Notizie Notizie Mondo A Wall Street i buyback azionari continuano, SocGen stima riacquisti $570 miliardi in 2020

A Wall Street i buyback azionari continuano, SocGen stima riacquisti $570 miliardi in 2020

14 Novembre 2019 13:17

Buyback azionari ovvero riacquisto di proprie azioni da parte delle società: un fenomeno che tra i critici più illustri annovera il candidato democratico alle presidenziali Usa Bernie Sanders e il ceo di BlackRock Larry Fink.  Due persone tra di loro tanto distanti, che sono contrari a questa pratica, ritenendo che possa deprimere gli investimenti e provocare disuguaglianze di reddito.

Ma, se non come negli ultimi anni, i buyback azionari continuano a confermarsi popolari a Wall Street.

Un report degli analisti della banca francese Société Générale stima che, nel corso del 2020, l’ammontare delle operazioni di buyback azionari delle società quotate sullo S&P 500 potrebbe aggirarsi attorno ai 570 miliardi di dollari: si tratta di una somma inferiore rispetto ai 670 miliardi stimati per il 2019 e i 748 miliardi del 2018. Ma si tratta comunque di un valore che supera il mezzo trilione di dollari.

La ricerca copre un arco temporale piuttosto lungo, rivelando che, a partire dal 2010, le società dello S&P 500 hanno riacquistato azioni per un valore pari al 22% della capitalizzazione dell’indice azionario.

Tornando a oggi, SocGen ha reso noto che, nel secondo trimestre dell’anno, il buyback yield si è attestato al 3,2%, superiore al 2,2% del dividend yield.

Il buyback yield è il rapporto tra i riacquisti delle azioni e il valore di mercato di una determinata società.

Ovvero, se una società ha proceduto al riacquisto di azioni per 50 milioni di dollari e la sua capitalizzazione di mercato è di 500 milioni, il buyback yield è pari al 10%.

Tra i motivi che hanno sostenuto la pratica dei buyback azionari c’è sicuramente il basso costo del debito ma anche la cosiddetta rivoluzione fiscale di Donald Trump lanciata nel 2017 con il forte taglio delle tasse: la mossa ha scatenato infatti un rimpatrio significativo, da parte delle aziende, della liquidità detenuta all’estero.

Numeri alla mano, dal passaggio del Tax Cuts and Jobs Act, le società americane non finanziarie hanno ridotto gli utili detenuti all’estero di 601 miliardi di dollari.

E’ possibile che questa fase di rimpatrio sia ormai terminata, il che significa che le operazioni di buyback azionario dovrebbero iniziare a diminuire. Tuttavia, secondo SocGen, rimarranno ancora di ammontare significativo:

“Crediamo che gli acquisti corporate rimarranno a un livello doppio rispetto alla media di lungo periodo, fattore che dovrebbe agire da cuscinetto per il trend dei corsi azionari nel nostro scenario di recessione moderata in Usa”, si legge nel rapporto .

Tra le società che hanno fatto ricorso ai buyback si mettono in evidenza Apple, Oracle, Qualcomm, Microsoft, Broadcom, Alphabet e Intel, dunque soprattutto i colossi hi-tech. Seguono, ma non molto distanti, i giganti finanziari come Wells Fargo, Bank of America, JP Morgan Chase e Citi.

La musica potrebbe tuttavia cambiare in caso di vittoria dei democratici alle elezioni presidenziali Usa del 2020.  Con un Congresso democratico e una Casa Bianca forse dello stesso segno, il ricorso ai buyback potrebbe essere disincentivato in vari modi. Ci sono proposte di tassarli come dividendi , altri chiedono che siano permessi solo a chi rispetta certi standard ESG (ambientali, sociali e di governance), altri ancora vogliono limitarne la quantità.