Notizie Notizie Mondo Banche centrali: è il turno di BoJ, Fed e BoE (ma non solo). Cosa aspettarsi?

Banche centrali: è il turno di BoJ, Fed e BoE (ma non solo). Cosa aspettarsi?

14 Marzo 2016 09:55
Dalla Banca centrale europea, l’attenzione degli operatori si sposta sulle altre banche centrali chiamate ad annunciare la loro politica monetaria nei prossimi giorni. Si inizierà domani con la Bank of Japan (BoJ), per poi proseguire mercoledì con la Federal Reserve (Fed), l’appuntamento sicuramente più atteso, per poi concludere la tripletta giovedì con la Bank of England (BoE). Il bazooka lanciato dalla Bce la scorsa settimana potrebbe spingere la BoJ e la BoE a scoprire anche il loro arsenale o il balzo dell’euro potrebbe fare da assist a un rialzo dei tassi da parte della Fed? 
BoJ: non sono escluse nuove misure, ma più probabile ad aprile
In un quadro economico non proprio brillante, la pressione sulla BoJ per nuove misure di  stimolo aumentano. La debolezza dei consumi, che ha causato un rallentamento nel quarto trimestre del 2015, sembra persistere anche nei primi mesi dell’anno. Tuttavia, la reazione del mercato alla decisione di introdurre tassi di deposito negativi nella riunione di gennaio non è stata positiva. Per questa ragione, la maggior parte degli analisti non si aspetta nessuna mossa da parte della BoJ. “Crediamo che un nuovo stimolo sia improbabile”, afferma James Smith, analista di ING, che esclude sia un ulteriore taglio dei tassi sia un ampliamento del piano di acquisto asset nella riunione di domani. “Molto probabilmente la BoJ aspetterà e vedrà come si evolve la situazione prima della riunione di aprile, quando rilascerà anche le nuove stime trimestrali (e storicamente aprile è il periodo in cui la BoJ ha preferito fare cambiamenti di politica monetaria) – spiega l’analista – Con le prospettive economiche incerte, vediamo più probabile un ulteriore allentamento nel mese di aprile”.
Fed: aumentano aspettative di un rialzo tassi a giugno
Le recenti buone indicazioni macro giunte dagli Usa e il rafforzamento dell’euro in scia alle  nuove misure della Bce potrebbero spingere la Fed a rialzare i tassi di interesse. Ma non subito, vale a dire non nella riunione del 16 marzo. La maggior parte degli analisti infatti si aspetta una conferma della politica monetaria attuale, considerati i continui rischi provenienti dai mercati emergenti, mentre un innalzamento del costo del denaro è previsto nel meeting di giugno al ritmo di 25 punti base. “Un interessante effetto collaterale – afferma Tanguy Le Saout di Pioneer Investments – è che l’apprezzamento dell’euro/deprezzamento del dollaro Usa rappresenta un allentamento delle condizioni finanziarie per gli Stati Uniti e potrebbe incoraggiare la Federal Reserve per aumentare i tassi di interesse nella riunione di giugno”. Più difficile invece che la Fed agisca già nella riunione del 16 marzo “perché un aumento a sorpresa potrebbe turbare i mercati e causare una notevole volatilità”.
Interessante sarà vedere anche nel comunicato se la banca centrale americana prende atto del recente aumento del deflatore PCE core (un indicatore dell’inflazione). “Se fosse davvero così, la probabilità implicita del mercato di un aumento dei tassi a giugno potrebbe anche superare l’attuale 50%”, sostiene Martin Van Vliet di ING Bank.
Si ricorda che mercoledì la Fed renderà note le sue nuove previsioni e terrà una conferenza stampa dopo aver rilasciato la dichiarazione di politica monetaria. 
BoE: tutto fermo, anche se il tono potrebbe essere più accomodante
Per quanto riguarda la Bank of England (BoE), gli analisti si aspettano che l’istituto guidato da boe, banche centraliMark Carney lasci invariato l’approccio di politica monetaria alla sua riunione di giovedì 17 marzo. Il tono della dichiarazione accompagnatoria e dei verbali potrebbe essere lievemente più accomodante rispetto alla riunione di febbraio, in linea con la recente comunicazione della BoE. Inoltre anche il report sul mercato del lavoro di gennaio, in uscita mercoledì (alla vigilia della riunione), sarà oggetto di grande interesse, con gli esperti che si aspettano un significativo rallentamento dei guadagni occupazionali rispetto a dicembre (+205.000), mentre la crescita salariale potrebbe non riaccelerare in maniera marcata, potenzialmente trattenuta da deboli guadagni sul piano della produttività, da un basso livello d’inflazione e da un turnover ridotto sul mercato del lavoro.
E poi, Banca svizzera e norvegese
Sempre giovedì è attesa anche la riunione della Banca Nazionale Svizzera (BNS) e della Norges Bank. Per quanto riguarda la prima, il consensus è per una conferma del tasso di deposito a -0,75%, dal momento che un ulteriore taglio dei tassi lo porterebbe in prossimità di quello che è considerato un “limite inferiore critico” per i tassi di interesse. 
Previste nuove azioni invece per la Norges Bank. “Sebbene i prezzi del petrolio abbiano registrato una sorta di bottom out dall’inizio del 2016, le prospettive generali per l’economia norvegese restano sotto tono con il settore manifatturiero che lotta per adattarsi alla nuova situazione – illustrano da Credit Suisse – La disoccupazione è in aumento a seguito delle capacità produttive inutilizzate e il sentiment continua a deteriorarsi, mentre la spesa per investimenti viene ridiretta verso settori più redditizi. Pertanto riteniamo che la banca centrale annuncerà un taglio del principale tasso di riferimento di 0,25 punti base allo 0,50% per dare sostegno all’economia nel prossimo futuro”. 
Nessuna mossa per le banche centrali dei mercati emergenti 
Questa settimana sono attese anche le decisioni sui tassi di interesse di Sud Africa e Messico, rispettivamente giovedì 17 marzo e venerdì 18 marzo. Nei tassi di riferimento non sono attese variazioni dopo che entrambe le banche centrali hanno alzato i tassi di interesse di 50 punti base negli ultimi meeting. 
Anche la Bank of Indonesia terrà la sua prossima riunione politica nella giornata di giovedì. In seguito a due tagli consecutivi di 0,25 punti base da inizio anno, gli analisti prevedono che la banca centrale resti ferma per ora. “Tuttavia – sostengono gli esperti di Credit Suisse – riteniamo che un ulteriore allentamento seguirà in una fase successiva nel 2016 a causa di un rallentamento dell’inflazione, di rischi al ribasso per la spesa di consumo e di aspettative attenuate relativamente ai rialzi della Fed nel 2016”.
Infine venerdì ci sarà la prossima decisione sul tasso di riferimento della Banca centrale della Russia (CBR). Con buona probabilità permarrà un orientamento all’allentamento, dato che i bassi prezzi del petrolio stanno tuttora danneggiando l’economia ma nessuna mossa è attesa fino al secondo semestre 2016.