Notizie Notizie Italia Spread, ministro Tria: “mercati non temono contratto governo ma incertezze. Non c’è fuga da BTP”

Spread, ministro Tria: “mercati non temono contratto governo ma incertezze. Non c’è fuga da BTP”

8 Agosto 2018 09:15

“A spaventare mercati e investitori non è il programma di governo, ma l’incertezza sulle prospettive, e traccheggiare aumenta le incognite, certo non le riduce. Su riforma fiscale e reddito di cittadinanza bisogna partire davvero”. Così il ministro dell’economia Giovanni Tria, in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, in cui pone l’accento anche sull’importanza di rilanciare in Italia gli investimenti pubblici. A suo avviso sono “decisivi” per rassicurare i mercati e per la crescita dell’economia.

“Per far ripartire l’economia bisogna guardare alla massa di opere e investimenti pubblici diffusi sul territorio”, con un ruolo attivo di alcune grandi aziende pilastri della finanza italiana, come Eni e Enel.

Le due società vengono citate espressamente dal ministro:

“Sulle opere più grandi bisogna poi costruire un ruolo più attivo delle grandi aziende a partecipazione pubblica come Enel, Eni e Ferrovie, e di Cassa depositi e prestiti”.

E’ proprio Giovanni Tria, che spesso viene considerato in questo governo il componente più rigido e più ligio a fare i compiti sul debito pubblico assegnati da Bruxelles, ad assicurare che il contratto di governo, quello che ha fatto alzare le antenne agli investitori di tutto il mondo, e che continua a farlo, sarà rispettato.

Questo, dopo settimane in cui i timori dei mercati sul rischio che alla fine ci potesse essere uno strappo finale tra Tria e il ministro dell’Interno Matteo Salvini hanno affossato i titoli di stato italiani, attaccati dalle vendite. C’è stato anche qualcuno che, oltre a paventare le dimissioni di Tria, ha lanciato l’alert anche sulla minaccia di elezioni anticipate.

Tra l’altro è sempre Tria a non mostrarsi particolarmente preoccupato per la dinamica dello spread.

A suo avviso, le tensioni che si affacciano ormai con puntualità sui mercati (quasi), ogni volta che qualche esponente dell’esecutivo rilancia la necessità di procedere subito a flat tax e reddito di cittadinanza, ma anche allo smantellamento della riforma Fornero – a discapito della necessità ordinata dall’Unione europea di imbrigliare il debito pubblico – non sono legate al contratto di governo, quanto alle incognite su quanto questa squadra messa in piedi dai partiti di maggioranza M5S e Lega riuscirà a fare. E comunque, per ora non c’è nessuna fuga dai titoli di stato italiani:

“Lo spread è influenzato da vari fattori. Il primo è il rallentamento dell’economia. Una maggiore incertezza sul futuro allarga i differenziali perchè spinge gli investitori su titoli più sicuri. Non mi risulta però che ora ci sia una fuga dai titoli italiani. Ci sono piuttosto operazioni sui futures e cds e ad agosto, quando i mercati sono più sottili, bastano anche piccoli movimenti per dare fluttuazioni di prezzo”.

E sulla linea ufficiale del governo, nessun dubbio sulla volontà di rimanere nell’area euro.

Tra l’altro, “la fama che circonda alcune persone è spesso distante dalla realtà: il ministro Savona, per esempio, sul rispetto dei vincoli di finanza pubblica è ancora più rigido di me. Il problema non è questo: per aumentare la fiducia dei mercati bisogna dimostrare di saper crescere“.

Di qui, la leva degli investimenti pubblici, che rende “fondamentale il tema delle coperture, e una strategia che attui il programma di governo dentro vincoli di finanza pubblica“.

Spread giù dopo parole ministro. Oggi nuovo vertice manovra

Sarà stato forse questo impegno -ribadito – di Tria ad agire dentro i vincoli di finanza pubblica a non provocare nessuno scossone sullo spread, che conferma il trend di inizio settimana contraendosi ulteriormente e viaggiando attorno alla soglia di 245 punti base, proprio nel giorno del nuovo vertice del governo sulla legge di bilancio.

A proposito del primo, che si è tenuto lo scorso venerdì e in attesa del quale la tensione dei mercati è stata evidente, con lo spread schizzato fino a 270 punti circa e i tassi decennali volati oltre la soglia del 3%, il ministro Tria fa notare che “basta la cronaca del primo vertice per smentire le ricostruzioni che raccontano di tensioni sui vincoli di finanza pubblica. Per due terzi del tempo si è parlato di investimenti pubblici, delle riforme che servono per la crescita, e per l’altro terzo si è ragionato sulle ipotesi del quadro programmatico da presentare a settembre. Alla fine sono stato io a rassicurare i colleghi sul fatto che l’avvio delle misure principali del contratto di governo è compatibile con i vincoli di finanza pubblica, e non viceversa. E oggi l’incontro sarà allargato ad altri ministri per avere una condivisione più ampia”.

Sulle misure specifiche della manovra, sì alla flat tax, dunque.

“Con ‘avvio’ della Flat Tax, prima di tutto, va inteso un percorso progressivo di convergenza verso l’obiettivo indicato dal programma di governo. Su quest’ultimo aspetto, l’aumento delle soglie per il regime forfettario è sicuramente un passo possibile, che produce anche un rilevante effetto di semplificazione degli adempiamenti a carico delle attività economiche più piccole. Ma stiamo lavorando intensamente anche sulle simulazioni degli interventi possibili per le persone fisiche, sempre nell’ottica di convergere progressivamente verso l’obiettivo finale”.

Alla domanda se sia stata ipotizzata anche la riduzione da cinque a tre delle aliquote Irpef, Tria ha rivelato che si tratta di “una delle molte simulazioni che abbiamo effettuato in queste settimane, lavorando anche su ipotesi non solo di riduzione del numero di aliquote ma anche del loro livello“.

Ma le coperture della riforma fiscale che il governo M5S-Lega si appresta a varare? Arriveranno con un “riordino profondo delle tax expenditures, che finora non si è fatto perchè è realizzabile solo se accompagnato da una riduzione delle aliquote generali. In questo senso bisogna applicare una versione adattata all’ottimo paretiano, in cui nessuno perde e qualcuno guadagna in un’ottica pluriennale”.

E, alla domanda se in discussione entri anche il bonus Renzi da 80 euro, Tria risponde: “Non c’è dubbio, anche per ragioni di riordino tecnico. Per com’è stato costruito, il bonus da 80 euro crea complicazioni infinite, a partire da molti contribuenti che l’anno dopo scoprono di aver perso o acquisito il diritto per cambi anche modesti di reddito”.

Sul reddito di cittadinanza, “in ogni caso, ingloberà l’attuale reddito di inclusione ma anche altri meccanismi di sostegno alle fasce deboli che sarebbero assorbiti dal meccanismo universale. E anche in questo caso parliamo di un’attuazione progressiva, sviluppata con gli spazi di finanza pubblica che man mano si rendono disponibili. Con la Commissione europea, poi, stiamo continuando a lavorare perchè sia possibile finanziare i costi dei miglioramenti amministrativi, cioè la riforma dei centri per l’impiego, con le risorse del Fondo sociale europeo“.

Infine, alla domanda se sulle pensioni si può aspettare – d’altronde nel comunicato di venerdì scorso, quando c’è stato il primo vertice del governo sulla legge di bilancio per il 2019, non erano citate né previdenza né legge Fornero – Tria risponde:

“No, la mancata citazione non significa l’abbandono del dossier. Stiamo studiando anche gli interventi previdenziali, con il vincolo che non incidano in modo troppo pesante sulla curva della spesa a medio termine”.

Tutto questo in uno scenario di crescita economica meno roseo di quello presentato dal Def:

“Le valutazioni attuali portano a stimare una crescita dell’1,2% quest’anno, contro l’1,5% scritto nel Def, e intorno all’1-1.1% l’anno prossimo, con un rallentamento che si sta verificando in tutti i grandi paesi Ue. Già questo rallentamento porterebbe il deficit tendenziale del 2019 all’1,2%, e a settembre si capirà il livello dei rendimenti su cui basare le previsioni definitive. A questo si aggiungono i 12,4 miliardi necessari a fermare le clausole di salvaguardia sull’Iva. Stiamo però dialogando con la commissione Ue per evitare una correzione che sarebbe troppo pro-ciclica, cioè che favorirebbe il rallentamento dell’economia”.