Notizie Notizie Mondo GAM: la Cina in transizione sta vivendo solo una crisi di fiducia

GAM: la Cina in transizione sta vivendo solo una crisi di fiducia

17 Febbraio 2016 11:44
“Faremo tutto quanto sarà necessario”. Ha rassicurato molto i mercati il discorso che il premier cinese Li Keqiang ha tenuto ieri davanti al Consiglio di Stato. “Dall’inizio dell’anno – ha detto il premier – l’economia mondiale, e soprattutto i mercati azionari, sono crollati, proponendo grandi sfide e creando incertezza per la nostra economia, sempre più integrata a livello mondiale. Ma la Cina gode di alcuni fattori domestici positivi, come un mercato del lavoro stabile e strumenti di intervento affidabili”. Strumenti che verranno utilizzati se sarà necessario. 
 
La regola dei circuiti breaker
Ma dopo il sell-off che ha investito la maggior parte degli asset rischiosi a gennaio bisogna confidare nella Cina e nelle sue capacità di stabilizzazione dell’economia mondiale? Secondo Gam sì, in quanto l’andamento del mercato asiatico, e cinese in particolare, è dovuto in sostanza a una crisi di fiducia a causa dei dubbi legati alle recenti decisioni politiche riferite a due tematiche. “La prima – spiega Michael Lai, direttore investimenti per l’Asia di GAM – è il timing poco appropriato dell’introduzione dei circuiti breaker. Il provvedimento, nato con l’obiettivo di ridurre la volatilità, ne ha, al contrario, generato un livello più alto dato che i volumi del mercato sono dominati dagli investitori retail che rappresentano circa l’80% del volume complessivo”. La regola dei circuiti breaker è stata rapidamente abbandonata lo scorso 8 gennaio, quando i policy makers si sono resi conto che il provvedimento contribuiva a incrementare la volatilità. “Riteniamo si tratti di un intervento positivo per permettere al mercato di ritrovare il suo equilibrio naturale“, dice Lai.
 
Svalutazione non pericolosa
Il secondo tema si riferisce alla rinnovata debolezza del renminbi a partire da dicembre, in seguito al cambiamento inaspettato della politica governativa sulla valuta, che ha contribuito a incrementare il livello di preoccupazione sul fatto che la Cina facesse ricorso alla svalutazione per accelerare la sua economia, incrementando di conseguenza le pressioni svalutative globali della Banca Centrale del Giappone e della Bce. “Gli Stati Uniti – spiega Lai – hanno appena iniziato il loro percorso di revisione al rialzo dei tassi d’interesse e quindi la loro policy, diversa da tutte le altre aree geografiche, porta con sé il rafforzamento del biglietto verde e i deflussi di capitali dagli Emergenti. E’ quindi inevitabile assistere a qualche forma di debolezza da parte della valuta cinese“. Inoltre, ricorda Lai, il renminbi si è apprezzato in maniera significativa a partire dal 2005, passando da un cambio RMB/USD pari a 8,3 nel giugno 2005, a un livello di 6,05 nel primo trimestre 2014, fino a toccare quota 6.576 lo scorso 29 gennaio. “E’ fisiologico attendersi qualche inversione di tendenza alla luce della forza del dollaro – dice Lai – Va notato poi che, dall’inizio dell’anno, il renminbi si è deprezzato solo dell’1,3%, ma la reazione dei mercati azionari a gennaio è stata molto accentuata“.
 
Occasioni di ingresso
Una reazione esagerata dovuta a una comunicazione insufficiente, piuttosto che a un peggioramento dei fondamentali. “Le autorità stanno proseguendo su una linea sottile cercando di fornire sufficiente stimolo tramite le politiche monetarie e fiscali per attutire il rallentamento della crescita, ma sono allo stesso tempo limitati dal debito e dai parametri monetari – spiega Lai – Inoltre, su larga scala, il governo vuole continuare con le riforme strutturali per passare da una economia basata sugli investimenti e sull’export a un modello basato sul consumo e sui servizi“. Nel complesso l’analista di Gam si dichiara positivo, poiché la trasformazione verso un’economia basata sui servizi si sta effettivamente concretizzando. Anche se si tratta di un’economia a due velocità, visto che le aree ancora interessate dalla vecchia economia restano, e con esse l’eccesso di capacità produttiva e di rallentamento della domanda strutturale. Quanto alla volatilità valutaria, riflette in larga parte sia la scarsa attitudine del governo nel gestire comunicazioni sensibili (cioè nello spostarsi da un indice legato esclusivamente al dollaro a un paniere ponderato rispetto a diverse valute), sia un rafforzamento favorevole del biglietto verde. “Le valutazioni sono ancora una volta nella parte più bassa del range storico di scambio e per un investitore di lungo periodo rappresentano un interessante punto di ingresso“, conclude Lai.