Notizie Notizie Italia Black Box: E venne il giorno in cui Carlo Toto si mise a piantar paletti

Black Box: E venne il giorno in cui Carlo Toto si mise a piantar paletti

6 Luglio 2007 15:48

Chi si ricorda delle terribili e inaggirabili richieste inserite dal governo nella documentazione per la gara di privatizzazione di Alitalia? Limiti stringenti, di salvaguardia dell’occupazione, delle rotte, dell’italianità della compagnia. Limiti che avrebbero fatto scappare chiunque. E alcuni, in effetti sono scappati, come i russi di Aeroflot in compagnia di Unicredit. Altri sono tornati, ma osservano silenziosi, come il fondo Matlin Patterson. Tanto che lo stesso ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, si è convinto di poter contare su un solo reale concorrente. Il consorzio ApHolding capitanato dall’AirOne di Carlo Toto che vede come socio finanziario Intesa Sanpaolo.


“La gara prosegue anche con un solo concorrente” è stata la precisazione che il governo si è affrettato a rendere nota. Tanto più che la cordata in questione era stata indicata come la favorita fin dall’inizio. Tutto come previsto quindi? Quasi. Perchè a un certo punto, i paletti, ha cominciato a piantarli Carlo Toto, intorno al governo.


Forse ispirato dalla bonarietà del ministro dei Trasporti, che ha amesso la disponibilità a farsi carico del problema degli esuberi il patron di AirOne avrebbe stilato una lista di richieste al governo. Tra queste, come riportato dal quotidiano Il Giornale, la libertà di decidere sui licenziamenti e la richiesta di non avere penalizzazioni dall’Antitrust per la situazione di monopolio che si verrebbe a creare sulla lucrosa tratta Milano-Roma.


Ora, ammettiamo la possibilità che gli italiani vogliano farsi carico degli esuberi della compagnia aerea. Vivaddio, siamo quasi 60 milioni, anche fossero 10 o 20mila che volete che sia. E poi, queste forze in esubero potrebbero essere destinate ad altre mansioni. D’altronde se in Parlamento, per ridurre i costi del pasto dei parlamentari, gli addetti alla cucina del ristorante saranno destinati al ruolo di “assistente parlamentare”, sicuramente le risorse in uscita da Alitalia potrebbero essere girate a qualche Regione particolarmente bisognosa di guardie forestali. O li potrebbe assumere qualche Comune italiano come ausiliari della sosta. O potrebbero finire in uno di quei tanti enti inutili che caratterizzano la Penisola.


Dunque, ammessa questa possibilità e ipotizzando la disponibilità dell’Antitrust a voltarsi dall’altra parte, tuttavia ci sarà chi rimarrà con gli occhi ben puntati su un simile pastrocchio. Saranno le altre aerolinee. Forse che AirFrance, Lufthansa, British Airways, le low cost e via enumerando sarebbero disponibili a subire in silenzio che le casse dello Stato aiutino nuovamente Alitalia a salvarsi? E che dire del’Antitrust europeo. Perché, se anche in patria qualcuno fosse disponibile a chiudere un occhio, in Europa non vedono l’ora di arrivare alla resa dei conti. E i consumatori, le associazioni di consumatori? Rimarranno silenti di fronte alle carrettate di passeggeri trasportati a tariffe non proprio concorrenziali da Milano a Roma e viceversa?


D’altronde non è il caso di prendersela con il buon Carlo Toto per la lista di richieste presentata al governo. Il fatto è che in questa maniera il patron di AirOne ha messo in luce quali sono gli unici veri asset di valore di una compagnia aerea che vola in perdita. Le tratte in regime di quasi monopolio, i pregiati slot nei più importanti aeroporti italiani e in qualcuno all’estero e la speranza che la buona mano dello Stato protegga ancora dalla concorrenza una compagnia che altrimenti, il mercato, avrebbe già lasciato a terra.