Attesa per Jerome Powell a Jackson Hole. AIT: l’acronimo che potrebbe bloccare la Fed per 42 anni
Si fa un gran parlare negli States e in tutto il mondo, in questi giorni e in vista del simposio di Jackson Hole (Wyoming, USA), dell’AIT, ovvero dell’average inflation targeting, tradotto in italiano target sull’inflazione media.
I mercati sembrano convinti del fatto che, in occasione del discorso “Monetary Policy Framework Review” che terrà domani nell’aprire i lavori di Jackson Hole (la riunione sarà via webcast causa COVID-19), il numero uno della Federal Reserve Jerome Powell annuncerà per l’appunto l’AIT, ovvero il target medio di inflazione.
Altri strumenti di politica monetaria come l’utilizzo dei tassi di interesse negativi e il controllo della curva dei rendimenti dovrebbero invece rimanere almeno per il momento possibilità da valutare, magari, in futuro.
Già un articolo pubblicato sul sito della Cnbc ha profetizzato che domani Powell terrà un discorso che avrà “conseguenze profonde”, in quanto inaugurerà una nuova fase in cui cambierà il modo in cui la Fed vedrà l’inflazione. L’annuncio ipotizzato per la giornata di domani potrebbe dare il via a una nuova politica monetaria, che potrebbe diventare effettiva già in occasione del prossimo meeting del Fomc – il braccio di politica monetaria -, in calendario il prossimo 16 settembre.
Da segnalare a tal proposito che l’idea che sta dietro all’Average Inflation Targeting è la seguente: invece di avere come obiettivo quello di portare l’inflazione, nel medio periodo, al tasso target del 2%, adottando l’AIT la Fed punterebbe a portare la media dell’inflazione di un determinato periodo al tasso target.
Ciò significherebbe che, se l’inflazione rimanesse inchiodata al di sotto del tasso target per un periodo di tempo, la Fed lascerebbe intendere ai mercati di puntare in futuro a un’inflazione al di sopra del target, facendo avvicinare così l’ inflazione media al target stesso.
Non tutti sono certi, ovviamente, che l’annuncio ci sarà.
L’ultimo report di Bank of America sottolinea che, almeno in via formale, Powell non annuncerà l’adozione dell’AIT. Il motivo? Secondo le simulazioni condotte dal team dei tassi di BofA, se annunciasse il ricorso a questo strumento, la Federal Reserve dovrebbe scegliere anche “un periodo specifico di tempo in cui l’inflazione misura dal PCE index dovesse, in media, essere pari al 2%, prima di iniziare il processo di normalizzazione della politica monetaria (alzando i tassi)”.
E questo – si legge ancora nel report – sarebbe un problema, visto che dalle simulazioni condotte è emerso che ciò potrebbe richiedere alla Fed di lasciare i tassi invariati…per ben 42 anni (!).
“Se l’AIT fosse stato lanciato quando i tassi di interesse (Usa) oscillavano attorno allo zero alla fine del 2008, oggi il livello dei prezzi – assumendo che in quel periodo fosse stato pari a 100 – sarebbe pari a 117, rispetto a un livello target (presupponendo il target di inflazione del 2% su base annua) pari a 122. Ciò significherebbe che ci vorrebbero 42 anni per raggiungere il target dei prezzi se l’indice PCE core rimanesse al 2,1% su base annua, o appena 2 anni se il PCE core volasse al 4% su base annua”. (vedi grafico)
Si tratta di scenari estremi, che dimostrano però quali numerosi effetti potrebbero manifestarsi con l’adozione, da parte della Fed, dell’AIT. In conclusione, gli esperti temono che l’adozione dell’AIT potrebbe anche finire con il minare la credibilità della Fed, in quanto un eventuale lancio di questo strumento “solleverebbe questioni difficili sul periodo di tempo appropriato (che dovrebbe essere scelto dalla Fed) per calcolare i valori medi (dell’inflazione), e i tassi di inflazione massimi che la Fed tollererebbe in concomitanza con l’aumento dei tassi medi”.
Questo non vuol dire, precisa però il team di Bank of America, che Jerome Powell non affronterà domani il tema dell’inflazione. Tutt’altro: secondo gli analisti il banchiere centrale potrebbe parlare della necessità di superare il target di inflazione attualmente al 2%.
Ralph Axel di Bank of America precisa che, per esempio, la Fed potrebbe decidere di cambiare in via ufficiale il target di inflazione dal 2% attuale al range compreso tra l’1,5% e il 2,5%, oppure far capire che la Fed non avrebbe nulla in contrario a stimolare periodi in cui l’inflazione salisse anche di 50-100 punti base per raggiungere il target medio del 2% nel corso dei cicli economici”.
Per BofA sarebbe meglio per tutti se la banca centrale americana si limitasse ad aprire alla possibilità di un tasso di inflazione superiore al target di medio periodo del 2%.
Così facendo, Powell potrebbe contare, tra l’altro, sul sostegno di alcuni governatori e funzionari della Federal Reserve: a luglio, per esempio, la governatrice della Fed Lael Brainard ha detto che un “qualche modesto e temporaneo superamento (della soglia) aiuterebbe a compensare la precedente sottoperformance” (dei prezzi),.
Il presidente della Fed di Chicago Charles Evans è andato più in là, affermando chiaramente che la Fed non dovrebbe alzare i tassi fino a quando il tasso di inflazione non raggiungesse il 2,5%; il presidente della Fed di Dallas Robert Kaplan vorrebbe invece far salire l’inflazione al range compreso tra il 2,25% e il 2,3%. Anche il presidente della Fed di St Louis James Bullard ha confermato il suo appoggio a una Fed aperta all’opzione di superare la soglia del 2%.