Notizie Notizie Italia Bper-Pop Sondrio: incertezze sul piano M&A di Unipol, mentre esplode il caso della lettera di Paolo Savona. Renzi: lasci la Consob

Bper-Pop Sondrio: incertezze sul piano M&A di Unipol, mentre esplode il caso della lettera di Paolo Savona. Renzi: lasci la Consob

13 Ottobre 2021 12:29

Titolo Bper ancora sotto pressione nella giornata di oggi, sulla scia dei timori secondo cui la prospettiva di una operazione di M&A con la Banca Popolare di Sondrio si starebbe allontanando: è da mesi che il mercato guarda alla possibile fusione tra le due banche, orchestrata da Unipol, che è il maggiore azionista di entrambe.

Popolare di Sondrio è sotto i riflettori anche per le parole scritte dal numero uno della Consob, Paolo Savona, al Comitato per l’autonomia e l’indipendenza della banca, che gli aveva chiesto un parere sulla situazione dell’istituto.

Nella missiva, Savona ha parlato di “sintomi latenti di dittatura”, in un momento storico in cui le tensioni sociali legate alla gestione del Covid-19, nel caso particolare dell’Italia, sono sfociate in episodi di violenza inaudita (assalto di Forza Nuova e di movimenti no green pass alla sede della Cgil).

Tornando al dossier Bper-Pop Sondrio, certo, le dichiarazioni del nuovo ceo di Bper, Pietro Montani, non avevano certo visto la banca modenese scalpitare per un matrimonio: “A chi mi chiede se Bper farà parte del risiko, rispondo con chiarezza – aveva detto Montani subito dopo la sua nomina a capo dell’istituto -Bper resta impegnata a completare l’integrazione delle 620 filiali acquistate da Intesa SanPaolo e Ubi, questo processo andrà avanti per alcuni mesi, non è un gioco da ragazzi”.

Il neo AD aveva così rimandato al mittente le voci su eventuali nozze con BPM e/o Popolare di Sondrio.

Bper-Pop Sondrio: un altro matrimonio che non s’ha da fare?

Le speculazioni sulle nozze tra Bper e Popolare di Sondrio sono tornate a infiammarsi nelle ultime settimane, sulla scia dell’assist dato all’operazione di integrazione da parte di Unipol, azionista di maggioranza di Bper e della banca valtellinese. con due quote rispettivamente del 19% e del 9,5%. 

Ieri, l’articolo di La Repubblica firmato da Andrea Del Greco dal titolo “Le proposte di Cimbri per Bper-Pop Sondrio ancora senza risposta” parlava di fatto di un incontro tra Cimbri e il numero uno di Bps Alberto Pedranzini  avvenuto già verso la fine della primavera.

L’articolo stesso parlava tuttavia di una situazione che non si era ancora sbloccata: “Fonti del territorio riferiscono che il dialogo ha avuto da allora alcuni affinamenti, ma nessuna risposta o presa di posizione è arrivata. In teoria non ne servono, ma in pratica la frammentazione del capitale di Bps rende difficile mandare in porto un’offerta ostile sulla banca, anche dopo la conversione in spa che la riforma impone entro fine 2021″.

Lo scorso 21 settembre la situazione di Popolare di Sondrio si faceva inoltre ancora più complicata nel suo processo di trasformazione in società per azioni, con la nascita – così nella nota ufficiale – “su stimolo e iniziativa dell’economista Marco Vitale”, del “Comitato per sostenere l’autonomia e l’indipendenza della Popolare di Sondrio, che ancora non ha ceduto alla trasformazione in Spa, prevista entro la fine dell’anno, come richiesto dalla riforma delle Popolari del 2015″, firmata dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi.

I promotori ricordavano che Vitale ed altri soci della Popolare “hanno da sempre espresso la contrarietà al provvedimento dell’allora Governo Renzi, presentando ricorsi alla Corte costituzionale italiana, alla Corte di giustizia europea e al Consiglio di Stato, che hanno comunque confermato la costituzionalità e legalità del provvedimento, aprendo però alla possibilità di costituire una holding intermedia’. Di conseguenza Vitale, insieme a Stefano Zane, amministratore delegato della società di consulenza Vitale-Zane, ha non solo fondato il Comitato ma anche studiato e redatto il ‘Progetto per conciliare la trasformazione della banca Popolare di Sondrio in Spa con la difesa della sua autonomia, della sua struttura popolare, delle sue caratteristiche di banca profondamente legata al territorio della Valtellina e costituita da circa 160 mila soci’.

Progetto articolato in tre ipotesi:

“La prima e più morbida soluzione prevede solo interventi statutari, la seconda prevede un’azione attiva della banca e la creazione di una cooperativa in cui far confluire i 160mila soci, mentre la terza prevede un’azione attiva di un gruppo qualificato di soci della banca Popolare di Sondrio, anche in assenza di ogni iniziativa da parte della banca, per la costituzione di una newco cooperativa in cui far confluire le proprie quote”.

In quelle ore, insieme alla notizia della formazione del Comitato, si mettevano in evidenza anche le indiscrezioni di MF, secondo cui la banca stava valutando l’introduzione del voto maggiorato per dare maggior peso agli azionisti più stabili.

Oggi la Gazzetta di Modena è tornata sul dossier della fusione tra Bper e Pop Sondrio, in vista per l’appunto della trasformazione della banca in società per azioni e in una situazione in cui Carlo Cimbri, AD di Unipol, spinge per l’integrazione delle due banche, tanto da aver “proposto di insediare a Sondrio una futura direzione generale lombarda del polo unito, mantenendo al tempo stesso il Cda locale. Unipol –  ha riportato il quotidiano -vorrebbe fare diventare Sondrio la capitale del polo lombardo di Bper e garantire una governance relativamente autonoma alla futura spa bancaria, anche se per ora le proposte bolognesi non hanno convinto i dirigenti ancora in carica a Sondrio”.

La lettera esplosiva di Savona al Comitato per indipendenza di Pop Sondrio

E’ in questo contesto che è esploso il caso di Paolo Savona, presidente della Consob. L’ex ministro degli Affari esteri ha scritto una missiva, così come è stato riportato ieri dal quotidiano La Stampa, al Comitato per l’autonomia e l’indipendenza della Banca Popolare di Sondrio, che gli aveva chiesto un parere sulla situazione dell’istituto. Il messaggio di Savona avrebbe dovuto rimanere privato ma è stato pubblicato sul sito del Comitato creando subito non pochi malumori all’interno della Consob.

Immediata la reazione del leader di Italia Viva Matteo Renzi che ha chiesto subito le dimissioni di Savona dalla Consob. Ma veniamo a parte del testo della lettera di Savona, inviata a Vitale:

“Quando la qualità che tu invochi si disgiunge dalla quantità (il voto), la democrazia entra in crisi ed emergono i sintomi latenti della dittatura, come quella nella quale viviamo ai giorni nostri. Non credo di doverti spiegare il concetto”.

Savona ha definito l’iniziativa del comitato “perfettamente legittima” aggiungendo le seguenti parole:

“Temo che sarà il sasso nello stagno perché è la manifestazione del fatto, contro cui ci battiamo da decenni, che l’essere umano e le sue istituzioni intermedie (Tocqueville) sono sempre più preda degli organi collettivi della democrazia con conseguenze sui sistemi di libertà”.

Nell’intervista rilasciata al podcast di Repubblica Metropolis, Renzi ha così reagito:

“Il presidente di una autorità della Repubblica italiana, che non è la repubblica delle banane, non dice quelle cose. Dire quello che lui ha detto sulla dittatura, mi porta a chiedere le dimissioni di Savona dalla Consob. È folle. Deve andare a casa stasera. È una ferita per le istituzioni italiane“.

Un commento è stato rilasciato sul caso anche dal presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin:

“Tutti parlano di dittatura. Savona, il cui compito è difendere il mercato, in particolare lo dice per difendere il gruppo dirigente di una banca quotata che (dopo 6 anni di ricorsi falliti in Italia e in Europa) non si rassegna né al mercato né alla legge”.

Il diretto interessato, Paolo Savona, ha risposto alle polemiche con una nota:

“La lettera privata rientra in uno scambio di idee che da lungo tempo intrattengo con l’illustre studioso”, ha detto, riferendosi a Vitale, aggiungendo: “Si tratta di idee liberali che sorprendono solo chi libero non è”.

Paolo Savona: dalle posizioni anti-euro agli attacchi ripetuti contro l’Ue

Da segnalare le diverse ‘uscite’ dell’economista Paolo Savona, finito più volte nel mirino per le sue dichiarazioni non proprio ‘istituzionali’.

  • All’inizio del 2019, nelle vesti di ministro per gli Affari europei, e nel commentare il disastro Carige, parlò di  incompletezza dell’Unione monetaria ed economica europea’, citando lo stesso allora numero uno della Bce, oggi presidente del Consiglio Mario Draghi e sottolineando: “In linea generale non può esservi unione monetaria senza l’esistenza di un prestatore di ultima istanza (lender of last resort) e un fondo garanzia depositi. L’Unione monetaria e bancaria europea deve saper uscire da questa innata contraddizione organizzativa”Ancora prima, nelle vesti di economista, aveva definito “Maastricht una gabbia, e il pareggio di bilancio un mito europeo”.  “Il rischio di solvibilità del debito non esiste oggi e non esisteva neanche nei momenti più difficili degli anni ’70, quando l’inflazione era il 16% e o degli anni ’90 ai tempi delle manovre draconiane di Amato”.  Ancora: “se il rischio esiste, dipende da una mancata crescita che può essere aggravata da politiche deflazionistiche imposte dal mito europeo di pareggio del bilancio”.
  • Negli ultimi anni, dalla carica di ministro del governo M5S-Lega a quella attuale di presidente della Consob, Savona ha ripetuto di ritenere che l’euro sia indispensabile: “Se si desidera un mercato unico, bisogna avere un’unica moneta”.  Ancora: “l’euro ha non solo aspetti positivi, ma anche indispensabili”, aveva detto nel giugno del 2018.
  • Nel maggio del 2018, Paolo Savona si era confermato pomo della discordia tra la presidenza della Repubblica e l’alleanza giallo-verde che avrebbe dato vita al governo M5S-Lega, scatenando una rottura tra le controparti. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nello spiegare il motivo della rottura, aveva fatto riferimento proprio all’impossibilità che il Quirinale accettasse per il dicastero dell’Economia e delle Finanze un economista con una posizione anti euro. Mattarella aveva accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell’Economia. Ecco le motivazioni: “La designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari. Ho chiesto, per quel ministero, l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma. Un esponente che – al di là della stima e della considerazione per la persona – non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ambito dell’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano. A fronte di questa mia sollecitazione, ho registrato indisponibilità a ogni altra soluzione, e il Presidente del Consiglio incaricato ha rimesso il mandato”.  La rottura venne poi sanata riconoscendo a Savona la carica di ministro degli Affari europei, e attribuendo quella di ministro dell’Economia e delle Finanze a Giovanni Tria.
  • La sola ipotesi di Savona al Mef aveva creato non poche turbolenze al mercato dei BTP, che avevano pagato in quei giorni lo scenario di un ministro che si era detto non favorevole all’irreversibilità dell’euro.
  • Nel 2019, già presidente della Consob, Savona aveva criticato il Quantitative easing lanciato da Mario Draghi, in relazione all’acquisto dei titoli di stato tedeschi, facendo però anche una gaffe. Sempre in qualità di presidente della Consob, Paolo Savona ha bachettato altre volte l’Unione europea criticando tra le altre cose il bail-in una delle ‘decisioni come il bail-in hanno penalizzato il risparmio’.
  • Il 19 luglio del 2019 un’aspra critica era stata indirizzata alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: “Non deve dire che sta monitorando Italia’ su debito pubblico