Attenzione a debito mercati emergenti. Gestore ‘deride’ chi sta puntando qui
Aumenta il numero dei veterani di Wall Street che consigliano di ridurre l’esposizione al rischio, in particolare verso i mercati emergenti. Da Jeff Gundlach a Ray Dalio, i gestori dei fondi più seguiti al mondo stanno avvertendo che gli asset rischiosi sono ormai sopravvalutati. E, a essere monitorati, sono soprattutto i bond dei paesi emergenti che, soltanto per la terza volta nella storia, rendono meno dei titoli di debito Usa con rating “junk”.
Particolarmente inquietante è l’alert sul rischio in generale che è stato lanciato di recente da Dalio, fondatore di Bridgewater Associates che ha rivelato di star riducendo il rischio in modo “tattico”. Il motivo risiede nel successo che il populismo e i movimenti ad esso associati stanno raccogliendo in tutto il mondo. Un successo che continua ad aumentare e che sta aiutando a intensificare conflitti esistenti “al punto che combattere fino alla morte sta diventando più probabile dello scenario di riconciliazione”.
Il gestore miliardario di hedge fund raccomanda di puntare sull’oro per tutelarsi contro l’aumento dei rischi politici, e paragona le divergenze economiche e sociali attuali al 1937, due anni prima della Seconda Guerra Mondiale.
C’è poi Chase Muller, gestore di portafoglio presso One River Asset Management, che sottolinea come la società di gestione intraveda rischi soprattutto in Sud Africa, Brasile e Turchia, paesi in cui non sono stati avviati quei cambiamenti considerati cruciali per il miglioramento del potenziale di crescita.
Inoltre di recente, stando a un articolo pubblicato su Bloomberg, a lanciare un allarme sui mercati emergenti è stato, in un memo di ben 22 pagine, Howard Marks, co-presidente di Oaktree Capital Group, preoccupato per mercati che definisce, in generale, surriscaldati e rischiosi. E che ha fatto notare che, quando la fiducia degli investitori diminuisce, alcuni rischi tipici dei mercati emergenti come quelli di golpe, corruzione istituzionalizzata, svalutazioni e smobilizzo dei titoli di debito si manifestano a pieno.
Tanto che l’analista non ha remore a deridere quei trader che stanno acquistando bond argentini con scadenza a 100 anni, nonostante la storia dell’Argentina, paese che ha alle sue spalle una storia di default cronici.
Un alert sui bond argentini è arrivato agli inizi di agosto anche da Russ Mould che, in un articolo pubblicato sul Telegraph, ha avvertito:
“Auguro davvero in bocca al lupo a queste anime coraggiose che hanno fatto incetta a giugno dei bond argentini con una cedola che paga quasi l’8%, e anche a chi ha puntato sui bond greci a cinque anni che offrono una cedola iniziale del 4,625%. Certo, l’investimento appare buono, soprattutto se si considera che i bond UK a 10 anni rendono l’1,21% (..) Ma pensate ai rischi. L’economia greca è ancora in crisi e le sue finanze rimangono un disastro. L’Argentina ha fatto default sui suoi debiti cinque volte negli ultimi 100 anni, dunque la probabilità di nuove delusioni per i creditori è elevata nei prossimi 10 anni”.
Si sentono invece in trappola, probabilmente, gli investitori che hanno puntato sui bond venezuelani, dopo che la minaccia di mettere al bando il trading su di essi è diventata realtà. E tuttavia, riporta Bloomberg, la scorsa settimana diversi investitori hanno deciso di puntare proprio sulle obbligazioni del paese.
Il motivo è la caccia ai rendimenti: d’altronde, i titoli di debito venezuelani assicurano rendimenti che sono più alti rispetto ai Treasuries con stessa scadenza di quasi 29 punti percentuali, al massimo dalla serie storica che risale al 2006.
E ci sono potenze mondiali, del calibro di Russia e Cina, che starebbero estendendo i prestiti erogati a Caracas per evitare il default del paese.