Notizie Notizie Italia Banche italiane: Unicredit e Mps nel check up The Banker-FT

Banche italiane: Unicredit e Mps nel check up The Banker-FT

6 Luglio 2023 12:57

Banche italiane: la grande sorpresa incisa nell’acronimo PTP. Focus sul boom di UniCredit. Ma anche sul tasto dolente di Mps. La classifica Top 1000 World Banks di The Banker (FT).

Le banche italiane versano in buone condizioni di salute. A certificarlo è la classifica di “The Banker”, appena diffusa dalla pubblicazione mensile di finanza globale che fa capo al Financial Times.

“L’Italia, con 21 banche presenti, è in cima alla classifica in termini di crescita maggiore del PTP, con un aumento del 54,91%”, si legge nel report di The Banker, che fa riferimento, in particolare, al successo di UniCredit, nella lista “Top 1000 World Banks 2023”, che elenca le 1000 banche top del 2023.

La banca gestita dal ceo Andrea Orcel ha visto volare il parametro PTP, nel corso del 2022, di ben il 450,97%, al valore (in dollari) di $7,76 miliardi, riportando quello che è stato descritto come il migliore risultato in più di un decennio.

E questo risultato è stato raggiunto a dispetto dell’impatto negativo, calcolato in 234 milioni di dollari, della sua controllata in Russia, sull’utile netto dell’intero anno (2022).

La maggior parte delle banche italiane presenti nella classifica di quest’anno ha assistito, rileva The Banker, a una crescita del PTP.

Iccrea Bank ha visto il PTP balzare del 300%, a $2,15 miliardi.

MedioCredito Centrale è tornata a fare utili, mentre il tasto dolente del sistema bancario italiano (almeno per alcuni analisti, che hanno più di una riserva sul miglioramento delle condizioni in cui versa la banca senese), ovvero Mps, è passato dal fare utili a incassare una perdita.

Non per niente, Mps-Monte dei Paschi di Siena, la banca che vede come maggiore azionista il Mef, dunque lo Stato italiano, con una partecipazione del 64%, fa parte della sotto classifica di The Banker “Top 15 losses by bank”, che fa i nomi delle 15 banche che hanno riportato le perdite più alte.

Si ricorda che i dati a cui la rivista ha fatto riferimento sono quelli di fine 2022.

Banche italiane: bene anche il ROA: da Mediobanca a Illimity

Più in generale, molte sono state le banche italiane, che hanno assistito a una buona performance anche in termini di ROA (Return on Assets).

L’indice ROA di Iccrea Banca, Mediobanca, Banca IFIS, Fineco, Banca Generali e Illimity Bank è stato pari o superiore all’1%.

Per fare un paragone, tutte le banche spagnole hanno visto invece il loro ROA scendere al di sotto dell’1% nel corso del 2022.

Nella classifica Top 1000 World Banks 2023, stilata facendo riferimento ai risultati di bilancio delle banche relativi al 2022, The Banker ha fatto praticamente un check up delle banche di tutto il mondo, mettendo in evidenza, in primis, che il 2022 ha rappresentato un “punto di svolta per il settore bancario globale”.

Da notare le banche che svettano in cima alla classifica delle 1000 banche top del 2023:

le prime posizioni sono occupate tutte dalle banche cinesi: Industrial and Commercial Bank of China, China Construction Bank Corporation, Agricultural Bank of China, Bank of China.

Seguono le americane JPMorgan Chase, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo.

PTP bene in Italia, in calo nel mondo

“Le banche centrali hanno lanciato una politica monetaria restrittiva dopo un decennio di tassi di interesse bassi o anche negativi, in risposta a diversi shock, incluso il recupero della domanda aggregata dalla pandemia Covid-19, gli shock che hanno colpito le catene di offerta, la guerra in Ucraina e l’impennata dell’inflazione”, si legge nell’articolo della pubblicazione del Financial Times.

The Banker ha fatto notare che, di norma, “contesti caratterizzati da tassi di interesse più alti sono positivamente correlati alla redditività delle banche“.

E, di fatto, gli ultimi rialzi dei tassi hanno avuto un effetto positivo sulle banche, in particolar modo sul loro margine di interesse NII, net interest income.

Allo stesso tempo, “questi cambiamenti hanno anche presentato alcune sfide, visto che i flussi finanziari hanno inciso sui bilanci in modo diverso”.

Il risultato è che i parametri che misurano la solidità del settore bancario, come l’Aggregate Tier 1 capital e gli utili al lordo delle tasse (PTP) hanno segnato tutti un calo.

In questo contesto, spicca ancora di più l’incredibile boom che è stato incassato invece da UniCredit.

A livello globale, il PTP delle banche ha assistito infatti alla flessione più forte, pari a -6,46%, che lo ha portato a quota 1,346 trilioni di dollari.

Di seguito, il trend del Tier 1 degli ultimi anni.

Il ratio tra il valore aggregato di capitale e gli asset, che ha segnato un trend al rialzo stabile nel corso dell’ultimo decennio, si è attestato invece al 6,70%, rimanendo tuttavia al di sotto del precedente record del 6,75%, segnato nel 2019.

The Banker ha tuttavia precisato che, dal momento che tutti i parametri delle banche sono stati espressi in dollari, i dati comunicati dovrebbero essere analizzati tenendo conto del forte apprezzamento del biglietto verde nei confronti delle altre valute.

E’ stato ricordato che, nel 2022, il dollaro è salito del 12% nei confronti della sterlina, del 9% verso lo yuan cinese e del 7% sull’euro, sulla scia dei diversi rialzi dei tassi che sono stati varati dalla Federal Reserve, banca centrale americana guidata da Jerome Powell.

Per questo motivo, l’impatto del dollaro forte ha offuscato la continua crescita del settore bancario della Cina, che è avvenuta tuttavia a un ritmo più lento rispetto al trend degli ultimi anni.

In yuan, gli utili aggregati al lordo delle imposte delle banche cinesi presenti nella classifica di The Banker sono infatti saliti del 4,74%, e il Tier 1 dell’8,02%.

In termini di dollari, tuttavia, gli stessi parametri hanno assistito a cali rispettivamente del 4,5% e dell’1,29%.

Tornando al quadro generale delle banche di tutto il mondo, presentato da The Banker con la classifica , è stato sottolineato come, alla fine del 2022, la voce NII, ovvero del margine di interesse netto – la differenza tra gli utili che la banca incassa con la sua attività di erogazione dei prestiti e i tassi che paga ai suoi clienti – fosse già salita nel caso di diverse banche, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

E’ stata confermata anche la maggiore velocità con cui le banche hanno adeguato i tassi sui prestiti alle strette monetarie varate dalle banche centrali, rispetto al modo in cui è avvenuto l’adeguamento alle stesse dei tassi sui depositi: una questione che continua a essere sollevata più volte, come hanno mostrato i recenti fatti di cronaca, nel caso delle banche italiane, in un contesto in cui il governo Meloni sta chiedendo agli istituti di allungare anche le scadenze delle rate sui mutui.

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Ma banche rischiano erosione NII con costi raccolta più alti

Detto questo, le spese per interessi, che rappresentano i tassi di interesse che le banche pagano su ogni prestito contratto, con l’emissione di obbligazioni, così come con i debiti convertibili o l’utilizzo delle linee di credito, stanno salendo a un ritmo più veloce rispetto a quello della crescita dei margini di interesse (NII).

E questo significa che le banche stanno facendo fronte a costi della raccolta più alti su altri strumenti: un fattore, avverte The Banker, che rappresenta una “vulnerabilità potenziale, in quanto erode, nel lungo termine, il NII (margine di interesse) e la redditività complessiva“.

Certo: i margini di interesse delle banche sono sicuramente più alti e la loro incidenza sugli utili operativi totali degli istituti di credito è innegabilmente aumentata.

Ma la crescita non sarà infinita, tanto che The Banker ha avvertito che “i margini di interesse potrebbero essere colpiti in modo negativo anche dal calo dei depositi“.

“Per esempio – si legge nel rapporto – i depositi retail sono rimasti relativamente stabili nel 2022, mentre i depositi delle aziende si sono mostrati più sensibili all’aumento dei tassi di interesse”.

Praticamente, le aziende sono state più veloci a “trasferire i loro depositi dalle banche, alla ricerca di rendimenti più allettanti”.

Tutto questo significa che, “nel medio termine, le banche saranno costrette a finanziare i prestiti ricorrendo a strumenti finanziari più costosi”.

Riguardo al livello dei depositi, The Banker ha reso noto che le banche di Stati Uniti, Canada e Regno Unito hanno sofferto un calo, mentre quelle di Francia, Germania e Spagna hanno beneficiato di un aumento.

In ribasso anche i depositi delle banche cinesi, sebbene a un valore inferiore all’1%

In alcuni paesi, la flessione dei depositi è stata compensata da un aumento dell’emissione di strumenti finanziari, dunque obbligazioni, come di bond senior e bond subordinati.

Negli Stati Uniti, per esempio, i depositi sono scesi dell’1,61%, a fronte dell’emissione di debito subordinato in crescita dell’1,43%.