Notizie Notizie Mondo Amazon accerchiata, Trump cavalca rabbia commercianti: “posti di lavoro persi a causa sua”

Amazon accerchiata, Trump cavalca rabbia commercianti: “posti di lavoro persi a causa sua”

16 Agosto 2017 15:27

Stavolta la furia di Donald Trump si abbatte su Amazon, il colosso retail online ritenuto già responsabile da diversi politici e dirigenti americani della grave crisi che ha investito il settore delle vendite al dettaglio. Trump attacca il gigante che, con le sue strategie di vendita è riuscito a strappare quote di mercato ai suoi concorrenti, costretti in molti casi a chiudere letteralmente bottega e a ricorrere al Chapter 11. E lo fa con un tweet:

“Amazon sta provocando danni molto gravi alle società retail che pagano le tasse. Ovunque in America interi villaggi, città e stati stanno soffrendo, e molti posti di lavoro stanno scomparendo!”

L’attacco segue l’allarme che i vari commercianti americani lanciano ormai con cadenza quasi quotidiana su un mercato che sta vivendo una trasformazione epocale, rivolto sempre più consumatori che non si scomodano più, e che fanno shopping a ritmo di click. 

L’ultimo lamento è arrivato ieri da Ed Stack, amministratore delegato e azionista di maggioranza di Dick’s Sporting Goods, azienda fondata da suo padre nel 1948, grazie a un prestito di 300 dollari arrivato da sua nonna. Quando Ed e i suoi fratelli rilevarono l’azienda dal padre, i punti vendita erano appena due, situati nell’area Upstate di New York.

A seguito della diffusione di un bilancio decisamente deludente e alla decisione dell’azienda di rivedere al ribasso – pesantemente – il proprio outlook -, Stack ha detto chiaro e tondo che “il settore retail è nel panico”.

“Ci sono diverse persone in questo momento, tra i commercianti e in questa industria, che sono nel panico. Il contesto è difficile. Credo che la gente – non sto speculando su quello che pensano – vada nel panico quando si tratta di come prezzare i loro prodotti”.

In questo modo, “continueremo a fare promozioni di volta in volta e diventeremo, andando avanti, irrazionali”.

Il dirigente ha utilizzato la parola panico quattro volte nel corso della conference call con cui ha commentato il bilancio dell’azienda, e ha descritto la situazione attuale anche con l’espressione “tempesta perfetta”:

“Credo che al momento, nel settore retail, ci sia una tempesta perfetta e che il commercio di articoli sportivi si trovi proprio nell’occhio del ciclone. Ci saranno ulteriori consolidamenti. Stiamo assistendo in questi giorni alla chiusura di Gander Mountain e aspettiamo di vedere quello che accadrà in altri casi”.

Toni allarmanti, accompagnati dalla caccia al colpevole, che viene individuato subito: Amazon.

Il pessimismo di Stack deriva, nel caso specifico, dalla partnership siglata recentemente tra Amazon e Nike. I rapporti tra Dick e Nike non sono terminati, ma il Ceo ha più di un motivo per preoccuparsi:

“Vedremo come andranno le cose. Sono stati trasparenti a informarci su questo test, che sospetto andrà bene.  Nike deciderà  il da farsi e come gestire l’equilibrio del mercato. I nostri rapporti con Nike sono stati sempre molto buoni e continuano a esserlo tuttora. Continuiamo a lavorare con loro sui punti vendita, sui nostri reparti di footwear e prodotti esclusivi. Sono tra i nostri fornitori strategici e abbiamo un ottimo rapporto”.

Il declino – se non fine per le società che non riescono a stare al passo con i tempi – del retail tradizionale continua. Proprio oggi un altro pilastro del settore in Usa, Target, ha reso noto il proprio bilancio.

In realtà, le cose sono andate bene nel secondo trimestre, tanto che il gruppo ha rivisto al rialzo l’outlook per l’utile per azione del 2017. Ma quel tracollo del titolo del 25% da inizio anno pesa come un macigno e ha tutte le sembianze di un monito.

Così come il forte calo dell’ETF che replica i titoli del settore,  l’SPDR S&P Retail ETF, scivolato del 12% nel 2017, rispetto al +10% dello S&P 500.

Ma al di là della performance, Amazon è diventata un vero e proprio caso. Il successo che ha tra i consumatori di tutto il mondo mette in allarme non solo la politica ma le stesse associazioni che difendono i diritti dei consumatori.  E nel mirino c’è sia la sua espansione a macchia d’olio che il sospetto che in alcuni casi abbia anche fatto sconti ingannevoli ai clienti.