIA, in aumento di oltre 2,6 miliardi di euro (variazione pari al + 5,4%). Nel dettaglio si tratta di 9,3 miliardi di euro di gettito legati alla redditività degli immobili (Irpef, Ires, Registro e bollo, cedolare secca, etc.), 11,9 miliardi di euro riferiti al trasferimento degli immobili (Iva, imposta di registro/bollo, imposta ipotecaria/catastale, le successioni e le donazioni) e oltre 31 miliardi di euro riconducibili al possesso dell’immobile (Imu, imposta di scopo, Tari e Tasi). Nonostante la Tasi ci costi almeno 4,1 miliardi di euro, l’incremento del carico fiscale complessivo per l’anno in corso si riduce a poco più di 2,6 miliardi a seguito della soppressione della maggiorazione Tares, che ci consente di risparmiare 1 miliardo di euro, e ad un alleggerimento del peso dell’Imu pari a quasi 675 miliardi di euro.
Non solo Tasi. La giungla di imposte sul patrimonio immobiliare italiano è decisamente folta e quest’anno il carico fiscale sulla casa raggiungerà i 52,3 miliardi di euro secondo i calcoli dell’Ufficio studi della CGIA, in aumento di oltre 2,6 miliardi di euro (variazione pari al + 5,4%). Nel dettaglio si tratta di 9,3 miliardi di euro di gettito legati alla redditività degli immobili (Irpef, Ires, Registro e bollo, cedolare secca, etc.), 11,9 miliardi di euro riferiti al trasferimento degli immobili (Iva, imposta di registro/bollo, imposta ipotecaria/catastale, le successioni e le donazioni) e oltre 31 miliardi di euro riconducibili al possesso dell’immobile (Imu, imposta di scopo, Tari e Tasi). Nonostante la Tasi ci costi almeno 4,1 miliardi di euro, l’incremento del carico fiscale complessivo per l’anno in corso si riduce a poco più di 2,6 miliardi a seguito della soppressione della maggiorazione Tares, che ci consente di risparmiare 1 miliardo di euro, e ad un alleggerimento del peso dell’Imu pari a quasi 675 miliardi di euro.