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BTP Italia: governo Meloni verso l’attivismo fiscale

13 Febbraio 2023 12:47

BTP Italia e la chiamata alle armi ai cittadini da parte del governo Meloni

BTP Italia o BTP patriottico-autarchico in generale: il piano di Giorgia Meloni, volto a corteggiare gli investitori retail italiani affinché detengano una maggior quantità di titoli di stato made in Italy, rimane sotto i riflettori in attesa della prossima emissione del BTP Italia, annunciata nei giorni scorsi dal Tesoro.

Stando a quanto comunicato dal Mef (Ministero dell’economia e delle finanze), la nuova emissione del BTP Italia, il titolo di Stato indicizzato al tasso di inflazione nazionale pensato per il risparmiatore individuale, si terrà da lunedì 6 a giovedì 9 marzo 2023.

Come avviene di norma, il BTP Italia approderà sul mercato in due fasi:

“La prima fase si svolgerà da lunedì 6 a mercoledì 8 marzo, salvo chiusura anticipata, e sarà riservata esclusivamente ai risparmiatori individuali e affini (il cosiddetto mercato retail) dove verranno soddisfatte tutte le richieste pervenute; la seconda fase avrà luogo nella mattinata del giorno 9 marzo e sarà riservata solo agli investitori istituzionali”.

Tesoro: nuovo BTP Italia anti-inflazione. Il premio fedeltà

L’emissione sarà un importante test che metterà alla prova la partecipazione dei piccoli investitori al debito pubblico: proprio quanto auspicato da Giorgia Meloni, che ha manifestato in modo inequivocabile il  desiderio di far crescere la quota di BTP & Co nelle mani degli italiani.

Una maggiore partecipazione dei risparmiatori al debito viene considerata essenziale, in un momento in cui la Bce si appresta a lanciare (sempre a marzo) il QT-Quantitative Tightening, l’antitesi di quel bazooka QE-Quantitative easing che venne lanciato dalla Bce, ai tempi in cui presidente era Mario Draghi: un vero bazooka monetario, linfa vitale in tutti questi anni per i BTP italiani (e per tutti i bond sovrani dell’Eurozona).

Grazie al bazooka QE, la Bce è stata la principale acquirente netta dei nuovi titoli di Stato che Roma ha emesso per rifinanziare il proprio debito pubblico e per il finanziamento delle spese.

Ora l’Eurotower si appresta non solo a ritirare la stampella che ha retto i conti pubblici dell’Italia ma anche a ridurre la quantità dei BTP e di altri titoli di stato dell’area euro che hanno fatto gonfiare a dismisura il suo bilancio. E di BTP la Bce ne ha acquistati finora decisamente tanti.

Così scriveva alla fine di ottobre Robin Brooks, ex Goldman Sachs e responsabile economista dell’International Institute of Finance (IIF) @IIF:

“L’emissione netta di nuovo debito da parte dell’Italia è stata finanziata quasi interamente dalla Bce in sei dei sette anni compresi tra il 2015 e il 2021”.

Brooks definiva nel tweet la dipendenza di Roma da Francoforte, praticamente, “permanente”.

Con il piano BTP autarchico-sovranista-patriottico Giorgia Meloni & Co desiderano convogliare l’interesse degli investitori retail verso i nuovi titoli di Stato che saranno emessi dal Tesoro: che non saranno pochi, tutt’altro, vista la necessità di finanziare tutti quegli aiuti che sono stati erogati per blindare famiglie e imprese dal caro energia scatenato da diversi fattori, reopening dell’economia post Covid e guerra in Ucraina in primis.

Per il 2023 è prevista una valanga di emissioni: problema che non riguarda sicuramente soltanto l’Italia, visto che sono stati tutti i governi dell’area euro, bene o male, a ergersi a paladini dei cittadini contro il carobollette e la piaga dell’inflazione:

i loro interventi sono stati così tempestivi e massicci che la stessa Christine Lagarde, numero uno della Banca centrale europea, ha lanciato più di un avvertimento sul rischio che questi stimoli fiscali finiscano per fomentare ulteriormente l’inflazione, costringendo così la Bce a essere ancora più aggressiva sui tassi.

Governi, Schroders: cambio regime, torna attivismo fiscale

Ma ai governi ciò che sembra interessare ora è prendere le veci della Bce, ricorrendo a quello che gli analisti di Schroeders hanno definito un cambio di regime, unito al ritorno dell’attivismo fiscale.

Un attivismo strettamente collegato al populismo:

“Riteniamo che le banche centrali riusciranno a smorzare gli attuali livelli elevati di inflazione nel corso dei prossimi 12-18 mesi. Non prevediamo, tuttavia, il ritorno al periodo successivo alla grande crisi finanziaria (Global Financial Crisis (GFC -) quando le autorità monetarie fecero fatica a generare un’inflazione sufficiente a centrare i loro target. Quel periodo, bollato spesso come di ‘bassa inflazione’ sarà seguito, a nostro avviso, da una fase in cui l’inflazione sarà più alta e più volatile. Gli ostacoli che avevano pesato sui prezzi (impedendo loro di salire) si stanno infatti smorzando e l’economia sta entrando in un nuovo regime, caratterizzato da strozzature dal lato dell’offerta e da aumenti più frequenti dei prezzi”.

Questo cambiamento costringerà le banche centrali a focalizzarsi sulla battaglia contro l’inflazione, e a non poter più fare da assist alla crescita del Pil (e al balzo dei mercati), come avvenuto negli anni passati, con le loro iniezioni monstre di liquidità incentrate sui tassi a zero se non negativi e su vari bazooka in stile QE che, nel caso dell’Italia, sono stati un vero e proprio scudo anti-spread salva BTP.

Di conseguenza, il risultato secondo Schroders sarà l’affacciarsi di governi sempre più generosi, che si attiveranno per sfornare ricerche pro-crescita, varando stimoli fiscali via via più generosi, a dispetto dei debiti pubblici.

Il risultato – sottolineano da Schroders – è che l’equilibrio tra la politica monetaria e la politica fiscale cambierà. Le politiche monetarie ultra accomodanti del periodo successivo alla Grande crisi finanziaria, dove i bassi tassi di interesse avevano accompagnato l’austerità fiscale, saranno sostituite da un nuovo mix di politiche monetarie più restrittive e da politiche fiscali più espansive”.

Tornerà insomma protagonista “l’attivismo fiscale”.

Nel caso dell’Italia, le dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni hanno già decretato in modo praticamente ufficiale l’era di cui parlano gli esperti di Schroders, lanciando la chiamata alle armi agli italiani.

BTP Italia e BTP autarchico: il rapporto tra italiani e debito pubblico

La questione è stata affrontata anche in un articolo di Reuters, che riprende sia le dichiarazioni di Meloni che l’annuncio del Tesoro sul BTP Italia, che tornerà sui mercati all’inizio di marzo.

Il Tesoro – rimarca Reuters – ha riferito anche di star considerando altri strumenti dedicati ai risparmiatori, nell’ambito di una strategia che punta a far detenere una maggiore quota del debito pubblico enorme (dell’Italia) – in proporzione il secondo più alto dell’area euro – nelle mani degli italiani”.

Viene ricordato che, stando ai dati di Bankitalia, alla fine del 2022 i piccoli risparmiatori italiani detenevano il 9% circa del debito pubblico italiano.

Gli analisti interpellati da Reuters hanno commentato la questione che era stata definita già alla fine del 2022 come BTP autarchico o anche sovranista.

A loro avviso, l’intenzione del governo italiano sarebbe quella di sfruttare le condizioni al momento favorevoli di mercato in un contesto in cui sono tre i BTP Italia prossimi alla scadenza.

I tre BTP Italia scadranno per la precisione ad aprile, a maggio e a novembre, per un totale di quasi 25 miliardi di euro.

Scrive Reuters:

“L’importanza degli acquisti (di debito pubblico) da parte degli investitori retail è destinata a crescere in un momento in cui la Bce ritira il proprio sostegno”.

Il BTP Italia arriva tra l’altro in un momento in cui l’inflazione sta erodendo il valore dei risparmi degli italiani, che non sono sicuramente pochi:

Stando ai dati della Bce, i risparmi delle famiglie italiane parcheggiati in banca sono più alti rispetto ai risparmi di altri paesi dell’area euro”, ammontando “all’86% del Pil, rispetto al 74% della Francia e dell’81% di Germania e Spagna”.

Lo stesso Alvise Lennkh-Yunus di Scope Ratings ha ammesso che “la liquidità delle famiglie italiane offre al Tesoro il potenziale di veder crescere la base degli investitori (in BTP e debito pubblico) nel breve periodo“.

E gli italiani potrebbero voler decidere dal canto loro di affrettarsi a salvare il loro potere di acquisto dalla minaccia dell’inflazione, che ha fatto già danni, visto che, nel corso del 2022, per la prima volta dal 2017, il valore dei depositi è sceso.

Secondo la stessa Fabi, il sindacato dei bancari italiani, il carovita ha eroso i conti correnti delle famiglie italiane al punto tale che il saldo – per la prima volta dal 2017 – è sceso di quasi 20 miliardi nel 2022.

La sopravvivenza del risparmio al tempo d’oggi non è più una garanzia e a dimostrarlo sono i dati delle tasche degli italiani, alleggerite dalle ondate delle continue fiammate dei prezzi energetici e da un’inflazione generalizzata sempre più in risalita”, ha messo in guardia il sindacato.

Nel mese di gennaio, inoltre, se la crescita dell’inflazione dell’area euro misurata dall’indice dei prezzi al consumo è rallentata al ritmo del 9,5%, in Italia il rallentamento è stato meno evidente che in altri Paesi, con l’indice dei prezzi al consumo armonizzato Ipca che si è attestato al 10,9% il mese scorso.

Non solo: “Il valore reale dei depositi dei risparmiatori italiani ha subìto un declino molto maggiore di quelli spagnoli”.

E dunque? Posizionarsi sul BTP Italia potrebbe essere la soluzione migliore per salvare l’Italia dal baratro del debito pubblico e, contestualmente, salvare gli italiani dall’inflazione?

La Fabi ricorda che un aspetto che potrebbe spingere gli italiani a potenziare gli investimenti nel debito pubblico è, inoltre, che i depositi bancari risultano sempre meno attrattivi. Al rialzo dei tassi su mutui per le famiglie e prestiti per le imprese non è seguita una immediata remunerazione dei depositi bancari che, verosimilmente, si manterrà contenuta nei prossimi mesi”

Il tasso medio sulla raccolta bancaria era pari allo 0,50% a settembre 2022, in lieve aumento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, quando il tasso era pari allo 0,45%: in 12 mesi, dunque, una variazione positiva di appena 5 punti base. Nel periodo in esame, i tassi medi sui nuovi mutui, invece, sono passati dal 2,19% al 2,49% con una variazione positiva di 30 punti base”.

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Governo Meloni e la sindrome giapponese: attenti ai rischi

Ad affrontare la questione del BTP Italia che approderà sui mercati all’inizio di marzo e in generale del BTP autarchico o anche sovranista, è stato Ferruccio de Bortoli, con un articolo pubblicato sull’inserto L’Economia de Il Corriere della Sera:

“Più BTP agli italiani? La sindrome giapponese”.

de Bortoli ha lanciato un primo avvertimento sul BTP indicizzato all’inflazione:

“Attenzione, partendo dall’indice dei prezzi. Se questo cala o resta fermo, il BTP Italia non protegge dall’inflazione. Si comporta come un BTP tradizionale. Paga gli interessi nominali previsti e l’eventuale premio finale”.

Inoltre, facendo riferimento “all’italianizzazione di cui parla Meloni” con probabili “incentivi di natura fiscale”, de Bortoli ha lanciato un secondo avvertimento:

“Promettere di più potrebbe essere, in apparenza, una buona idea, ma darebbe al mercato un segnale distorto, un messaggio sostanzialmente negativo e un aumento di fatto del premio al rischio. In più per la normativa europea non si può distinguere tra residenti e non residenti. Attenzione a non agitare troppo, e inutilmente, la bandiera. L’investitore è apolide”.

E i mercati hanno già dimostrato di non amare troppo le tesi sovraniste.