Wall Street: 31 anni fa il Black Monday. I prossimi crash secondo paper professore Harvard
Cade oggi il 31esimo anniversario del crash più forte della storia di Wall Street: quello del Black Monday, il lunedì nero che vide tartassati da pesanti sell off i listini azionari mondiali. Era il 19 ottobre 1987.
Il crash iniziò a Hong Kong e si diffuse poi velocemente in Europa per contagiare infine gli indici di Borsa Usa. Il Dow Jones crollò esattamente di 508 punti, a 1.738,74 punti, con una variazione percentuale pari a -22,61%.
Per i mercati di Australia e Nuova Zelanda, per motivi di fuso orario, quel giorno terribile è ricordato come “Black Tuesday”.
Da segnalare che Black Monday e Black Tuesday sono, inoltre, anche termini che si riferiscono rispettivamente al 28 e 29 ottobre del 1929, e che furono successivi al Black Thursday, Giovedì nero del 24 ottobre di quell’anno, che inaugurò l’inizio del crash di mercato del 1929.
Quando si parla della peggiore perdita della storia di Wall Street, si fa riferimento tuttora al Black Monday quando, su base percentuale, il Dow Jones registrò un tonfo pari appunto a -22,6%: quella perdita fu superiore anche a quella subita nel 1929, poco prima della Grande Depressione. E neanche gli attacchi terroristici dell’11 settembre del 2011 e la crisi finanziaria del 2008 videro protagoniste flessioni così importanti.
Quale fu l’origine del crollo? Sicuramente, c’erano di mezzo le tensioni geopolitiche dell’area del Golfo Persico, così come pure i timori di tassi di interesse più elevati: e c’era alle spalle un mercato toro che, come ricorda un articolo della Cnn, era andato avanti per cinque anni senza che si manifestasse una correzione significativa. Il trading computerizzato accelerò i sell off scatenando il panico.
Fu dopo la caduta libera del Black Monday, che il New York Stock Exchange decise di lanciare i meccanismi circuit breakers, concepiti per fermare le contrattazioni quando i titoli azionari fossero scesi troppo e troppo velocemente.
Oggi giorno, nel caso in cui si presentasse un calo anche del 7%, il trading verrebbe sospeso per 15 minuti. Una flessione del 20%, invece, sospenderebbe le contrattazioni per il resto della giornata.
Affinché oggi si ripetesse il crash del Dow Jones di una tale portata, l’indice dovrebbe cedere più di 5.700 punti.
Ma è possibile prevedere i crash dell’azionario?
Mark Hulbert, analista finanziario che collabora con Marketwatch, ha pubblicato in queste ore un articolo in cui fa riferimento a un paper di diversi anni fa: “Institutional Investors and Stoc Market Volatility”, a cui lavorò il professore di finanza dell‘Università Harvard, Xavier Gabaix, insieme a tre scienziati della Boston University: H. Eugene Stanley; Parameswaran Gopikrishnan e Vasiliki Plerou.
Analizzando decenni di storia del mercato azionario, sia negli Stati Uniti che in altri paesi, gli autori del paper sfornarono una formula che prevede la frequenza dei crash delle borse nel corso di lunghi periodi di tempo.
In base alla loro formula, un crollo simile a quello del 1987 dovrebbe verificarsi una volta ogni 104 anni, in media.
Tonfi meno allarmanti, sempre in base a questa formula, sarebbero invece più frequenti. Dal modello emerge così che una flessione giornaliera del 5% è prevista manifestarsi 61 volte nel corso del prossimo secolo, mentre un calo del 10% si presenterebbe otto volte nei prossimi 100 anni.
Ciò significa che un ribasso giornaliero del 5% dovrebbe verificarsi ogni 1,6 anni, in media, mentre uno pari a -10% accadere ogni 13 anni. Hulbert lancia un monito agli investitori, avvertendoli del fatto che non è escluso che un crash si verifichi anche oggi e sottolineando come i crash, alla fine, siano inevitabili.
“Il fatto che un tonfo del genere sia possibile non significa che sia anche probabile. Il punto è che ‘la maggior parte degli investitori non riconosce neanche che (un crollo del genere) sia possibile”. E, di fatto, “non c’è bisogno che vi ricordi che sono trascorsi sette anni – dall’agosto del 2011 – da quando abbiamo assistito a un crollo del 5% in una sessione, e più di 30 anni da quando il calo è stato in una seduta del 10%”. Molti più anni, di fatto, rispetto alla formula del professore di Harvard.