Wall Street, il mercato toro compie otto anni. Altro che bolla: strategist ottimisti
Questa settimana il mercato toro di Wall Street compie otto anni. E c’è chi, come Oppenheimer, che continua a credere che non sia finita qui, nonostante gli alert che puntualmente arrivano da diversi analisti. Così John Stoltzfus, responsabile strategist investimenti di Oppenheimer, ha scritto in una nota inviata ai clienti:
“Se la tradizione fosse quella di dare un soprannome ai mercati toro, quello attuale potrebbe essere definito in modo appropriato ‘Rodney Dangerfield, I don’t get no respect’, riferendosi alla celebre frase del comico americano”. Secondo lo strategist, in un contesto caratterizzato dal “miglioramento dei fondamentali economici e dal probabile miglioramento del trend del giro d’affari e degli utili delle aziende, previsto per quest’anno, il mercato toro tanto poco amato e disdegnato potrebbe avere ulteriori margini di rialzo anche rispetto a quanto i suoi sostenitori prevedono”.
Dello stesso avviso è Sam Stovall, strategist responsabile degli investimenti di CFRA, che ritiene che il mercato toro continuerà ancora per un altro anno:
“I mercati toro non muoiono di vecchiaia, muoiono di spavento. E quello che temono di più è la recessione. Noi riteniamo che il mercato abbia una buona chance di celebrare il suo nono compleanno. Allo stesso tempo, crediamo che, sebbene la traiettoria si confermerà rialzista, l’intensità dei guadagni si ridurrà nel corso dei prossimi 12 mesi”.
I numeri della performance degli indici azionari Usa sono da capogiro, come fa notare il banchiere e investment manager Richard Harris, fondatore della società di consulenza per gli investimenti Port Shelter Investment Management: il Dow Jones Industrial Average è in rialzo di quasi +200% dai minimi testati nel febbraio del 2009. Un rally che ha portato il listino a salire da 7.000 punti a 21.000 punti di oggi. E un rally che – stando almeno alla storia, che non è detto che si ripeta – starebbe anche accelerando il passo, a dispetto di quanto stima lo strategist Stovall.
Ci sono volute quasi 100 settimane per permettere al Dow Jones di salire da 18.000 a 19.000 punti; ce ne sono volute 10 per raggiungere la soglia di 20.000 punti; e appena quattro per testare il record assoluto attorno ai 21.000 punti. Dal momento in cui è riuscito a sfondare al rialzo la soglia di 14.000 nel febbraio del 2013, l’indice è salito di 1000 punti raggiungendo nuovi livelli psicologici ogni sei mesi circa, in media.
Harris motiva il suo ottimismo sul mercato toro, facendo riferimento a un indicatore verso cui ha una particolare predilezione: il PE, ovvero il ratio tra il valore di mercato per azione e l’utile per azione.
A suo avviso, il miglioramento che si registra oggi sul PE è il “CAPE”, ovvero il ratio price-to-earnings aggiustato tenendo conto del ciclo economico in corso.
L’esperto fa notare in realtà che “anche il CAPE mostra che i mercati, alle valutazioni attuali, sono costosi, in prossimità di un ratio pari a 29”. Ma il valore, fa poi notare, “è ben al di sotto del territorio da bolla, che si attesta tra 40 e 50 punti. Dunque, “c’è ancora molto spazio per continuare a crescere”