Notizie Notizie Italia Allerta spread, S&P agita spettro elezioni anticipate in Italia. Da FT allarme banche

Allerta spread, S&P agita spettro elezioni anticipate in Italia. Da FT allarme banche

8 Maggio 2017 11:22

Nessun effetto Macron sui BTP italiani, che vengono presi di mira dai sell. Boom dello spread Italia-Germania a 10 anni fin dalle prime ore della sessione. Il differenziale tra i tassi balza di oltre il 3,5% e torna a superare la soglia di 180 punti base, con i tassi sui BTP decennali che salgono al 2,21% e quelli sui Bund tedeschi che scendono allo 0,4090% circa.

Certo, c’è da dire che il trend dell’azionario e delle borse, in generale, conferma che la vittoria di Macron è stata già scontata dai mercati finanziari. Detto questo, ora che il pericolo di Marine Le Pen e soprattutto dello scenario Frexit è stato ufficialmente scongiurato, i riflettori si spostano sull’Italia. In realtà, per essere precisi, si sono già spostati sull’Italia da settimane.

A tal proposito non aiuta affatto la nota diramata lo scorso venerdì da S&P che, nel ribadire il rating sul debito italiano a “BBB-“, con outlook stabile, ha ammesso di non escludere la possibilità di elezioni anticipate già nel secondo semestre del 2017. Aggiungendo chiaramente che “l’incertezza politica rappresentata dal risultato delle prossime elezioni potrebbe pesare sia sulla crescita economica che sulle condizioni finanziarie” del paese. 

Dunque? Dunque l’Italia e i suoi problemi tornano nel radar dei mercati. Di Italia ha parlato oggi anche Alex Weber, presidente di UBS, in un intervento all’International Institute of Finance di Tokyo, Giappone.

L’alto dirigente ha risposto in particolare alle domande sui maggiori rischi politici in Europa e, così come riportato dal Financial Times, le sue dichiarazioni hanno messo in guarda chi in queste ore sta brindando alla vittoria di Emmanuel Macron alle elezioni francesi. A suo avviso, infatti, l’Europa non è fuori pericolo, e non solo per la Brexit, che comunque “è una bomba ad orologeria”.

La realtà è che i rischi politici sono “davvero elevati”, con l’Italia che rappresenta un rischio per la stabilità del Continente. 

“C’è l’Italia, paese dove risulta molto incerta la possibilità che il centro riesca a resistere. E c’è ancora la Grecia. Dove si intravedono fattori positivi, ci sono anche rischi al ribasso che non sono ancora davvero scontati dai mercati, e che potrebbero far deragliare l’Europa“.

Sulla Brexit, fa notare, il percorso rimane accidentato: “Siamo al conto alla rovescia, che durerà due anni..e se il Regno Unito finirà con il lasciare il mercato unico ci potrebbe essere molta volatilità che potrebbe avere un impatto sull’economia globale”.

In più, sempre il Financial Times dedica oggi l’ennesimo articolo scettico sulle possibilità di ripresa dell’Italia: “Italy’s bad debt problem refuses to go away”, ovvero il problema dei crediti deteriorati dell’Italia si rifiuta di andare via”.

Il riferimento è all‘eterna spina nel fianco del sistema finanziario, ovvero a quegli NPL, non-performing loans, che soffocano i bilanci di diversi istituti di credito dell’Italia e di cui Roma non riesce a libersarsi, nonostante i suoi sforzi volti ad attrarre potenziali investitori interessati a questo carico di sofferenze.

“Una cartolarizzazione significativa degli Npl non è riuscita a materializzarsi e il problema dei crediti italiani sta a mala pena migliorando”, scrive l’FT. E’ vero che, stando a quanto risulta dall’agenzia di rating canadese DBRS, nel 2016 il totale dei crediti deteriorati delle principali banche italiane è sceso per la prima volta in otto anni. Detto questo, “la proporzione delle cosiddette sofferenze – che rappresentano la peggiore categoria degli NPL, in quanto in questo caso si tratta di crediti che le banche vantano verso clienti insolventi (crediti che le banche non rivedranno mai più) – ha segnato un lieve rialzo”.

Così Nicola de Caro, vice direttore generale presso DBRS:

“Gli stock degli NPL stanno scendendo…ma il secondo messaggio che ci arriva da questa analisi è il deterioramento della qualità del portafoglio“. Ovvero, ” ci sono ancora settori in cui i clienti fanno fatica”.

In più, aggiunge il Financial Times, “sebbene l’Italia sia cresciuta l’anno scorso dello 0,9%, riportando il ritmo di crescita più forte dal 2010, l’Fmi ritiene comunque che il suo Pil non tornerà ai livelli pre-crisi per almeno un altro decennio”. 

Visto che al momento non si sta assistendo ad alcuna vendita degli NPL, l’interrogativo è se le banche italiane, già messe sotto pressione dalla Bce affinchè facciano pulizia sui loro bilanci, abbiano bisogno di nuove iniezioni di capitali.

Per Barrington Pitt-Miller, analista di Janus Capitali, “gli istituti più forti sopravviveranno e riusciranno a raccogliere nuovi capitali, come UniCredit”. Ma “i deboli non ci riusciranno. Queste banche, semplicemente, non saranno in grado di tornare sul mercato, un mercato che ha tra l’altro raggiunto un punto di saturazione, a meno che non arrivino tassi di interesse più elevati”.

Insomma, ciò che i mercati continuano a catalogare come grande assente in Italia è il cambiamento. E intanto gli speculatori sono pronti ad agire.