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Tetto debito Usa. Ansia sale: cds a record dal 2009

12 Maggio 2023 15:39

Tetto debito Usa: esplode l’ansia default. Occhio al record dei cds

Tetto debito Usa: l’ansia che gli Stati Uniti facciano default si sta facendo sentire nel mercato dei cds, credit default swap, ovvero di quei contratti che assicurano i detentori di obbligazioni contro il rischio di un eventuale default.

In particolare, i cds sui titoli di stato Usa con scadenza a cinque anni sono volati nella sessione di ieri fino a 74 punti base, al record dal marzo del 2009, ovvero dall’anno della crisi finanziaria che, partita in Usa, ha contagiato il mondo intero.

Il livello dei cds, ha indicato S&P Global Market Intelligence, ha superato di fatto i 73 punti base testati nel marzo del 2009, segnando un nuovo massimo, a conferma di come gli investitori stiano guardando con timore all’impasse del Congresso Usa, ancora lontano da un accordo che possa evitare il peggio.

Gli appelli del presidente americano Joe Biden, fino a oggi, hanno sortito pochi effetti:

l’altro ieri Biden ha avvertito che, in caso di mancato accordo tra i repubblicani e i democratici volto a innalzare il tetto sul debito Usa (pari al momento a 31,4 trilioni di dollari), l’economia degli Stati Uniti rischierà di scivolare in recessione, distruggendo migliaia di posti di lavoro.

Ma, per ora, progressi nelle trattative tra le controparti non sono pervenuti.

Governo Usa debitore più rischioso rispetto a Bulgaria e Grecia

Un articolo pubblicato sul New York Times ha affrontato la minaccia del default Usa, avvertendo che, proprio a causa della crisi del tetto sul debito, un angolo dei mercati finanziari vede ormai il governo americano come il debitore più rischioso rispetto ai governi di Bulgaria, Croazia, Grecia, Messico, Filippine.

“Non fraintendemi – ha scritto l’autore dell’articolo – Nel mio portafoglio i Treasuries (Usa) continuano a essere presenti e, a parte un’eccezione di rilievo, non ci sono finora segnali che indichino che gli investitori, nel mondo, stiano abbandonando i Treasuries, o il dollaro americano, o il mercato azionario Usa”.

“Gli Stati Uniti sono il cuore della finanza mondiale, e credo che lo rimarranno”, ha precisato Jeff Sommer.

Tuttavia, indicazioni niente affatto rassicuranti arrivano da una fetta di mercato precisa: quella dei cds, per l’appunto, in questo caso quella rappresentata dal mercato di credit default swap: un mercato che vale ben 30 trilioni di dollari, e da cui emerge che l’impasse di Washington sul tetto del debito Usa, scrive Sommer, “è davvero grave”.

L’esperto ricorda che, di norma, i “Treasuries sono considerati gli investimenti più sicuri. Tuttavia, ora, i titoli a un mese con scadenza a giugno” non stanno inviando certo segnali rassicuranti.

“E questo perché i loro rendimenti sono balzati nel corso dell’ultima/ultime due settimane, ai livelli più alti rispetto a quelli a cui viaggiano i rendimenti dei titoli a due e tre mesi”: un fenomeno, scrive Sommer, che “non è normale”.

‘A rischio il futuro dei titoli di Stato Usa come asset sicuri’

“The Debt Ceiling Dispute Raises the Risks for ‘Risk-Free’ U.S. Bonds”, è il titolo dell’articolo pubblicato sul New York Times, che porta la firma di Jeff Sommer, autore di “Strategies”, rubrica settimanale dedicata ai mercati, alla finanza e all’economia.

Ovvero: “La disputa sul tetto del debito aumenta i rischi per i bond Usa ‘liberi dal rischio'”.

“I Treasuries sono considerati asset privi di rischio“, ricorda Sommer, aggiungendo che, “praticamente, tutti gli asset finanziari di questo pianeta sono prezzati in relazione ai Treasuries”.

Questo significa che, “se dovessero essere i Treasuries a fare default, a quel punto potrebbe non esserci alcun posto di sicuro dove rifugiarsi“.

Non solo: “In questo caso, sarebbe difficile riuscire a valutare il grado di sicurezza di qualsiasi asset presente nel mondo finanziario”.

NY Times: l’alert sui cds. La colpa delle disfunzioni politiche

Ma i “Treasuries di breve termine non sono l’unica classe di asset che è stata direttamente colpita dal problema del tetto sul debito Usa – fa notare Sommer – Le preoccupazioni sono montate anche nel mercato dei cds, ovvero dei credit default swaps”, un'”arena in cui sono presenti investitori istituzionali”, come “hedge fund, banche, fondi pensione e simili”.

“Di solito non si tratta di qualcosa a cui penso spesso – continua l’esperto, riferendosi al mercato dei cds – Ma i credit default swaps forniscono informazioni sul danno che le disfunzioni politiche di Washington stanno infliggendo al credito degli Stati Uniti”.

E non è poco. Sommer ha citato quanto detto dall’ex responsabile strategist degli investimenti di Merrill Lynch, Richard Bernstein, che gestisce oggi la società che ha fondato, Richard Bernstein Advisors.

“Guardate al mercato dei cds e capirete quanto gli Stati Uniti stiano pagando queste crisi sui tetti del debito”.

Cds, Usa peggio di Germania, Bulgaria, Croazia, Grecia

Dal mercato arrivano numeri sconcertanti, come ha messo in evidenza notare dall’autore dell’articolo.

“Sebbene la probabilità che si verifichi davvero un default sul debito rimanga bassa, il costo a 12 mesi per assicurarsi sui bond Usa,  è 50 volte il prezzo (dei cds) della Germania e pari a 3-7 volte i cds che si riferiscono a paesi come la Bulgaria, la Croazia, la Grecia, il Messico e le Filippine”.

E’ questa la fotografia che emerge dai dati di FactSet.

“Le cose cambiano per i cds sui bond a più lunga scadenza che, nel caso degli Stati Uniti, vedono i prezzi scendere (a tre, 5 e 10 anni)”.

Ma neanche tanto visto che, nonostante il calo, i credit default swap rimangono superiori di tre volte circa rispetto a quelli della Germania.

Il che significa che il debito della Germania viene considerato più sicuro rispetto a quello made in Usa. E il che dimostra anche che, “anche quando vengono risolte, queste crisi del debito pongono gli Stati Uniti in una posizione di svantaggio competitivo, nel lungo periodo“.

Sommer riporta anche quanto scritto nella lettera agli azionisti da Warren Buffett, fondatore e ceo della conglomerata Berkshire Hathaway.

Nel ribadire la sua grande fiducia nel futuro finanziario degli Stati Uniti, Buffett si è così espresso:

“Devo ancora vedere arrivare quel momento in cui ha senso scommettere, nel lungo periodo, contro l’America”.

L’autore dell’articolo sottolinea di “condividere quell’ottimismo”, ma confessa di essere anche “preoccupato”.

“La crisi del debito Usa è un sintomo della disfunzione politica. Bizzarro è il fatto che gli Stati Uniti abbiano la capacità di rimborsare i loro debiti ma rischino comunque di non riuscirsi, a causa dell’incapacità di raggiungere un accordo politico”.

Investitori di tutto il mondo continuano a monitorare la situazione Usa.

JPMorgan: il ceo Dimon annuncia i tempi della ‘War Room’

Un alert è stato lanciato nella giornata di ieri dal ceo di JPMorgan Jamie Dimon che, in un’intervista rilasciata alla televisione Bloomberg, ha detto che il colosso bancario che gestisce si sta riunendo ogni settimana per discutere delle implicazioni che un potenziale default Usa potrebbe provocare.

Le riunioni di questa “war room”, ovvero di questo consiglio di guerra, ha aggiunto il numero uno di JPMorgan, diventeranno giornaliere, nel caso in cui la crisi sul tetto del debito Usa dovesse essere ancora in atto il prossimo 21 maggio.

La war room, ha detto ancora Dimon, potrebbe poi riunirsi fino a tre volte al giorno.

“Dobbiamo essere molto attenti riguardo al rischio di avvicinarci” a un default, ha avvertito il ceo di JPMorgan, spiegando che, nel caso in cui un tale scenario si verificasse, il risultato potrebbe essere il panico finanziario.

Sullo sfondo, rimane la proposta folle dell‘ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha ulteriormente aizzato i repubblicani contro i democratici, consigliando loro di arrivare anche a provocare un default degli Stati Uniti, al fine di far capitolare la controparte.

E intanto, c’è chi dice che l’ennesima crisi del tetto sul debito Usa è l’ennesima conferma della continua decadenza degli Stati Uniti in termini economici, finanziari, politici..e di credibilità.