Unicredit in tilt a Piazza Affari, possibile addio a Mustier affossa il titolo
Raffica di vendite oggi sul titolo Unicredit che nella prima ora di contrattazioni arriva a cedere oltre il 4% in area 8,7 euro. La possibile dipartita del ceo Jean Pierre Mustier fa tremare il titolo che nel corso di novembre aveva nettamente sopraperformato il mercato arrivando a segnare oltre +45% dai minimi di fine ottobre.
Posizione Mustier in bilico
Ieri il consiglio di UniCredit ha tenuto discussioni informali sulla governance in vista del rinnovo del board in programma la prossima primavera. Una riunione straordinaria dettata dai dubbi sul fatto che il suo amministratore delegato rimarrà. Stando a quanto riferito ieri da vari organi stampa, il susseguirsi di voci di M&A – con il dossier MPS sempre più caldo – sta creando divisioni crescenti all’interno del cda sulla strategia da portare avanti nel prossimo futuro.
Il Sole 24 Ore di ieri rimarca come il principale nodo è la posizione del ceo Mustier, che ha sempre ribadito un secco no a operazioni di M&A in Italia o all’estero; di contro, il banchiere transalpino ha sempre spinto per portare avanti la scissione in due del gruppo, separando le attività italiane da quelle estere (ipotesi scorporo delle attività estere in una subholding che sarebbe stata controllata al 50% dalla holding italiana). Il cda ha visto anche la presenza del presidente designato, l’ex ministro Piercarlo Padoan, sulla cui scelta Mustier sarebbe stato avvisato solo all’ultimo momento. Padoan era ministro dell’Economia al momento del salvataggio del Monte dei Paschi nel 2017.
Le rigidità del ceo su M&A non convincono
Il Sole 24 Ore ha riferito che il consiglio di UniCredit avrebbe discusso le condizioni poste da Mustier per restare per altri tre anni. Mustier starebbe resistendo alle richieste del governo di prendersi Monte dei Paschi (la banca senese è controllata al 68% dal Tesoro). Il ceo, alla guida della banca dal 2016, ha stabilito condizioni rigorose su qualsiasi potenziale accordo e il Tesoro sta lavorando su incentivi tra cui benefici fiscali che fornirebbero un significativo aumento di capitale (circa 2,5 mld) a qualsiasi acquirente del Monte dei Paschi.
Unicredit è anche al lavoro sul nuovo piano strategico con JP Morgan e Goldman Sachs che dovrebbero assistere la banca nell’aggiornamento del business plan in programma per il secondo trimestre 2021. Le stesse due banche potrebbero affiancare Unicredit anche sul fronte M&A, con possibile apertura di Mustier a MPS solo in caso di operazione simile a quella realizzata nel 2017 da Intesa Sanpaolo per le due banche venete (Veneto Banca e Popolare Vicenza), acquisite a 1 euro con dote statale da 4,8 miliardi per assorbire costi di ristrutturazione e l’impatto a capitale.
Dal suo arrivo a metà 2016, il banchiere transalpino ha giudato un percorso di pulizia del bilancio di UniCredit dai crediti deteriorati, accompagnato da vendita di asset per oltre 25 miliardi di euro. L’ultimo step con il piano varato un anno fa era la restituzione di liquidità agli investitori tramite dividendi e buyback, ma lo stop imposto dalla Bce sui dividendi a seguito della pandemia Covid ha bloccato tutto.
Il punto sul dossier Mps
Il confronto sulla governance si intreccia quindi con l`eventuale valutazione di un deal con MPS. Gli analisti di Equita SIM confermano che un deal con MPS potrebbe rivelarsi neutrale sotto il profilo del rischio e del capitale per Unicredit solo in caso di pieno riconoscimento delle DTA di entrambe le banche (circa 3,6 mld ciascuna) oltre che con un aumento di capitale di Mos di 2,5 mld. “Scenario che ci sembra difficilmente realizzabile sotto il profilo politico”, aggiunge la sim milanese.
Il Tesoro nelle scorse settimane ha aumentato il pressing per realizzare una business combination fra le due banche. Il MEF sarebbe pronto a garantire la condizione di neutralità sul capitale di Unicredit dall’acquisizione attraverso tre mosse: un aumento di capitale da 2,5 mld in Mps e poi l’emanazione di un decreto che permetta la conversione da asset fiscali in crediti fiscali, quindi computabili nel CET, di circa 3,7 mld di DTA attualmente fuori bilancio di Mps. Il MEF starebbe anche studiando lo spin-off di 10 mld di euro di rischi legali da Banca MPS.