Notizie Notizie Italia Fincantieri, vince lo stop di Macron. Cantieri STX, fifty-fifty tra Italia e Francia

Fincantieri, vince lo stop di Macron. Cantieri STX, fifty-fifty tra Italia e Francia

20 Luglio 2017 11:44

Un azionariato, quello di Fincantieri, diviso a metà tra gli italiani e francesi. E, dunque, una presenza di Fincantieri nei cantieri STX decisamente più defilata. La nuova Francia del presidente Emmanuel Macron vuole tutelare il più possibile i propri gioielli, a fronte di un’Italia, invece, che da anni è costretta a svendere i suoi.

Le indiscrezioni sull’obiettivo di Macron di far scendere la partecipazione di Fincantieri in STX dal 66% acquisito al 50% sono state riportate nelle ultime ore dal quotidiano francese Le Figaro.

Il nuovo assetto dei cantieri dovrebbe essere concordato in via telefonica attraverso un colloquio tra il premier Paolo Gentiloni e il presidente francese. Per ora, in via ufficiale, ha parlato il ministro francese delle finanze  Bruno Le Maire.

“Gli investitori italiani sono benvenuti”, ha detto, aggiungendo che un accordo è previsto per “i prossimi giorni”. Il titolo Fincantieri scatta in Borsa con +3%, sulla scia anche di altre indiscrezioni sull’accelerazione per l’integrazione tra il gruppo triestino e Naval Group (ex Dcns). In ogni caso, se è vero che la soluzione – politica c- della vicenda è vicina, il mercato apprezza la fine delle incertezze sul dossier.

A metà maggio, era stato lo stesso Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico del governo Gentiloni, a brindare alla notizia della firma apposta sull’accordo con cui Fincantieri aveva rilevato il 66,66% di STX France dall’azionista STX Europe.

Calenda aveva parlato “di una grande operazione di politica industriale europea”, che avrebbe dato vita “ad un campione globale del settore della navalmeccanica e della cantieristica”.

In base ai termini dell’accordo, la nuova proprietà sarebbe stata ripartita in questo modo: il 48% a Fincantieri, circa l’8% a fondazione Cassa di Risparmio di  Trieste e il resto del capitale suddiviso tra lo Stato francese (33%) e la società pubblica francese Dcns.

Dopo pochi giorni, Macron ha iniziato a storcere pubblicamente il naso, parlando della necessità di tutelare i posti di lavoro e della “sovranità dell’azienda” e brandendo a mo’ di arma il  diritto di prelazione dello Stato (in poche parole, minacciando di nazionalizzare i cantieri e di portare tutto sotto il controllo della Francia).

Il caso era scoppiato in Italia ma anche all’estero e nelle critiche contro la mossa francese era comparsa anche la parola “protezionismo”, in un mondo già attanagliato da mesi dalla paura della nuova politica “America First” inaugurata dal presidente americano Donald Trump.

“In Francia, l’istinto del governo e dei politici rimane quello di sostenere il settore domestico, e non credo che il nuovo presidente sia immune a quell’istinto o che sia del tutto diverso dai suoi predecessori”, aveva avvertito Guntram Wolff, direttore del think tank di Bruxelles Bruegel.

E tra l’altro era stato lo stesso Macron, nelle vesti di ministro dell’economia della squadra di Francois Hollande, a dire, nel febbraio del 2016:

“Alcuni miei predecessori ritengono che lo Stato non abbia alcun ruolo (…) Ma a mio avviso il governo dovrebbe agire come uno stratega”.

A questo punto, secondo altri rumor, la quota dello Stato francese detenuta nei cantieri STX, pari al 33% attraverso la CDP, sarebbe destinata a crescere. La presenza francese sarebbe garantita inoltre da un altro azionista di rilievo, per l’appunto il colosso della Difesa Naval Group.

La quota di Fincantieri nei cantieri di Saint Nazaire scenderebbe dal 66% attuale al 50%. A essere sacrificata, sarebbe la quota della Fondazione Cassa di Risparmio di  Trieste.

All’inizio dell’anno, dalla banca dati Zephyr di Bureau Van Dijk è emerso che l’Italia è tornata a fare shopping all’estero, ma ha messo in evidenza anche la profonda scollatura tra le quote del made in Italy che la Francia acquista, e gli acquisti italiani all’estero.

L’analisi ha messo in evidenza infatti che la Francia da sola spende in Italia quanto tutta l’Italia fuori, visto che nel 2016 ha  investito più di 9 miliardi per acquistare nuovo Made in Italy.

Una cifra praticamente uguale a quei 9,4 miliardi di euro che l’Italia intera ha speso, sempre nel 2016, per acquistare società e/o partecipazioni straniere.