BCE: il Quantitative Easing potrebbe non essere il rimedio più efficace contro la deflazione (analisti)
Dopo aver deluso gli investitori nel corso del meeting di dicembre, quando l’Eurotower si è limitata ad abbassare il tasso sui depositi e ad estendere di sei mesi la durata del programma di acquisto titoli (Quantitative Easing, QE), nella riunione in calendario il 10 marzo Mario Draghi potrebbe annunciare nuovi interventi, tra cui un ulteriore taglio al tasso sui depositi e l’aumento degli acquisti mensili dagli attuali 60 a 80 miliardi di euro. Il nemico è rappresentato dalla “lowflation”, da una crescita dei prezzi di poco superiore allo zero (l’indice dei prezzi al consumo di Eurolandia a gennaio è passato dallo 0,2% allo 0,4% preliminare).
La “lowflation” è un fenomeno globale che non può essere affrontato solamente da una banca centrale regionale, per quanto potente possa essere. È questa la posizione di Yves Longchamp, Head of Research di Ethenea Independent Investors (Schweiz) che nella sua ultima analisi dei mercati definisce “velleitaria” la pretesa della BCE di combattere il rischio di deflazione con il continuo allentamento monetario e paragona Draghi a Don Chisciotte.
“L’eroe del romanzo di Cervantes, a cavallo del suo sfinito destriero Ronzinante, attaccava i mulini a vento scambiandoli per feroci giganti: Mario Draghi, dal canto suo, usa un Quantitative Easing ormai esausto per combattere la feroce minaccia della deflazione”, riporta la nota. “Ancora più preoccupante per noi è il ruolo di Sancho Panza, il leale scudiero di Don Chisciotte, nel quale vediamo analogie con il ruolo dei mercati”, un servitore “pienamente consapevole che il suo signore ha una percezione distorta del mondo, ma che lo segue comunque”.
Gli attuali prezzi del petrolio sono correlati con le aspettative d’inflazione a 5 anni sia negli Stati Uniti che in Europa. “Questo solleva due domande pressanti: è realistico che il prezzo odierno di un barile di petrolio, il cui livello nessuno aveva previsto, possa essere un indicatore predittivo dell’inflazione tra 5 anni? E la BCE è realmente in grado di spingere i prezzi del petrolio in una direzione o nell’altra con un’espansione del quantitative easing o un ulteriore taglio dei tassi in territorio negativo, di modo che il tasso d’inflazione aumenti e le aspettative d’inflazione smettano di diminuire? La risposta in entrambi i casi è chiaramente no”, rileva Longchamp.
L’incremento dell’allentamento monetario presenta però altri fattori positivi: “contribuisce senz’altro a mantenere artificialmente contenuto il valore della moneta unica, ad aiutare i governi a rinnovare il proprio debito e a finanziare riforme strutturali a condizioni convenienti, nonché a fornire credito a basso costo all’economia europea”. “Si tratta di fatto di una politica monetaria favorevole alla crescita e non vincolata da un’elevata inflazione”.