Bankitalia: quota forza lavoro inutilizzata supera il 10%. Sacconi: operazione scorretta
Il solo tasso di disoccupazione non dice tutto sul totale dei senza lavoro in Italia. Il sasso lanciato settimana scorsa da Bankitalia circa la situazione del mercato italiano del lavoro non ha mancato di accendere la polemica a distanza con il Governo. Palazzo Koch, che predica prudenza sulle prospettive per il Belpaese vedendo l’economia italiana crescere solo dello 0,7% quest’anno con dinamica dei consumi e degli investimenti privati ancora debole, rimarca come sui consumi incida negativamente la situazione del mercato del lavoro. Il calo del numero degli occupati si traduce in una caduta del reddito disponibile delle famiglie, mentre l’incertezza sulle prospettive tende a frenarne la propensione alla spesa. Lo scorso novembre il tasso di disoccupazione è salito all’8,3 per cento, 2,4 punti in più rispetto al minimo dell’aprile del 2007. “Per valutare compiutamente il grado di utilizzo della forza lavoro disponibile, tuttavia – rimarca il bollettino di Bankitalia – ai “disoccupati” vanno aggiunti i lavoratori in Cassa integrazione guadagni e le persone “scoraggiate”, ovvero coloro che non cercano attivamente un impiego e sono quindi esclusi dal conteggio ufficiale dei disoccupati, pur avendo una probabilità di trovarlo analoga a quella di questi ultimi”. Palazzo Koch stima che, in questo concetto ampio, nel secondo trimestre del 2009 la quota di forza lavoro inutilizzata sia risultata superiore al 10 per cento, quasi 3 punti percentuali in più del tasso di disoccupazione.
Osservazioni sul mercato del lavoro che non sono state ben accolte dal Governo. “Solo Cgil e il Servizio studi della Banca d’Italia, i disoccupati veri e propri con i cassintegrati, che sono e restano legati alle rispettive aziende da un rapporto di lavoro solo temporaneamente sospeso, e addirittura con i cosiddetti scoraggiati”, è stato il commento del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. “E’ un’operazione scientificamente scorretta – aggiunge la nota del ministro del Welfare – che nega l’effetto della politica di governo, concertata con le parti sociali, per cui in una crisi globale della domanda si è voluta conservare la base produttiva e occupazionale, attraverso la cassa integrazione e i contratti di solidarietà”.