Black Box – Se il rischio Cina è un dentifricio al sapore di antigelo
Shanghai e Shenzen hanno perso stamattina più di 5 punti percentuali. Normale volatilità da borsa emergente si potrebbe obiettare. E invece scorrendo a ritroso il grafico dello Shanghai Composite si scopre che nelle ultime 5 settimane l’indice ha lasciato sul terreno il 15% del suo valore.
Per alcuni la responsabilità sarebbe del continuo flusso di Ipo che starebbe risucchiando la liquidità dal mercato, per altri le valutazioni, con un p/e sopra 40, avrebbero raggiunto da tempo l’eccesso. All’orizzonte però c’è una minaccia al motore stesso dell’economia cinese: il commercio con l’estero.
Che all’inizio di luglio sia scattata l’eliminazione degli incentivi all’export da parte del governo di Pechino potrà non essere un problema per aziende che ormai non hanno più bisogno di queste misure per essere leader nel mondo. Che però inizino a filtrare i primi dubbi sulla qualità e soprattutto sulla salubrità delle merci cinesi potrebbe avere un impatto ben più distruttivo, almeno nel medio termine sulla domanda dei beni prodotti nel Paese.
Si è iniziato con il ritrovamento due settimane fa in alcuni grandi magazzini degli Stati Uniti di dentifricio marchiato Colgate dal carattere sospetto. La confezione riportava “Made in South Africa” (Colgate non ha impianti in Sud Africa che producano pasta dentifricia per il mercato statunitense) e diversi errori ortografici improbabili per qualsiasi americano. Il problema però è che successive analisi di laboratorio hanno dimostrato la tossicità di alcuni ingredienti utilizzati nel dentifricio, tra cui figuravano anche sostanze utilizzate per la preparazione di liquido antigelo. E’ poi seguito il caso di the Lipton contraffatto e altri ancora che hanno riguardato colossi alimentari come Unilever e Nestlè. Il Wall Street Journal ha addirittura scritto che circa un quinto dei prodotti cinesi venduti in America e analizzati non risponde agli standard qualitativi del Paese. E i rischi non finiscono qui. Basti pensare che tutti i 24 giocattoli richiamati per motivi di sicurezza negli Stati Uniti nell’ultimo anno erano provenienti dalla Cina.
Cosa succederebbe se le autorità occidentali stringessero ulteriormente le maglie dei controlli sulle merci importanti da oltre la Grande Muraglia e soprattutto se i consumatori europei o americani dovessero iniziare a prendere le contromisure? Finora le notizie sulle contraffazioni cinesi sono rimaste in una sorta di sottobosco, ma come hanno insegnato i casi della mucca pazza o dell’aviaria le manie alimentari collettive nascono e si sviluppano con velocità impressionante.
E la borsa cinese non potrà non risentire dell’impatto su aziende quotate che per la quasi totalità producono principalmente per i mercati esteri. Proprio i danni prodotti dalle paure sull’influenza aviaria che ha colpito la Cina a fine 2003 secondo alcuni osservatori sarebbero stati tra gli elementi alla base della sottoperformance della borsa cinese fino al 2005. Certo allora faceva paura il rischio di contagio della malattia, oggi invece l’epidemia potrebbe diffondersi dai prodotti alimentari fino a una diffidenza generalizzata sulle importazioni cinesi.