UniCredit-Mps: governo Draghi ci rinuncia, niente tesoretto di Stato più ricco ha gelato Orcel. Break up inevitabile, Widiba a Poste?
Nessuna speranza di riuscire ad accollare Mps a UniCredit? Tanto rumore per nulla? Alla fine, il matrimonio che per molti ‘non s’ha da fare’ non si farà?
Dalle ultime indiscrezioni sembra che il governo Draghi abbia ormai accantonato l’ipotesi di un piano per cedere la banca senese a Piazza Gae Aulenti. Piano in cui molti, in realtà non avevano mai creduto. Oggi a riparlare del dossier tra i più caldi ma anche tra i più congelati, rimasto lì evidentemente sulla scrivania di Draghi e del Mef di Daniele Franco, è un articolo de La Stampa firmato da Gianluca Paolucci:
“Il fatto è che cosa sarà di Mps da qui a qualche mese non si sa proprio. Accantonato il piano di una cessione a Unicredit, perseguito negli ultimi dieci mesi, la soluzione che sta prendendo corpo al Tesoro (azionista di controllo con il 64%) è quella di un vero e proprio smembramento“. Ovvero di uno spezzatino, break-up: di una Mps fatta a pezzi, insomma, ipotesi di cui si era parlato molto nelle ultime settimane con diversi rumor (quelli, nel caso del Monte di Stato, non sono mai mancati).
Le indiscrezioni sullo spezzatino avevano comunque indicato la partecipazione attiva di UniCredit che, capitanata dallo scorso 15 aprile dal nuovo AD Andrea Orcel, avrebbe magari potuto inglobare gli asset di Mps presenti in Toscana, nel centro Italia e nel Nord-est. Gli sportelli del Sud sarebbero stati invece fagocitati da Mediocredito Centrale, che controlla la Popolare di Bari.
Questo tipo di ipotesi spezzatino era piaciuto al mercato, che aveva premiato il titolo con rialzi fino a +8%.
Oggi, in una sessione che vede Piazza Affari cauta in attesa dei due market mover principali della giornata, che vedono protagonisti la riunione della Bce e la diffusione del dato sull’inflazione Usa, l’indice Ftse Mib è sotto pressione.
Tra le banche UniCredit è in lieve rialzo, Banco BPM cede lo 0,53% e Mps è debole. Stavolta nessuna febbre spezzatino sul titolo del Monte dei Paschi, il cui futuro appare sempre più incerto.
La Stampa: opzione piccola Mps, magari Widida a Poste Italiane
L’opzione di cui parla La Stampa oggi è di una “piccola Mps, radicata in Toscana e nel Centro Italia, controllata dalla Fondazione Mps grazie alle azioni che potrebbe ricevere per la chiusura delle cause intentate dall’Ente senese con una transazione”. E con “la piattaforma di Widiba, la banca online del gruppo, che potrebbe interessare a Poste Italiane”.
Viene considerato anche lo scenario che vede altri asset di Siena da utilizzare nel “piano di Banca del Sud – al momento per la verità congelato – promosso da Mediocredito centrale intorno alla Popolare di Bari”.
Il resto, aggiunge il quotidiano, “sarebbe ceduto a pezzi a vari soggetti bancari: la soluzione «di sistema» insomma, con i principali istituti che si farebbero carico di sportelli, attivi e altri asset della banca”.
E UniCredit, cosa farebbe? Andrea Orcel che, secondo altri rumor degli ultimi mesi sarebbe stato fin dall’inizio interessato più a Banco BPM che non a Mps – tanto che tra le varie opzioni più volte si era parlato anche di una fusione a tre UniCredit-Banco BPM-Mps – sarebbe stato definitivamente allontanato dalla decisione del governo Draghi, nel decreto sostegni, di non conferire quella dote fiscale ancora più ricca che, secondo altre voci, avrebbe potuto incassare per espletare la sua funzione di cavaliere bianco di Monte dei Paschi di Siena. (anche se qualcuno aveva messo in chiaro come Orcel Mps non la volesse proprio, dote o non dote).
Alla fine Draghi ha deciso infatti di non consegnare a UniCredit alcun maxi regalo di Stato più ricco (qualcosa come 7 miliardi se Orcel avesse agito come pigliatutto, prendendosi Siena e fondendosi magari anche con Banco BPM).
La doccia fredda per UniCredit è arrivata verso la fine di maggio, con l’approvazione del decreto Sostegni bis: tra le novità, nessun tesoretto più ricco da parte del governo per favorire le fusioni tra le banche e, in particolare, per convincere UniCredit ad accollarsi il Monte di Siena-Monte di Stato.
No all’idea di spostare al primo semestre del 2022 la scadenza per le operazioni M&A da attuare tramite gli incentivi; e no a una modifica che avrebbe fatto salire la soglia delle DTA convertibili in crediti fiscali dal 2% al 3% del totale degli attivi del soggetto minore coinvolto nella fusione.
Le indiscrezioni de La Stampa sono state segnalate ora anche da Luigi Pedone di Equita SIM:
“Secondo ‘la Stampa’, il Tesoro avrebbe definitivamente accantonato il progetto di cessione di Mps ad Unicredit, dopo il mancato innalzamento della soglia dal 2% al 3% degli attivi la quota di DTA convertibili in crediti di imposta in caso di M&A. Il MEF starebbe quindi studiando una soluzione ‘spezzatino’, già emersa nei giorni scorsi da indiscrezioni di stampa e che coinvolgerebbe i principali soggetti bancari italiani e Mediocredito centrale, interessata alle filiali al Sud di Mps. Il progetto prevederebbe anche la creazione di una legal entity ad hoc con l’inclusione della rete toscana (circa 300 filiali), ma resterebbe tuttavia da verificare la volontà del premier Draghi e quello della UE. Un’operazione di sistema garantirebbe ad UniCredit maggiore flessibilità in ambito M&A e al MEF di rispettare gli impegni con la UE riguardo l’uscita dal capitale di Mps”.