Notizie Notizie Mondo La Ue lancia i fondi nazionali per salvataggi bancari, per Germania meglio degli eurobond

La Ue lancia i fondi nazionali per salvataggi bancari, per Germania meglio degli eurobond

6 Giugno 2012 08:33

Passi avanti verso l’unione bancaria europea, che rappresenta un punto fondamentale verso il rafforzamento delle politiche comuni e monetarie della zona euro. Oggi Michel Barnier, commissario Ue al Mercato interno, lancerà un nuovo piano per gestire i fallimenti bancari. Il progetto dovrebbe consistere nella creazione di fondi nazionali che saranno obbligati, in caso di crisi, a sostenere anche le banche di altri Paesi. Nelle intenzioni della Commissione Ue, lo scopo di questo piano sarebbe quello di ridurre al minimo l’impatto sui contribuenti di un eventuale salvataggio bancario.
 
Questi nuovi fondi nazionali saranno finanziati dalle banche stesse, ma  il loro intervento dovrebbe essere visto come una sorta di ultima ratio. I tempi dell’entrata in vigore non saranno però immediati. “Una prima interpretazione della bozza sembra far salvi gli attuali bondholders e comunque il nuovo meccanismo entrerà in vigore dal 2014, ma solo dal 2018 per i bonholder”, spiegano gli analisti di Intermonte nella nota odierna.

Gli esperti sottolineano che il nuovo piano potrebbe avere impatti negativi “sulla redditività delle banche che dovranno accantonare risorse per i fondi di risoluzione, fatto che potrebbe deprimere gli utili”. Sul tema è intervenuto questa mattina Larss Feld, membro del consiglio economico di Angela Merkel, dichiarando a Bloomberg Tv che i fondi di risoluzione nazionali sono preferibili agli Eurobond, i titoli di debito comune che hanno sempre incontrato l’opposizione del fronte tedesco.

Feld si è detto poi preoccupato dall’effetto contagio in caso la Grecia dovesse uscire dall’euro. Per fare chiarezza su questo punto controverso bisognerà attendere il 17 giugno, quando gli elettori ellenici dovranno recarsi alle urne dopo il fallimento delle precedenti elezioni. Le elezioni greche sono infatti viste dal mercato come una sorta di referendum sull’uscita di Atene dalla moneta unica.