Per battere la crisi l’Ue rompe gli indugi. A Bruxelles pensano a rafforzare Fondo salva-Stati
“Rafforzare la capacità di prestito del Fondo salva-Stati, nato per soccorrere i Paesi della zona euro in difficoltà a causa della crisi dei debiti sovrani, e ampliare il suo raggio di azione”. A chiederlo per per la prima volta è il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, dalle colonne del Financial Times. Fino ad oggi la Commissione Ue aveva sempre smentito le voci su un possibile aumento delle risorse dello European financial stability facility (Efs), attualmente dotato di 440 miliadi di euro, già attivato alla fine del 2010 per aiutare l’Irlanda. “Dobbiamo assicurare che i meccanismi di sostegno finanziario messi in campo lo scorso maggio siano adeguati per raggiungere i loro obiettivi”, ha spiegato Rehn.
Un rafforzamento fortemente richiesto negli ultimi mesi dall’Fmi e dalla Bce, ma che finora ha incontrato alcune resistenze, soprattutto da parte della Germania. Tra le ipotesi circolate nelle ultime ore, non c’è solo l’incremento della dotazione del Fondo – l’Fmi aveva proposto un raddoppio a 880 miliardi di euro, impegnandosi a sua volta ad un raddoppio del suo contributo al meccanismo, attualmente di 250 miliardi – ma anche una modifica delle regole per permettere tassi di interesse più bassi sui prestiti concessi ai Paesi in difficoltà, ritenuti dai più troppo elevati. Per questo si starebbe pensando anche alla possibilità che l’Efs possa acquistare direttamente titoli pubblici sul mercato secondario, come avviene per la Bce. Secondo i bookmakers è molto probabile che la questione venga affrontata nel corso della riunione dell’Eurogruppo in programma lunedì sera, seguita martedì mattina da quella dell’Ecofin.
In una giornata dal sapore, fino al momento, euforico per i listini della Vecchio Europa, è solo questione di qualche ora. Questa mattina è atteso al varco dai mercati Lisbona. Il Tesoro portoghese emetterà bond a scadenza ottobre 2014 e giugno 2020 in un collocamento da 1,25 miliardi di euro che rappresenta l’ennesimo test per i fragili nervi degli investitori. Lisbona ha piazzato settimana scorsa un bond per 500 milioni di euro con scadenza a luglio offrendo un rendimento del 3,686% rispetto al 2,045% offerto nell’asta di settembre, ma solo l’anno scorso il governo lusitano sugli stessi titoli a sei mesi pagava appena lo 0,592% d’interesse.
Per gli analisti non ci sono dubbi sul fatto che il Paese sarà costretto prima o poi a chiedere un salvataggio alla comunità internazionale come hanno fatto Grecia e Irlanda perché i costi per finanziarsi sui mercati continueranno a salire e la situazione diventerà insostenibile per Lisbona. Negli ultimi quattro mesi il rendimento dei bond decennali portoghesi è salito dal 5,5% al 6,8%. Questa mattina si respira ottimismo nelle sale operative. “La crisi che brucia l’Europa probabilmente appiccherà di nuovo il fuoco e a bruciare sarà il Portogallo, che sarà messo nelle condizioni di chiedere aiuti al fondo dell’Unione europea/ Fondo monetario internazionale”, sostiene il capoeconomista di Commerzbank Bernd Meyer, secondo cui il primo cruciale test per gli emittenti della periferia del Vecchio Continente in queste due settimane verrà con molta probabilità superato ma le tensioni sono destinate a riproporsi più avanti.
Solo ad aprile, avverte Meyer, il rischio sul Portogallo tornerà alto. “Pensiamo che le implicazioni della crisi del debito sovrano resteranno ampiamente confinate al settore finanziario europeo”, osserva. “Solo se un paese di grandi dimensioni come la Spagna finisse sotto il fuoco, l’attuale meccanismo salva-Stati mostrerebbe i suoi limiti e l’effetto potrebbe diventare più pronunciato sulle asset class. In caso dell’ultimo set di gioco, l’Eurobond potrebbe diventare l’opzione nucleare”.