Big tech e buyback season

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I riflettori sono puntati sulle Big Tech. I prossimi a pubblicare i conti sono Apple e Meta. Il mercato è appeso alle attese, ma quello che sta per arrivare non sarà una semplice lettura di EPS e ricavi. Sarà un test di intenzioni. Perché le Big Tech, questa volta, potrebbero deludere volontariamente.
Il contesto macro è il migliore alibi possibile: tassi ancora alti, margini sotto pressione, export penalizzato, domanda frammentata, geopolitica, dazi. Un terreno perfetto per smussare i numeri, senza perdere la faccia: “È colpa del contesto”. Eppure, per chi sa leggere tra le righe, potrebbe essere molto di più.
Quando una mega-cap ha già perso il 20–30% YTD, può fare due cose:
- sorprendere e spingere il rimbalzo
- deludere di proposito per abbassare l’asticella e rilanciare più avanti.
Ed è proprio questo il punto: alcune aziende non deluderanno per necessità, ma per strategia.
Perché deludere oggi — in un contesto difensivo — è più utile che battere di qualche centesimo un consenso già rivisto al ribasso.
È una scelta. Una costruzione narrativa.
Nel frattempo, teniamolo a mente: questa più che una stagione degli utili, è una stagione dei buyback.
• Alphabet l’ha appena fatto: 70 miliardi di buyback annunciati.
• Microsoft ha un piano da 60 miliardi ma lo sta eseguendo a rilento.
• Apple e Meta, invece, sono già in trincea.
Alphabet non l’ha deciso per coprire un buco, ma per affermare un messaggio: “Il capitale ce l’abbiamo, il timing pure”. Quando il titolo ha già perso il 20% dai massimi, un buyback non è una mossa accessoria. È una scommessa diretta sul valore intrinseco.
E, se fatta nel momento giusto, è una mossa che cambia il profilo finanziario di breve, medio e lungo termine. Il mercato lo sa, e ti premia (il titolo in after hours è salito del +6%).
Spieghiamo meglio il perché con un esempio.
Immaginiamo una big tech che passa da una capitalizzazione di 2.000 a 1.000 miliardi di dollari nel giro di pochi mesi. Chiaramente stiamo estremizzando, è una discesa dolorosa ma nemmeno tanto inverosimile, vista la correzione recente. Se dispone di 70 miliardi di liquidità per riacquisti, oggi può comprare il doppio delle azioni rispetto a sei mesi fa, rendendo l’operazione di oggi molto più redditizia rispetto a quando si navigava a multpli da minibolla. In termini pratici, è un’operazione che assomiglia a un arbitraggio interno, sfruttando la svalutazione di mercato per massimizzare l’efficienza del capitale.
Il punto centrale è che, riducendo il numero di azioni in circolazione (perché ne compra 70 miliardi di dollari), l’utile per azione (EPS) può crescere anche in presenza di un utile netto in calo!
Sembra assurdo vero? Ma funziona proprio così. Ecco il perché: l’EPS si calcola come
EPS = utile netto / numero di azioni in circolazione
e se la nostra big tech effettua buyback e acquista le proprie azioni sul mercato, non fa altro che ridurre il numero di azioni in circolazione e quindi anche il denominatore dell’EPS: il rapporto migliora automaticamente. Semplice no? Alcuni la chiamano addirittura ingegneria finanziaria!
Non serve prendere debito, non serve aumentare i prezzi. Serve solo decisione.
E se il buyback arriva dopo un ribasso massiccio, l’effetto è amplificato: sul capitale, sul titolo e sulla narrativa.
Non è un’operazione d’immagine. È una strategia attiva di controllo del capitale. È il modo in cui un management prende in mano la narrativa quando il mercato l’ha persa.
Per questo la domanda vera, ora che arrivano i conti di Apple e Meta, non è se batteranno le stime.
La domanda vera è: annunceranno un buyback? Lo estenderanno? Lo useranno tutto?
Ha senso. È logica. Perché quando il contesto macro si deteriora e la liquidità si seleziona, le big tech non hanno molte leve: margini e capitale. E il buyback è lo strumento perfetto per gestire entrambi.
Ma attenzione: non tutti i buyback sono uguali.
Quelli che contano davvero sono quelli annunciati quando le azioni vengono scaricate a man bassa, non quando tutto va a gonfie vele. È qui che si costruisce il vero alfa.
Chi compra oggi, quando il sentiment è depresso, sta investendo nel proprio capitale quando nessuno vuole farlo. È il corrispettivo della citazione del barone Rothschild “compra quando c’è sangue per le strade”.
E nel 2025, di sangue tech ne abbiamo visto parecchio.
Il dilemma, quindi, non è nei conti. Ma come vengono letti.
Chi si ferma agli EPS, si perde la vera narrativa.
Le aziende non stanno raccontando cosa è successo.
Stanno costruendo — in silenzio — il prossimo movimento.
E in un mercato che vive di aspettative, il vantaggio non è sapere cosa accadrà, ma scegliere quando farlo accadere.