Usa: Fed affila le armi per settembre, ma non è detto che sarà subito QE3
“Il tono sorprendente utilizzato nelle minute ha accresciuto le aspettative che la banca centrale americana possa agire con ulteriori stimoli monetari già a partire dal prossimo mese di settembre”, commenta Michael Hewson, senior market analyst di CMC Markets. Anche gli analisti di Goldman Sachs rimarcano oggi come i toni dei verbali fanno presagire che sarà annunciato qualcosa a settembre. “Nel loro insieme – rimarca la banca d’affari Usa – le minute rafforzano la nostra aspettativa che il committee estenda la sua guidance sui tassi almeno fino alla metà del 2015″ (rispetto alla parte finale del 2014 attualmente indicata). Un ritorno per assistere a una nuova fase di espansione del bilancio con l’acquisto di asset, forse anche a tempo indeterminato, pensiamo che è più probabile che si verifichi nella parte finale dell’anno o a inizio del prossimo”.
Il nodo disoccupazione e l’ombra lunga delle elezioni presidenziali
Il QE3 viene caldeggiato incondizionatamente da membri “dovish” della banca centrale Usa quali il presidente della Fed di Chicago, Charles Evans. Intervenuto oggi a Pechino, Evans ha sostenuto la necessità di un nuovo piano di acquisto asset da parte della banca centrale statunitense “per fare capire ai mercati che la Fed intende essere accomodante molto a lungo”. L’esponente della Fed ritiene che il miglioramento evidenziato a luglio dal mercato del lavoro Usa non è sufficiente per tornare a livelli di occupazione soddisfacenti e dovrebbe spingersi in area 300 e i 400mila nuovi posti di lavoro al mese (a luglio è stato di 163 mila unità con disoccupazione all’8,3%) per produrre gli effetti desiderati. Disoccupazione statunitense che non scende sotto la soglia dell’8% dal lontano febbraio 2009.
Non mancano gli elementi in seno alla Fed fortemente contrari a procedere con nuove iniziative volte a stimolare l’economia. In particolare il presidente della Federal Reserve Bank di Dallas, Richard Fisher, nelle scorse settimane ha posto l’accento sul fatto che a ridosso delle elezioni presidenziali (in agenda a inizio novembre) la Fed creerebbe una falsa impressione di aver ceduto alle pressioni politiche.